Nino Taranto, la nobile spalla: la tv rende omaggio a un campione del teatro

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Nino Taranto è stato uno dei più eclettici attori napoletani del Novecento. Era quello coi capelli ricciuti e impomatati, il naso aquilino, la camminata col sedere un po’ sporgente, il genere tra café chantant e guapparia, però con una maturità assai nobile rivelatasi nella prosa. È stato un campione teatrale di macchiette, di sceneggiate e di varietà fino al primo dopoguerra, quando manifestò la vena di grande interprete del repertorio di Raffaele Viviani e fu altrettanto popolare protagonista di testi di Titina De Filippo, di Pirandello, di Di Giacomo, di Giannini, di Bovio, e di Scarnicci e Tarabusi.

A lui così versatile artista dell’arte comica e drammatica, che nel cinema legò il proprio destino a Totò, a questo beniamino del pubblico cui la Rai volle dedicare nell’84/85 la monografia in quattro puntate Taranto Story, oggi Rai 5 riserva, per il 35esimo anniversario della scomparsa, un quasi identico tributo, un Omaggio a Nino Taranto basato su una quadrilogia di suoi successi in prosa, un cartellone di titoli di commedie registrate tra il 1960 e il 1964, messe ora in onda tra sabato 6 e sabato 27 febbraio, sempre alle 16. 

Nino Taranto con Totò in ‘Totòtruffa 62’ 

La figura di questo artista ha radici in un’infanzia che, su spinta del padre sarto, lo forgiò rapidamente nell’arte canora (già a 8 anni) al servizio di matrimoni e di ‘periodiche’ (come venivano venivano chiamate a Napoli le riunioni in case private, tenute tra amici e parenti a scopo di intrattenimento), con un destino poi segnato in giovani compagnie dirette da Mimì Maggio (accanto a Pupella Maggio), presto poi in simbiosi col fratello Carlo. I primi decenni della carriera di Nino Taranto (1907-1986) lasciano un segno per il suo talento insuperabile nel macchiettismo col sostegno del duo Cioffi-Pisano che gli permise di brevettare la ridicola caricatura di Ciccio Formaggio alias barone Carlo Mazza, con in testa una paglietta tagliuzzata.

Dopo aver recitato anche con Anna Fougez e Tecla Scarano affermò una sua maschera amarognola e buffa, e una sua energia scettica e languida, un’identità che col trascorrere degli anni e delle mode lo rese adattissimo ai prototipi dei poveri e miseri dell’intensa drammaturgia di Viviani. E di esperienza in esperienza ecco venir fuori il Nino Taranto primattore di repertori popolari, prima, e ambientati nel ceto medio, poi. Si dice di un’affinità da lontano, e di una reciproca stima, tra i fratelli Taranto e i fratelli De Filippo, e se è vero che Nino era nel cast della pellicola De Pretore Vincenzo di Eduardo, è pure vero che quando Nino chiese a Eduardo i diritti della commedia Non ti pago l’autore gli rispose: “Non te lo do il testo, perché adesso lo useresti da scritturato, ma tu sei Nino Taranto, e devi rischiare sulla tua pelle”. 

Questo Omaggio di Rai5, tutto fondato su storie di genitori e figli, o soldi di famiglia, comincia guarda caso il 6 febbraio con l’attore al centro di una commedia di Titina De Filippo scritta in collaborazione con Peppino, Virata di bordo, con filmato risalente al 1960, e cast che coinvolge anche Isa Danieli e Angela Luce, e regia di Giandomenico Giagni. Il protagonista è nei panni di un comandante di navi a riposo che, vedovo della moglie, e col peso di due figli suicidi, deve gestire i rapporti con un terzo figlio divenuto consapevole d’essere frutto d’una relazione adulterina della madre.

Sarà poi il turno, il 13 febbraio, de La morte di Carnevale di Raffaele Viviani, un reperto tv anch’esso del 1960, con i due fratelli Taranto e Luisa Conte, diretti da Gennaro Magliulo. Qui, sullo sfondo degli anni Venti, il vecchio usuraio soprannominato Carnevale sta per morire, assistito dall’amante e dal nipote che alla sua dipartita scoprono d’essere stati totalmente ignorati nel testamento, e quando i sopravvissuti decidono di sposarsi arriva il colpo di scena: il custode del cimitero annuncia trafelato un caso di morte apparente, e il defunto sta per tornare a casa.

Il terzo testo, il 20 febbraio, Bello di papà di Giuseppe Marotta e Belisario Randone, con riprese sempre del 1960, vede Taranto in compagnia di Angela Pagano, Enzo Petito e Vittoria Crispo, con regia di Mario Ferrero. Il fulcro della trama è nell’amore morboso di un padre vedovo per il figlio che decide di rendersi indipendente e lasciare il tetto domestico, con conseguenti segni di squilibrio del genitore che per supplire all’assenza si circonda di ragazzi orfani finché un giorno si farà vivo il nipote, il figlio del figlio.

Chiude il ciclo, il 27 febbraio, una delle interpretazioni più note di Nino Taranto, Caviale e lenticchie di Luigi Scarnicci e Renzo Tarabusi, registrata nel 1964, con in scena anche Regina Bianchi, Carlo Giuffrè, Isa Danieli, Gianni Agus e Gisella Sofio, e regia di Gennaro Magliulo. Qui un impostore imbastisce una truffa per finanziare i propri famigliari, in un intreccio gremito di equivoci. Facendosi passare per commendatore, il padrone di casa fonda un comitato di carità per sovvenzionare moglie e figli, e scoppia un caos di malintesi, di imbrogli, di gelosie, persino di finti cadaveri.

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