“Sono stato tanto fortunato da vivere su due pianeti. Quattro anni fa sono arrivato sano e salvo sul secondo, per la gioia della mia famiglia, rimasta sul primo”. È tempo di bilanci per Insight. Il robot esploratore della Nasa, che usa parlare tramite Twitter ai suoi 800mila affezionati, è infatti alla fine dei suoi giorni. Da Marte, dove sta esalando l’ultimo respiro, lunedì ha mandato un selfie alla Terra.
La polvere ha la meglio
I suoi pannelli solari, dopo quattro anni di tempeste di sabbia, sono ormai color ruggine, capaci di captare solo un decimo dell’energia che raccoglievano all’inizio. L’intero Insight, a dir la verità, ha ormai assunto la tonalità rossastra del pianeta, quasi a volersi mimetizzare per dare meno disturbo.
“La mia energia è davvero bassa. Questa potrebbe essere l’ultima cartolina che vi mando. Ma non abbiate pena per me, il tempo passato qui è stato proficuo e sereno” è stato il messaggio di addio di Insight.
Martedì la Nasa ha fatto sapere di aver perso i contatti. Dopo 4 anni di missione – il robot è arrivato su Marte a novembre del 2018, con i pannelli solari che nelle foto apparivano fulgidi e lucenti – si sono comunque doppiati i 2 anni di operatività previsti dall’agenzia spaziale americana. E il bilancio scientifico della sonda, che è stata capace di studiare il sottosuolo e di registrare ben 1.300 terremoti marziani, è considerato dalla Nasa positivo.
La sonda è ancora lucida, subito dopo l’arrivo su Marte
I risultati scientifici
Il più grande, fra questi sismi, è stato il “Big One” dello scorso 4 maggio: un magnitudo 4.7 che sulla Terra non farebbe enormi danni, ma che – secondo le stime – è il massimo che Marte può generare e ha fatto tremare il suolo per dieci ore. Un’altra scossa più recente era in realtà provocata da un meteorite che, senza la schermatura di un’atmosfera spessa come quella terrestre, si è schiantato sul suolo marziano creando un cratere.
Prima di Insight i terremoti al di fuori della Terra erano stati registrati solo sulla Luna, causati dall’attrazione gravitazionale del nostro pianeta. Il nome stesso di Insight, d’altra parte, indica la sua vocazione: “Interior exploration using seismic investigations, geodesy and heat transport” o in breve “esplorazione del sottosuolo usando indagini sismiche”. Al robot geologo non manca nemmeno un martello per esplorare i primi 50 centimetri di sottosuolo della Elysium Planitia, a poca distanza dall’Equatore (in realtà doveva arrivare a 5 metri di profondità, ma qualcosa non ha funzionato).
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Il braccio robotico di Insight è servito per piazzare un sismometro a poca distanza dalle sue zampe. E’ stato anche usato, entro certi limiti, per “spolverare” i due pannelli di 2,2 metri di larghezza. Ma poi le tempeste di polvere marziane hanno avuto la meglio. L’ultima speranza ora è che un groppo di vento dia una pulita ai moduli fotovoltaici che danno ancora un filo di vita alla sonda. Ma la Nasa stessa non ci conta più di tanto, e si concentra nell’analisi dei risultati che Insight ci ha regalato.
Gli altri esploratori marziani
Su Marte ora restano attivi due rover, o robot con le ruote: Curiosity, arrivato nel 2012, e Perseverance, un novizio con un solo anno di esperienza. Il suo lavoro è raccogliere dieci campioni di rocce, lasciarli sul suolo e registrare la loro posizione. La Nasa, tempo un decennio, conta di recuperarli, portarli a Terra e studiare l’eventuale presenza di tracce di vita su Marte.
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