Pasta alla Norma, figlia del sole: la storia, le leggende e le sue mille versioni

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Quale piatto identifica la bella stagione se non la pasta alla Norma? Non esiste primo che meglio rappresenti il lavoro del sol leone sui generosi campi di Sicilia. Ingredienti poveri, semplici e di grande identità. Melanzane, pomodoro, basilico e ricotta salata: la Norma è la sublimazione gastronomica dell’estate.

Sulla nascita esistono due storie, ma noi fuggiamo a gambe levate da quella che vuole la genesi della norma nella creazione di uno chef, dopo la prima dell’opera belliniana alla Scala di Milano, vuoi solo per il fatto che parliamo del mese di dicembre, per altro del 1831, periodo nel quale la reperibilità di determinati ortaggi fuori stagione era, se non impossibile, molto complicata, inoltre la Norma è un piatto estivo, ça va sans dire.

Reperti documentali ci portano invece in casa dell’attore Angelo Musco, circa un secolo dopo, era il periodo agostano del 1920. In quella assolata estate catanese, si stava discutendo della pièce teatrale “Il marchese di Ruvolito” fra il padrone di casa e il suo mentore e autore, il grande Nino Martoglio.

In quel tempo le ruggini teatrali fra Martoglio e Musco fecero andare i discorsi per le lunghe e la padrona di casa, Saridda Pandolfini, moglie di Musco, decise di preparare il piatto della concordia, improvvisando con quello che aveva in casa: due melanzane fritte, un bel sugo di pomodoro fresco, basilico prelevato dalla pianta sul balcone che si affacciava sulla borghesissima via Etnea e una pioggia abbondante di ricotta salata.

Fu a quel punto che Martoglio, dopo la prima forchettata, si rivolse alla padrona di casa col suo fare istrionico, esclamando: “Signora Saridda, chista è ‘na Norma!”.

Grazie all’omaggio involontario a Bellini e alla sua opera più famosa, il piatto entra di grazia nel ricettario tradizionale catanese, con buona pace del “fu” cuoco meneghino della Scala.

Abbiamo costruito un viaggio ipotetico di questa pasta dentro e fuori la sua città d’origine, ma anche dentro e fuori la sua regione, per scoprire le varianti, anche se forse oggi sarebbe più utile chiamarle “versioni”

Scopriamo quindi la Norma a Catania sia nella sua veste tradizionale che in quella rivisitata. Proseguiamo con la Norma fuori da Catania nella versione di un grande chef e finiamo con la Norma fuori dalla Sicilia nell’interpretazione di uno chef milanese che con l’isola ha un rapporto quasi endemico.

Buona Norma a tutti!

La norma a Catania

La tradizione

Il viaggio non può che iniziare, da dove tutto è partito, dalla tradizione.

Lo chef Gianluca Leocata del ristorante “Me Cumpari Turiddu” ha le idee chiare: maccheroncini, sugo di pomodoro e melanzane fritte secondo tradizione.

“Nelle antiche case siciliane il maccheroncino era la pasta della domenica o delle feste. Ho deciso di rispolverare questo formato di pasta classico perché la Norma a Catania è essenzialmente tradizione e cosa c’è di più tradizionale di un maccheroncino fatto in casa?”

La rivisitazione

Il catanese Alessandro Ingiulla, il più giovane chef stellato d’Italia, dal suo feudo “Sàpio”, ci offre una versione candida, quasi eterea, della pasta alla Norma. Il pomodoro estivo è diventato un brodo adamantino, la ricotta salata una squisita farcia per il raviolo tirato a mano e la melanzana, un cappello imponente.

“Se sei siciliano non puoi non amare la pasta alla norma. Solo il profumo di questi ingredienti ti fa sentire a casa ed è proprio questo che evoca in me il ricordo delle domeniche d’estate in famiglia, dove la Norma non poteva mai mancare”.

La Norma fuori da Catania

La versione di Pino

La Norma dello chef Pino Cuttaia 

Lo chef Pino Cuttaia, premiato da poco con i cinque cappelli de L’Epresso e che ha nel ricordo il suo elemento distintivo, ci regala una versione “nascosta” della Norma.

Il suo ingrediente principe, la melanzana (in questo caso la “Perlina”), è nascosta da una nuvola croccante di capelli d’angelo. La ricotta salata ha ceduto il passo al Ragusano Dop e tutto prende la forma di un elegante cannolo, un doppio omaggio alla Sicilia e alle sue assolate domeniche.

“Per me la pasta alla Norma rappresenta i ricordi legati al periodo estivo, ai suoi profumi, alla convivialità in famiglia; perché la melanzana fritta è un ingrediente che rappresenta la condivisione e mette sempre d’accordo tutti! Solitamente la pasta non era un piatto legato ai giorni di festa, ma nel periodo delle melanzane era una tradizione che non poteva mancare nemmeno la domenica”.

La Norma al Nord

Una Norma non a norma

La Norma non “a norma” 

Eugenio Boer, chef e patron dell’omonimo ristorante milanese (Bu:r) che gestisce insieme alla compagna Carlotta,  è un vero avamposto siculo nella citta lombarda.

Ama visceralmente la Sicilia, al punto tale che in carta troviamo spesso dei riferimenti gastronomici all’isola nella quale si è formato come cuoco e come uomo, come spesso dice lui.

La sua Norma è un tortellino rosso pomodoro, la melanzana la sua delicata farcia e la ricotta è diventata un brodo sapido che ricorda il siero del casaro. Finisce il piatto con un profumato olio al basilico

“La Pasta alla Norma è stato forse uno dei primi piatti che ho mangiato in Sicilia quando mi sono trasferito. Sicuramente quello che mi ha fatto, in pochissimo tempo, innamorare di una terra meravigliosa fatta di sapori veri, come le persone che la vivono. La mia interpretazione è da “polentone”,  ma come dico sempre io, sono l’olandese-ligure più Siciliano del mondo”

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