Palermo, santi e madonne “scortati” dalla polizia. Legge del 1926 sulle processioni evita gli inchini ai boss

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Qualche mese fa, con la ripresa delle processioni dopo il lockdown, le indagini dell’antimafia hanno registrato un gran fermento nei quartieri di Palermo e in alcuni paesi della provincia: i mafiosi provano a riconquistare consensi attraverso santi e madonne. Con la speranza di nuovi inchini. Evidentemente, le prese di posizione dei vescovi siciliani non sono bastate, restano infiltrazioni nel mondo delle confraternite e tante pressioni da parte dei boss scarcerati. «La strumentalizzazione delle religiosità popolare resta un fenomeno preoccupante – dice il questore di Palermo, Leopoldo Laricchia – come quello dei neomelodici che inneggiano alla mafia. Per questo siamo intervenuti in modo organico su entrambi i versanti». Contro gli inchini ai boss, Laricchia ha scovato una norma del testo unico di pubblica sicurezza che risale al 1926. Dice: «Il questore può vietare, per ragioni di ordine pubblico o di sanità pubblica, le funzioni, le cerimonie, le pratiche religiose e le processioni». L’articolo 26 aggiunge: «Può prescrivere l’osservanza di determinate modalità». In termini pratici significa cambiare percorso o vietare soste.

Così, il questore di Palermo ha messo “sotto scorta” santi e madonne, per strapparli ai boss: ha fatto passare al setaccio ai suoi investigatori gli itinerari delle processioni comunicati da parroci e confraternite, per verificare se in quelle strade abitino boss piccoli e grandi, arrestati domiciliari o sorvegliati speciali. A maggio, ad esempio, è saltato fuori che la processione del Santissimo Crocifisso all’Olivella sarebbe dovuta passare anche da via Ciro Scianna, il cuore del centro storico, dove abita un influente ex reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro, Luigi Salerno. Per evitare qualsiasi problema, il questore ha deciso di deviare la processione, depennando via Ciro Scianna dal percorso. «Ogni decisione è stata condivisa con la Diocesi – tiene a precisare Laricchia – c’è un importante percorso comune con il nostro vescovo, Corrado Lorefice, in prima linea contro ogni forma di prevaricazione mafiosa. Un percorso che ha il suo simbolo nell’olio ricavato dagli alberi del Giardino della memoria di Capaci: la polizia lo ha consegnato a tutti i vescovi siciliani, per le celebrazioni. Adesso, l’olio nato nella terra bagnata dal sangue dei nostri martiri viene utilizzato ad esempio per i battesimi di tutti i bambini. Un segnale importante contro la cultura mafiosa».

Ai boss non deve aver fatto proprio piacere. Da tempo, c’è una chiara insofferenza contro la svolta della Chiesa che prova a lasciarsi alle spalle anni di silenzi e posizioni tiepide sul tema della mafia. : «Padre Puglisi santo… ma santo di che? — diceva un boss intercettato, insultando il parroco ucciso nel 1993, oggi è diventato Beato —. Ha fatto miracoli? Una volta ti facevano santo quando facevi i miracoli, questo miracoli non ne ha fatti». Due anni fa, i carabinieri del nucleo Investigativo registrarono invece i boss di Porta Nuova che brigavano ancora una volta con la processione della Madonna della Mercede, una delle feste più grandi che si snodano per il popolare mercato del Capo: erano riusciti a far assegnare a un loro commerciante di fiducia la fornitura dei fiori.

Il fronte delle feste religiose resta davvero delicato: il questore ha fatto passare al setaccio alla Divisione anticrimine anche le ultime processioni tenute in provincia. L’8 settembre, a Borgetto, ha sfilato la Madonna di Loreto. E davvero Nostra Signora è stata sotto scorta, guardata a vista da polizia e carabinieri, che avevano in mano un’ordinanza ben precisa di Laricchia: nessuna sosta in via del Crocifisso e via Prainito, a determinati numeri civici. Perché lì abitano due simboli del crimine organizzato: Andrea D’Arrigo, condannato per mafia e traffico di stupefacenti, e il boss Nicolò Salto. Stessa prescrizione è arrivata il 23 settembre, quando per le vie di Cerda ha sfilato Maria Santissima Immacolata, in onore di Padre Pio. Divieto assoluto di fermare la Madonna in via Roma all’altezza di via Generale Cascino: lì ci abita Vincenzo Civiletto, mafioso arrestato nell’operazione “Black cat”, condannato anche in secondo grado, a 8 anni. È ai domiciliari. Meglio evitare tentazioni a qualche confrate troppo ossequioso.

A proposito di ossequi mafiosi, qualche giorno fa il questore di Palermo ha vietato anche la tappa palermitana del neomelodico Daniele De Martino. Dice Laricchia: «La battaglia contro la subcultura mafiosa è davvero importante. È il segno della presenza delle istituzioni, è soprattutto un sostegno fondamentale al lavoro che le agenzie educative fanno sul territorio. Indietro non si torna».

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