Omofobia: il ddl Zan slitta a settembre dopo l’ultimo scontro tra Iv e Pd-M5S

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Ormai è ufficiale, del ddl Zan si riparlerà solo a settembre. L’ultimo sconto si è consumato al Senato durante una tesa conferenza dei capigruppo (durante la quale si sarebbero perfino sentite urla) riunitasi per decidere il calendario dell’Aula. Da una parte ci sono i renziani di Italia Viva, dall’altra l’asse tra Pd, Movimento 5 stelle e LeU. Dai due fronti partono – non è la prima volta – accuse reciproche: ognuno accusa l’altro di voler affossare il testo. La lite avviene sotto gli occhi di un centrodestra silente, consapevole del fatto che saranno proprio le divisioni interne ai pro-Zan a far naufragare la legge.

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Lo scontro divampa quando il capogruppo di Iv Davide Faraone annuncia di voler riportare il testo nell’Aula di Palazzo Madama prima della pausa estiva. L’obiettivo –  è la tesi del senatore – sarebbe prima quello di trovare un accordo che coinvolga anche il centrodestra, per poi accelerare sull’approvazione del testo. Uno schema che secondo Faraone avrebbe trovato l’opposizione dei favorevoli all’approvazione del testo attuale, da sempre reticenti a ogni tipo di compromesso al ribasso. “Da oggi i diritti sono ufficialmente in vacanza: la proposta di Italia viva di cercare l’Intesa e portare in Aula già domani il ddl Zan non ha trovato adesioni”, dice a margine dell’incontro Faraone.

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Parole che hanno subito suscitato la reazione di Pd, M5S e LeU i quali, attraverso una dichiarazione congiunta firmata da Simona Malpezzi, Loredana De Petris e Vincenzo Santangelo, fanno sapere che “nel corso della capigruppo non c’è stata alcuna richiesta di inserimento in calendario da parte di Italia viva”. Secondo i tre, Faraone si sarebbe limitato a chiedere una semplice riunione di maggioranza per trovare un’intesa sulle modifiche da apportare al testo. Modifiche che i partiti favorevoli hanno sempre rimandato al mittente, convinti che sia solo una strategia che il centrodestra, con la sponda dei renziani, voglia mettere in pratica per affossare la legge, visto che una modifica in Senato comporterebbe poi un ulteriore passaggio alla Camera. Quello di Faraone, dunque, non sarebbe altro che “un bluff”, per usare le parole di Michela Montevecchi, senatrice del Movimento.

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“L’unica cosa che non va in vacanza è l’inaffidabilità di Italia viva”, dice Monica Cirinnà, responsabile diritti del Pd. “Se non avesse cambiato idea sul sostegno già espresso al ddl Zan alla Camera, cercando impossibili e surreali mediazioni e presentando emendamenti che demoliscono il testo, le cose sarebbero andate molto diversamente”.

Da qui nascono le accuse reciproche, dallo scaricabarile che coinvolge le forze politiche dell’ex alleanza giallo-rossa. Per i renziani la mediazione con il centrodestra sarebbe l’unica strada per approvare la legge, vista la fragilità dei numeri al Senato. Al contrario l’asse Pd-5 stelle sostiene che siano sufficienti i voti di Iv per licenziare il ddl.

Una bagarre il cui risultato è lo slittamento del testo. La discussione riprenderà a settembre, dopo la pausa estiva, e non è detto che il testo venga votato prima delle amministrative del 3 e del 4 ottobre. 

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