Parigi – Nuove accuse di molestie sessuali nel cinema francese. Questa volta è il regista Philippe Garrel che appare in un’inchiesta di Mediapart, sito d’inchiesta che ha più di tutti lavorato al #MeToo nel settore. Cinque attrici accusano il regista di aver fatto avance durante dei provini. Anna Mouglalis, diretta da Garrel ne La jalousie dieci anni fa, ha raccontato che un anno dopo, durante una sessione di preparazione di un altro film, si sarebbe sdraiato nel suo letto, chiedendole di venire accanto a lui. “Avevo avuto un mancamento e ho sentito il bisogno di coricarmi” ha commentato il regista settantenne a Mediapart. Altre attrici accusano l’uomo di ricatto sessuale per ottenere una parte. “Non posso fare il film se non vado al letto con te”, avrebbe detto Garrel all’attrice Marie Vialle quasi trent’anni fa. Proprio a causa della prescrizione di molti fatti, nessuna delle attrici intervistate ha voluto sporgere denuncia.
“Leggendo tutte queste testimonianze, mi rendo conto della differenza tra ciò che immaginavo all’epoca e ciò che ho fatto passare loro” ha commentato il regista con Mediapart. “Ho acquisito nuova consapevolezza sulla cultura che mi ha plasmato – ha aggiunto Garrel – e mi sono rimesso in discussione”.
Il nuovo film del regista 75enne, ricompensato alla Mostra di Venezia nel 1991 e nel 2005, esce nelle sale francesi tra due settimane. Le grand chariot era stato presentato all’ultimo festival di Berlino. Nel cast anche due suoi figli: l’attore e regista Louis Garrel, molto legato al cinema italiano, e Lena Garrel che ha firmato qualche giorno fa una petizione su Libération criticando la ‘cultura dello stupro’ ancora presente nei festival. Il testo, promosso dal sindacato degli artisti-interpreti, ha nel mirino anche la Mostra di Venezia.
“La selezione di film di Woody Allen, Roman Polanski e Luc Besson, tutti e tre accusati di violenza sessuale, è un ulteriore affronto alle vittime” scrivono le firmatarie che rispondono anche al direttore della Mostra, Alberto Barbera. In un’intervista a Le Monde, Barbera ha rivendicato la scelta di programmazione e dei suoi invitati più controversi: “Difendo la giustizia, non la persecuzione” dice Barbera al quotidiano francese, ricordando che le denunce contro Besson sono state archiviate, Allen “è stato assolto due volte” e “Polanski ha chiesto scusa alla vittima, che lei ha accettato”. “Non si può evitare di fare una distinzione tra l’uomo e l’artista – ha proseguito il direttore della Mostra di Venezia – La storia dell’arte è piena di molestatori, anche criminali: dobbiamo smettere di ammirare i quadri di Caravaggio? Tra qualche decennio continueremo ad ammirare i film di Polanski”.
La petizione di attrici pubblicata su Libération critica Barbera e anche Thierry Frémaux, che aveva invitato a Cannes l’attore Johnny Depp. “L’archiviazione di un caso non è un’assoluzione” è scritto nel testo. “Ricordiamo che solo il 13% delle persone che dicono di essere state violentate presenta una denuncia e che meno dell’1% degli stupri viene condannato”.
Secondo le promotrici della petizione la separazione tra l’uomo dall’artista è un “imbroglio intellettuale” usato “per mantenere l’impunità degli aggressori”. Il #MeToo sta sconvolgendo equilibri di potere nel cinema francese e anche le modalità di lavoro. A causa delle numerose accuse, il più grande attore d’Oltralpe Gérard Depardieu ormai fatica a trovare ruoli in film. L’ultimo film di Polanski, The palace, con Mickey Rourke e Fanny Ardant, non ha ancora trovato un distributore in Francia.
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