Patto di stabilità, il governo alla partita delle regole Ue sul bilancio: chiede lo “sconto” sugli investimenti

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MILANO – Il primo è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Ha acceso il faro quando ha messo in chiaro che serve cautela nella scrittura della Manovra, perché bisognerà scegliere in un contesto di risorse scarse. Un contesto bene esemplificato dall’impossibilità di fare una riforma incisiva delle pensioni, a maggior ragione col fardello della denatalità. In quel frangente, ha anche espresso l’auspicio di arrivare a un accordo in sede Ue sul nuovo Patto di Stabilità. Le regole sui bilanci nazionali sono state derogate per la pandemia e la guerra, ma dal 2024 tornano in piedi.

Poi è arrivato il ministro Raffaele Fitto, titolare degli Affari europei oltre che del Pnrr, ed è stato ancor più netto nel delineare la preoccupazione: “Se non si trova un accordo sul nuovo modello di Patto, il rischio è che a gennaio tornino le vecchie regole e questo comporta un effetto molto complesso”, ha detto da Rimini. Stessa platea di Cl, ultimo affondo: quello del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che rispetto alle proposte della Commissione sulle nuove regole ieri ha chiesto “ancora qualche correttivo” perché il rapporto deficit/Pil non sia gravato “da spese che non sono volute dal governo o dallo Stato, ma sono spese come quelle che stiamo sostenendo per difendere l’indipendenza dell’Ucraina”, in riferimento alle uscite per la Difesa, “come forse anche quelle del Pnrr”. Richiesta che è arrivata a tirare in ballo il commissario all’Economia, che con Tajani condivide il passaporto: “Voglio essere ottimista: sono convinto – ha detto il ministro – che il commissario Gentiloni debba fare la sua parte e mi auguro la faccia per tutelare l’interesse italiano e di una Ue che produce”.

E’ chiaro che la partita per il nuovo Patto di Stabilità e Crescita vista da Roma s’intreccia sempre più con i problemi del governo sulla Manovra, su cui pende per altro un rallentamento economico che minaccia di scombinare ancor più i saldi della finanza pubblica. La proposta di revisione delle regole da parte della Commissione è sul tavolo. Come noto, prevede di mantenere i paletti del 3% di deficit Pil e di 60% di debito, ma introduce una programmazione nazionale di medio periodo (4-7 anni) per delineare obiettivi di bilancio, investimenti e riforme. Per chi sta fuori dai parametri, non è prevista una correzione automatica del debito (il vecchio patto prevedeva addirittura un ventesimo all’anno) – che invece la Germania chiedeva – ma la definizione di un percorso sotto la guida della Commissione per rientrare nei ranghi. 

Le trattative per chiudere l’intesa entreranno nel vivo con i vertici economici di metà settembre. Gli esiti estremi sono un mancato accordo che riporta le lancette alle vecchie regole, l’austerity; e un mancato accordo ma con rinnovo della deroga scattate con la pandemia. Il primo sarebbe un disastro per l’Italia, il secondo un via libera insperato a dodici mesi di flessibilità in più. Dalla Bce in giù, ovviamente, si spinge invece per arrivare a un compromesso che rimetta in marcia il Patto, seppure sotto una nuova stella. 

Il fatto è che già nelle indicazioni della primavera la Commissione indicava di migliorare il saldo strutturale di almeno lo 0,7% del Pil per il 2024, riducendo la crescita della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale a non oltre l’1,3%. Risultati incorporati nel Def, ma il quadro macroeconomico ora sta peggiorando. E forzare i parametri potrebbe accendere i riflettori di una procedura, che per il 2023 è congelata ma potrebbe tornare in pista nel 2024.

Ecco perché Giorgetti invoca che l’Europa abbia “il senso del tempo”. L’ha avuto in effetti durante la pandemia, quando ha sfoderato armi di sostegno comunitarie senza precedenti. E poi con la crisi innescata dall’invasione russa in Ucraina. Anche superate queste fasi, per Giorgetti il tempo resta quello di una dura competizione commerciale internazionale, con Paesi (si pensi alla Cina) che hanno regole del gioco ben diverse dall’Occidente. E anche di una transizione energetica da fare, con annessi maxi-investimenti. Insomma, voci che l’Italia spera di poter scorporare dal computo del deficit, per rendere i vincoli di bilancio meno pesanti. Portare più cancellerie possibili a convergere su questo punto è la difficile sfida del governo. 

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