Papa Francesco alla veglia pasquale: superare le ingiustizie, la corruzione, i venti gelidi della guerra

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Ritrovare il “primo amore”, ossia “il proprio luogo di risurrezione interiore, quello iniziale, quello fondante, quello che ha cambiato le cose”, per “guardare con fiducia al futuro”: nel corso della solenne veglia pasquale che ha celebrato a San Pietro, papa Francesco ha indicato nella risurrezione di Gesù, che viene commemorata con la Pasqua, la possibilità per l’umanità di superare il senso di impotenza e scoraggiamento che si prova “dinanzi al potere del male, ai conflitti che lacerano le relazioni, alle logiche del calcolo e dell’indifferenza che sembrano governare la società, al cancro della corruzione, al dilagare dell’ingiustizia, ai venti gelidi della guerra”.

Come vuole la tradizione, il Pontefice argentino ha iniziato il rito con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale nell’atrio della basilica vaticana. Il Papa è poi entrato in processione verso l’altare, sulla sedia a rotelle, e la basilica, inizialmente buia e poi punteggiata di candele accese, si è infine illuminata, al canto di “Lumen Christi”, a simboleggiare la risurrezione di Gesù. 

La tentazione di rimanere impotenti e scoraggiati

Le donne, che, nel racconto dei Vangeli, per prime vedono Cristo risorto, si recano a visitare la tomba, dopo la sua morte, perché pensano “che tutto sia finito per sempre”, ha detto il Papa, che ha poi attualizzato il concetto, affermando che “a volte succede anche a noi di pensare che la gioia dell’incontro con Gesù appartenga al passato, mentre nel presente conosciamo soprattutto delle tombe sigillate: quelle delle nostre delusioni, delle nostre amarezze e della nostra sfiducia, quelle del “non c’è più niente da fare”, “le cose non cambieranno mai”, “meglio vivere alla giornata” perché “del domani non c’è certezza”. Anche noi, se siamo stati attanagliati dal dolore, oppressi dalla tristezza, umiliati dal peccato, amareggiati per qualche fallimento o assillati da qualche preoccupazione”, ha proseguito, “abbiamo sperimentato il gusto amaro della stanchezza e abbiamo visto spegnersi la gioia nel cuore. A volte abbiamo semplicemente avvertito la fatica di portare avanti la quotidianità, stanchi di rischiare in prima persona davanti al muro di gomma di un mondo dove sembrano prevalere sempre le leggi del più furbo e del più forte. Altre volte, ci siamo sentiti impotenti e scoraggiati dinanzi al potere del male, ai conflitti che lacerano le relazioni, alle logiche del calcolo e dell’indifferenza che sembrano governare la società, al cancro della corruzione, al dilagare dell’ingiustizia, ai venti gelidi della guerra. E, ancora”, ha detto Jorge Mario Bergoglio, “ci siamo forse trovati faccia a faccia con la morte, perché ci ha tolto la dolce presenza dei nostri cari o perché ci ha sfiorato nella malattia o nelle calamità, e facilmente siamo rimasti preda della disillusione e si è disseccata la sorgente della speranza. Così, per queste o altre situazioni, i nostri cammini si arrestano davanti a delle tombe e noi restiamo immobili a piangere e a rimpiangere, soli e impotenti a ripeterci i nostri perché”.

“Per camminare dobbiamo ricordare”

Ma “la Pasqua del Signore”, ha proseguito il Papa, “ci spinge ad andare avanti, a uscire dal senso di sconfitta, a rotolare via la pietra dei sepolcri in cui spesso confiniamo la speranza, a guardare con fiducia al futuro, perché Cristo è risorto e ha cambiato la direzione della storia”.

“Per camminare dobbiamo ricordare; per avere speranza dobbiamo nutrire la memoria”, ha avvertito Francesco, che ha notato come Gesù dice alle donne “che vadano in Galilea”: il che, ha spiegato, significa due cose: “Da una parte uscire dalla chiusura del cenacolo per andare nella regione abitata dalle genti, uscire dal nascondimento per aprirsi alla missione, evadere dalla paura per camminare verso il futuro. Dall’altra parte, significa ritornare alle origini, perché proprio in Galilea tutto era iniziato. Lì il Signore aveva incontrato e chiamato per la prima volta i discepoli”.

Non dimenticare il “primo amore”

“Se recuperi il primo amore, lo stupore e la gioia dell’incontro con Dio, andrai avanti”, ha detto Francesco. “Fratello, sorella, fai memoria della Galilea, della tua Galilea: della tua chiamata, di quella Parola di Dio che in un preciso momento ha parlato proprio a te; di quell’esperienza forte nello Spirito, della più grande gioia del perdono provata dopo quella Confessione, di quel momento intenso e indimenticabile di preghiera, di quella luce che si è accesa dentro e ha trasformato la tua vita, di quell’incontro, di quel pellegrinaggio… Ciascuno di noi – ha notato Bergoglio – conosce il proprio luogo di risurrezione interiore, quello iniziale, quello fondante, quello che ha cambiato le cose. Non possiamo lasciarlo al passato, il Risorto ci invita ad andare lì per fare la Pasqua. Ricorda la tua Galilea, fanne memoria, ravvivala oggi. Torna a quel primo incontro. Chiediti come è stato e quando è stato, ricostruiscine il contesto, il tempo e il luogo, riprovane l’emozione e le sensazioni, rivivine i colori e i sapori. Perché è quando hai dimenticato quel primo amore”, ha detto papa Francesco nella celebrazione culmine della Settimana Santa, “è quando hai scordato quel primo incontro che è cominciata a depositarsi della polvere sul tuo cuore. E hai sperimentato la tristezza e, come per i discepoli, tutto è sembrato senza prospettiva, con un macigno a sigillare la speranza. Ma oggi la forza di Pasqua invita a rotolare via i massi della delusione e della sfiducia”.

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