Paolo, operaio dell’Embraco: “Dopo 28 anni in fabbrica a Riva di Chieri da lunedì sarò disoccupato”

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“Il giorno più bello di questi 28 anni? Quando venne il ministro Calenda a raccontarci che c’erano imprenditori pronti a garantire un futuro ai nostri posti di lavoro”. Promessa che non si è mai concretizzata: il progetto Ventures si è trasformato in un nuovo incubo per i lavoratori ex Embraco, azienda del gruppo Whirlpool. Paolo Donorà, operaio, 48 anni, ha vissuto tutta la parabola, fino ad arrivare al miraggio della Italcomp, il polo italiano dei compressori. Oggi sarà il suo ultimo giorno di lavoro, come per lui gli altri 376 colleghi. Poi scatteranno i licenziamenti. L’odissea Embraco finisce nel peggiore dei modi.

Paolo, da quando nel febbraio del 1994 è stato assunto dalla multinazionale di Riva di Chieri. Qual è stato il giorno più brutto?

“Non c’è ancora stato. Sarà domani (oggi, ndr), il mio ultimo giorno di lavoro, da cassa integrato, ma come dipendente. Da lunedì sarò a spasso, non avrò nulla. E alla mia età è un problema”.

Paolo Donorò, il primo a destra, con un collega e il ministro Giorgetti 

In questi anni ha provato a ricollocarsi?

“Si, ho fatto due colloqui. In un caso non mi hanno preso perché mi hanno detto, esplicitamente, che ero troppo vecchio. “Per quanto preparata, non conviene investire su una persona di 48 anni”, è stato il ragionamento. In un altro caso, invece, non avendo il patentino per carrelli, alla fine mi hanno scartato”.

Di che cosa si occupava a Riva di Chieri?

“Sono sempre stato impegnato nelle lavorazioni meccaniche, realizzavo un particolare componente del motore dei compressori per frigoriferi”.

Nel ’94 com’ era la situazione alla Embraco?

“Per me era il primo lavoro importante. Era una grande azienda, la multinazionale Whirpool. Un posto sicuro, pensavo per tutta la vita. All’epoca eravamo in duemila in fabbrica”.

Embraco, le facce della disperazione

Quando ha capito che qualche cosa si era rotto?

“Ci sono stati diversi momenti. Già all’inizio degli anni 2000 Embraco aveva annunciato la volontà di chiudere, poi di fronte ad un bel po’ di milioni pubblici hanno cambiato idea. Nel 2017 è stato diverso”.

Perché?

“Prima di annunciare la chiusura avevano già detto che avrebbero disdettato tutti gli accordi e i contratti di secondo livello. Era un segnale chiaro della loro volontà. Questo succedeva a dicembre, poi a gennaio hanno detto chiudiamo Riva”.

Lei ha famiglia?

“Vivo con mio papà di 86 anni. Ora che avrò solo la indennità della Naspi dovrò appoggiarmi a lui. E ci sono famiglie dove entrambi lavoravano all’Embraco. Ora, a 50 anni, non hanno più nulla. È umiliante. Mi licenziano e mi danno pure la mancetta”.

A cosa si riferisce?

“Ai sette mila euro lordi se accetto l’accordo tombale proposto dalla curatela fallimentare. La Chieri Italia prima trova quelli della Ventures, poi li denuncia perché non rispettano i patti, poi paga i loro debiti con i 9 milioni che avanzano dai 24 milioni di dote rimasti e i rimasugli li danno ai lavoratori. Questa storia non mi torna. Non è strana. Prima li denunci e poi paghi i debiti lasciati?”.

Perché non si è realizzato il progetto Italcomp?

“Per me per volontà politica. È arrivato il governo Draghi, è arrivato Giorgetti, e hanno affossato il progetto. Anche ora, preferiscono far scattare i licenziamenti piuttosto che darci la cassa integrazione per altri 12 mesi”.

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