Partite a scacchi, l’hobby dell’intaglio e i libri di Mahfouz: le prigioni di Patrick Zaky

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Un set di scacchi: arancio per una squadra, nero per l’altra. Sono intagliati con attenzione, in maniera non perfetta forse, ma il tentativo di accuratezza si vede bene: li ha realizzati in carcere, usando i pezzi di sapone che nei mesi la famiglia gli aveva mandato, Patrick Zaky. Un modo per impiegare il tempo, per non perdere la testa, per dire ai suoi cari che li pensa, che lo studente dell’università di Bologna ha consegnato due giorni fa ai familiari che hanno potuto incontrarlo nel carcere di Tora, dove è rinchiuso da marzo del 2020, dopo un mese di attesa.

Gli scacchi ora sono nella sala della casa della famiglia George Zaky al Cairo, dove madre padre e sorella vivono stabilmente da quando Patrick è stato arrestato. Accanto a una foto dello studente da piccolo e a uno degli ultimi scatti prima dell’arresto: una sorta di altarino, che questa famiglia così religiosa ha realizzato per il figlio. “Siamo rimasti impressionati dal suo talento – dice Marise, la sorella – una volta ha scolpito una chiesa. Ci ha detto che in questo periodo gioca molto a scacchi”, racconta. Oltre agli scacchi, Patrick ha intagliato nel sapone anche un regalo per Marise, che ha compiuto gli anni il 12 giugno e per la seconda volta non ha potuto festeggiare con il fratello, a cui è legatissima. Ma quel dono è rimasto in cella, una sorpresa per la prossima visita.

Mio fratello Patrick Zaky

Scolpire, giocare a scacchi e leggere sono i modi che Patrick si è dato in cella per scacciare i fantasmi e per non vivere solo di sogni: “Nei nostri incubi peggiori – ha scritto alla fidanzata in una lettera consegnata alla famiglia – non avremmo mai potuto immaginare uno scenario come questo. Da quando sono partito per Bologna abbiamo fatto tanti progetti, che tu venivi a trovarmi per girare l’Italia insieme.

In cella Patrick non sta bene: è molto dimagrito e i problemi di asma di cui soffre non lo lasciano in pace. Ha i capelli lunghi e il suo umore è molto tetro. Ad aiutarlo, oltre alla speranza di uscire presto, i libri: The Map of Love di Ahdaf Soueif, la storia del difficile amore fra una nobile inglese e un nazionalista arabo nella Cairo dei primi del ‘900 è quello che ha appena finito, e restituito ai familiari perché lo custodissero. Un testo del premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz quello che ha chiesto di avere alla prossima visita. Una lettura in attesa del processo, che dopo un anno e mezzo di detenzione preventiva ancora non c’è stato.

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Ma che in queste settimane – con la scarcerazione di diversi attivisti di primo piano in occasione della festa di Eid, e il dibattimento per il più famoso dei casi riguardanti i diritti umani in Egitto, il case 173/2011 che si avvia alla conclusione – sembra più vicino. Per gli avvocati di Patrick è impossibile sapere se si tratti di un bene o di un male.

Intanto, si moltiplicano le prese di posizione di chi chiede al governo italiano di fare di più: “Il governo italiano deve farsi una domanda semplice: sta davvero facendo tutto il necessario per ottenere la sua liberazione? A me non pare”, dice una nota di Pierfrancesco Majorino, europarlamentare del Partito democratico.

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