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Parla la mamma violentata con il figlio da due rapinatori. “Dopo lo stupro mi hanno costretta a fargli un toast”

“Dopo che mi hanno violentata hanno voluto mangiare: gli ho dovuto fare un toast al prosciutto cotto”. È in lacrime Francesca, la 50enne madre di Mario, quando ricostruisce l’orrore che ha vissuto nella notte tra sabato e domenica nell’appartamento di famiglia, al piano terra di una palazzina di edilizia residenziale a Casal Monastero.

È già scoccata l’una del mattino: la donna vede piombare in casa il figlio, insieme a due rapinatori tunisini di 16 e 17 anni che lo minacciano con un coltello. 
“È stato un incubo, un film dell’orrore – si è sfogata la donna, in lacrime davanti agli agenti – gli ho detto, prendete quello che volete. Gli ho dato 250 euro in contanti, cercavano un Rolex, ma ce l’aveva mio marito che era a Milano”. Mentre i due violentatori circolano per casa, in una stanza da letto c’è la sorella di Mario, 13 anni, insieme a un’amica.

“Eravamo in salone – ricostruisce la donna – a un certo punto uno di loro due mi ha detto: “Vieni con me, ti devo dire una cosa segreta, in privato””. Francesca prova a resistere. “Io gli ho risposto: “Dimmela qui, c’è anche mio figlio”. Non c’è stato verso, mi ha obbligato seguirlo in camera da letto e ha chiuso la porta a chiave”.

Francesca adesso non ha vie di uscita. “Quel ragazzo mi ha puntato il coltello (del quale si sono poi disfatti durante la fuga e che non è stato ancora ritrovato), mi ha preso la mano, ha iniziato a strusciarsi. Io ho provato più volte ad allontanarmi, a un certo punto non ce l’ho fatta più”. Francesca desiste, è completamente sotto choc. Allora si consuma la violenza sessuale. 
A questo punto, dopo aver commesso la seconda rapina e lo stupro, ci si aspetterebbe che i due scappino, invece non succede.

“Hanno voluto mangiare – ripete Francesca – gli ho dovuto fare un toast al prosciutto cotto. Gli ho detto: “Prendete tutto quello che volete, ma lasciate in pace mio figlio””. I due rapinatori hanno un piano ben diverso in testa. Lanciano un’occhiataccia a Mario: “Tu adesso ci accompagni a casa”, ringhiano mostrandogli la lama del serramanico. Appena i tre escono dal portone del palazzo e montano sulla Chatenet, Francesca chiama il 112 e poi il marito, che in contatto con la polizia, da Milano, inizia a seguire gli spostamenti della minicar attraverso il Gps del telefono del figlio, che gli agenti dei commissariati di Viminale e Sant’Ippolito ritroveranno nel porta oggetti anteriore della Chatenet.

Mentre le volanti seguono la minicar in strada Francesca bussa da Sara, la vicina di casa. “Ero a letto – sospira la vicina – con Francesca siamo vicine di casa, sabato notte ho sentito il portone del palazzo aprirsi. Poi l’ho sentito richiudersi verso le 3.30. Dopo poco mi ha suonato Francesca, era disperata, in lacrime. Con loro ci conosciamo da anni, sono una famiglia squisita”. La madre, oltre che per Mario, ha temuto per la figlia minore, che era nella stanza accanto con l’amica mentre lei subiva lo stupro.

Gli strupri in diretta Facebook: “volevamo solo divertitci un po’”

L’hanno violentato a turno, più volte. Mentre uno abusava di lui l’altro riprendeva la scena con il cellulare in diretta Facebook. La polizia ha già acquisito i video che documentano gli stupri subiti da Mario, un 17enne romano e da sua madre di 50 anni, che nella notte tra sabato e domenica sono stati rapinati, stuprati e tenuti in ostaggio da due tunisini di 16 e 17 anni. Tutto è durato cinque ore. L’incubo è iniziato in via dei Ginepri, a Centocelle, passando per l’appartamento delle vittime a Casal Monastero e si è concluso con l’arresto dei due tunisini in via dell’Amba Aradam, a San Giovanni.

Per riavvolgere il canovaccio della storia però è necesario partire dallo “Zozzone”, una delle cornetterie più frequentate a Centocelle. La mezzanotte è scoccata da pochi minuti. Mario ha trascorso la serata con due amici in un ristorante a Borgo Pio. Con la sua minicar, una Chatenet bianca, ha appena riaccompagnato a casa, in via dei Castani, uno dei due amici. Si ferma a mangiare un cornetto in via dei Ginepri. Quando sta per ripartire verso l’appartamento a Casal Monastero, dove abita con i genitori e la sorella 13enne, viene agganciato dai due rapinatori. “Mi hanno chiesto una sigaretta – racconta agli investigatori – gli ho detto che non fumo e loro puntandomi il coltello mi hanno risposto: “Allora ci dai la macchina””. Dopo averlo rapinato di 10 euro i due, ospiti in un centro di accoglienza per minori a San Paolo, lo chiudono nel portabagagli della minicar e partono verso San Basilio. È li la prima sosta, il primo abuso, ripreso con il telefono. Poi gli chiedono di portarli a casa sua, per farsi consegnare altri soldi. Mario è terrorizzato. Lo obbligano a presentarli alla madre come due amici. Il padre, un agente farmaceutico, è a Milano per lavoro. Una volta nell’appartamento i due si fanno consegnare 250 euro in contanti. Cercano il Rolex del padre di Mario che però non si trova. Uno dei due chiude in camera da letto la madre, 50 anni, e la violenta, minacciandola con il coltello.

L’incubo non è finito. “Adesso ci riaccompagni a casa”, ringhiano i due minorenni. Costringono Mario a montare sulla minicar. La madre avvisa il 112, arrivano gli agenti dei commissariati Viminale e Sant’Ippolito, che in contatto telefonico con il padre, seguono la Chatenet attraverso la geolocalizzazione del cellulare di Mario.

La Chatenet rimbalza ai quattro angoli di Roma come una biglia impazzita. I due fanno guidare Mario: “Con questo coltello ci abbiamo già amazzato un polizotto – gli dicono – ubbidisci, non abbiamo paura a uccidere anche te”. Il Gps segna le tappe. La mincar passa in via Tiburtina, Piramide, Garbatella. La diretta Fb è sempre attiva. Ecco Testaccio, via Zabaglia. Lo fanno fermare e lo violentano ancora. Poi si riparte verso Termini, San Giovanni. Le volanti dei due commissariati li intercettano alle 4 del mattino in via dell’Amba Aradam, li fanno uscire tutti dalla minicar con le mani in alto. Mario trema, capiscono che è la vittima. I due violentatori sono ubriachi.

“È sabato sera, volevamo divertirci”, dicono i due agli agenti che li hanno ammanettati. Mario è fuori di sé. “Non sapevo come uscirne”, si sfoga. Gli investigatori del commissariato Viminale proseguono le indagini per appurare se i due, già arrestati per strupro e rapina aggravata, siano gli autori di altre rapine commesse a Roma.



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