“Nel suo congedo dal comitato esecutivo dell’Abi, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha evidenziato che lo stato di salute del mondo bancario nazionale è buono”. Così Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, a proposito delle rinnovate tensioni sul debito pubblico e a fronte di uno scenario macro in via di deterioramento. La sua non è una difesa della categoria, piuttosto la presa d’atto di quanto è cambiato il settore negli ultimi anni e delle opportunità di sviluppo che si affiancano ad alcune criticità.
Qualche mese fa alcune banche americane sono finite gambe all’aria, oggi si fa più concreto il rischio di recessione in Europa e lo spread BTp-Bund si allarga. Presidente, a suo avviso rischiamo un’altra crisi come quella del 2008?
“Le banche italiane non solo hanno fatto una profonda pulizia nei bilanci, come nessun altro nell’Ue, ma hanno anche messo in campo ingenti aumenti di capitale per rafforzare il patrimonio, anche nei casi in cui i fondamentali non destavano preoccupazione. Il risultato è stato un generale rafforzamento dei requisiti patrimoniali, che nella maggior parte dei casi sono ben al di sopra dei livelli minimi richiesti dalla Bce. Per altro, l’unione bancaria ha portato a una focalizzazione degli interventi che le banche devono attuare in modo da garantirsi presidi di garanzia utili ad affrontare un’eventuale congiuntura negativa. In sostanza, non si guarda più solo alla patrimonializzazione complessiva, ma alle spie del bilancio che possono anticipare eventuali difficoltà”.
Quindi non è preoccupato per la congiuntura?
“Non ho detto questo. Le banche rilevano già dei ritardi nei pagamenti e un parziale deterioramento della qualità del credito, anche se non su livelli allarmanti. Verosimilmente nei prossimi trimestri la situazione potrebbe complicarsi, soprattutto se vi saranno nuove strette sui tassi, ma al momento non vi sono le condizioni per un’eccessiva preoccupazione. Nel suo congedo dal comitato esecutivo dell’Abi, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha evidenziato che lo stato di salute del mondo bancario nazionale è buono, anche se non manca qualche criticità tra le realtà di più piccole dimensioni”.
Intanto festeggiate lo scampato pericolo per l’imposta sugli extraprofitti. Le banche che stanno approvando i conti sembrano orientate a sfruttare l’opzione di accantonare gli utili anziché versare la tassa.
“Il dibattito parlamentare ha preso atto delle osservazioni espresse da più parti verso la norma iniziale. Noi stessi abbiamo fatto pervenire al legislatore ampia e dettagliata documentazione che evidenziava le criticità della misura. Tra le altre cose, ogni banca non può decidere tra distribuzione dei dividendi e accantonamento in piena autonomia: la sovranità è in capo all’assemblea dei soci, senza dimenticare che gli istituti di credito sono vigilati, i grandi direttamente dalla Bce e le medie e piccole dalla Banca d’Italia, e questo significa che ogni inizio anno tutte ricevano una lettera dall’autorità di settore con gli indirizzi strategici per centrare gli obiettivi di carattere patrimoniale e la vigilanza prosegue con colloqui diretti tra i vertici delle banche e personale della vigilanza”.
Non vede il rischio che un’eccessiva stretta normativa possa ingessare l’attività delle banche dell’Eurozona, con ricadute negative sugli impieghi?
“Le regole in arrivo nel 2025 con l’entrata in vigore di Basilea 3+ (dal nome dell’accordo internazionale sulla vigilanza bancaria, per assicurare stabilità al sistema finanziario globale, ndr), renderanno necessari nuovi rafforzamenti patrimoniali prospettici e occorre prepararsi per tempo. Ricordiamoci che non viviamo in un Paese autarchico, bensì in un ambito comunitario che prevede norme, un’autorità legislativa di settore come l’Eba e la vigilanza della Bce”.
Nelle ultime settimane si è tornati a parlare di euro digitale. Quale sarà il suo impatto reale sui consumatori?
“In attesa di conoscere i dettagli di questa novità, mi limito a dire che si tratta di un elemento che si inquadra nel processo storico plurisecolare. Per lungo tempo i soldi sono stati solo la moneta metallica, del resto il nome stesso deriva dal termine latino ‘solidus’ che indicava il solido aureo, la moneta romana. Nella seconda metà dell’ottocento si sono affermate anche le banconote che non hanno sostituito la monetazione metallica, ma vi si sono affiancate. L’euro digitale costituirà la terza forma di pagamento alternativa, fermo restando che rimarranno attivi i canali dei pagamenti elettronici, che seguono canali privati. Di recente sono stati chiariti alcuni aspetti del progetto di euro digitale che potevano dar luogo a criticità e di questo va dato atto al lavoro svolto presso la Bce dal rappresentante italiano Fabio Panetta, prima di guidare la Banca d’Italia. È stato chiarito – ad esempio – il tetto di 3 mila euro per l’uso dell’euro digitale, così come la necessità di creare un proprio wallet per operare con questo strumento. Inoltre è stato ribadito che la Bce non remunererà questi borsellini digitali, come del resto avviene per le monete metalliche e le banconote”.
Si è da poco concluso il mese dell’educazione finanziaria, che ha evidenziato i passi in avanti degli italiani sulle conoscenze legate alla gestione del denaro. Come agire per colmare il gap ancora esistente sulla media dei Paesi occidentali?
“Innanzitutto mi lasci dire che l’Abi è stato tra i soggetti che maggiormente si sono spesi in questi anni per diffondere l’educazione finanziaria a tutti i livelli. Il mio auspicio è che la tv pubblica metta in piedi programmi di alfabetizzazione finanziaria come quelli che insegnavano la lingua italiana nel secondo Dopoguerra. Cittadini informati tendono a fare scelte più consapevoli e rischiano meno di subire truffe e raggiri. È una sfida che riguarda tutti”.
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