Pd, Benifei vira su Bonaccini: “Da sinistra lo faranno in tanti, il tempo delle lacerazioni è finito”

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«Ho scelto Bonaccini, e da sinistra come me lo faranno in tanti». Brando Benifei rompe gli indugi nella settimana più tesa nei rapporti tra i candidati al congresso dem, nel giorno in cui al Nazareno prima slitta la direzione nazionale, poi solo in serata si trova una quadra sofferta sulle regole delle primarie. Il capodelegazione del Pd in Europa ne parla da Bruxelles, dove ha appena partecipato alla celebrazione in ricordo di David Sassoli al fianco della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, e la sua virata sulla mozione del governatore emiliano romagnolo, per certi versi, fa ancora più rumore. È un primo pezzo pesante di sinistra dem che decide di appoggiare Stefano Bonaccini, una scelta – considerati il suo percorso politico e i legami con le aree di Gianni Cuperlo e Andrea Orlando, non solo le interlocuzioni di inizio contesa con Elly Schlein – avrà le sue conseguenze sugli assetti futuri nel partito.

Benifei, anche agli occhi dei più disincantati la sua appare come una giravolta: lo sa, vero?

«Ma guardi che non sono l’unico a pensarla così, a sinistra. Nei prossimi giorni, come me, si schiereranno nello stesso modo altri con cui condivido una storia di appartenenza e un percorso politico di un certo tipo alla sinistra del partito, e anche miei coetanei con cui abbiamo portato avanti diverse battaglie convinti della necessità di rinnovare il Pd».

Ma perché ha deciso di appoggiare Bonaccini, con la storia che ha?

«Ne faccio una questione di solidità del percorso. Bonaccini ha gestito fenomeni politici complessi, ha una lunga esperienza, ha parole chiare in tema di lavoro, diritti, ambiente, è la persona giusta per affrontare un momento in cui serve soprattutto costruire. Mi pare il più adatto a rilanciare il Pd, tenendo ben fermi i principi di fondo, per farne il partito capace di rappresentare l’alternativa alla destra di Giorgia Meloni. E tutto questo mi pare si stia vedendo chiaramente anche in questi giorni, nel dibattito congressuale».

Ovvero?

«Invito a guardare il modo con cui Bonaccini sta interpretando il congresso, non come una resa dei conti tra vinti e vincitori, ma una sfida per il rinnovamento del partito, per rendere più forte il Pd. È dentro questo sforzo, che penso di poter dare il mio contributo in termini di rinnovamento e radicalità dei contenuti».

Andrà a fare la sinistra della mozione Bonaccini, insomma. Possiamo riassumerla così? 

«Certamente con tanti altri darò una mano nel merito per rilanciare alcune battaglie fondamentali per la nostra identità di partito. Non mi piace però metterla nei termini di un riequilibrio: basta ascoltare Stefano per capire le sue posizioni in tema di lotta alle diseguaglianze, lavoro, sanità, istruzione, salari, lotta alla povertà».

Lei è cresciuto con Gianni Cuperlo e Andrea Orlando, ha condiviso l’esperienza europea con Elly Schlein. Come pensa la prenderanno, la sua scelta, cosa dirà loro?

«In questo congresso il partito ha espresso quattro candidature di grande valore, con Elly mi lega anche una lunga amicizia, con Gianni abbiamo condiviso molto, Andrea Orlando è stato indubbiamente un ottimo ministro del Lavoro in condizioni difficilissime. Ma la proposta di Bonaccini ha maggiore solidità, chiunque sarà il futuro segretario avrà da guidare il partito in una fase molto complessa. Ci sarà da rafforzare il Pd nel suo ruolo all’opposizione con chiarezza di identità e un rinnovamento vero, includendo chi viene da fuori e valorizzando chi ha sempre combattuto dentro. E il rinnovamento serve non solo alla guida, anche nel gruppo dirigente».

A ottobre ha lanciato la sua piattaforma all’interno del partito, “Coraggio Pd”, una piattaforma pensata per gli under 40 dem, quelli che oggi più chiedono spazio. L’ha fatto già con la scelta sul congresso in mente?

«No, anche perché Coraggio Pd non si schiererà con una mozione congressuale, proseguirà il suo impegno trasversale e in assemblea costituente, a fine mese, porterà proposte concrete in tema di rinnovo dello statuto e in generale delle carte fondamentali del partito. Non siamo più il Pd del 2007, siamo nel 2023. E, ad esempio, è l’ora che gli iscritti trovino maggiore cittadinanza nelle decisioni del partito».

Cosa ne sarà, della sinistra dem? Per ora si divide e perde pezzi, con le primarie che pensa succederà?

«Ne veniamo da dieci anni in cui il Pd è quasi sempre stato al governo, ora siamo all’opposizione, serve ritrovare un’identità forte ed è normale ci siano opinioni diverse su come farlo. Ma di fondo dobbiamo aver chiaro che è il momento di costruire un terreno comune, i tempi in cui il Pd si lacerava tra renziani e cuperliani sono e devono rimanere lontani, perché le distanze fra i candidati non sono più quelle di altri congressi».

Ma non è che a forza di parlare di correnti da superare, si rischia più che altro di rimescolarle e ripartire allo stesso modo proprio dalla suddivisione degli spazi interni alle mozioni, cambiare tutto per non cambiare nulla?

«Oggi serve pensare a organizzare il congresso, e parlare di quello che interessa gli italiani anche attraverso il dibattito congressuale. Le dinamiche interne, sinceramente, dovrebbero essere materia solo per addetti ai lavori».

Per ora, però, la fase ricostituente pare mai avviata, e il dibattito si limita alle posizioni in tema di regole del congresso. Cosa ne pensa, era giusto aprire al voto on line? Sarebbe stato meglio trovare un accordo prima?

«Ben venga ogni modo per allargare la partecipazione, ma capiamo a congresso in corso come farlo in modo condiviso. E inoltre penso oggi il Pd abbia più che altro bisogno di riavvicinare le persone, non tanto cercare nuovi like».

Nel frattempo nei sondaggi il Pd perde un punto percentuale a settimana: cosa ha fatto peggio, tra gli scandali recenti o lo stallo congressuale?

«Se stiamo ai sondaggi, è fisiologico che la gente dia credito a chi è appena salito al governo più che chi ha perso. Io credo che anche questo congresso dimostrerà come il Pd sia l’unica vera forza capace di costruire l’alternativa. Presto gli elettori si stancheranno dei disastri della Meloni così come delle scelte tattiche di Terzo Polo e M5s, che con le loro candidature alle Regionali in Lazio e Lombardia favoriranno solo le destre, e allora troveranno un partito serio, pronto, con proposte chiare. Con quella credibilità che per primo questo congresso, per quanto faticoso, ci servirà per recuperare».

Crede qualcosa insegnerà, il Qatargate? Lei ha spiegato di non essere coinvolto, su altri si sta ancora indagando, ma quanto ha fatto male al partito?

«Non supereremo i danni che ha fatto la vicenda finché la politica tutta non prenderà misure serie per garantire trasparenza e controllo sull’attività di influenza, e fermare il fenomeno delle porte girevoli. Non è possibile ci siano ex politici che, subito dopo la propria carriera istituzionale, si ritrovino in posizioni di rappresentanza di interessi privati. Così come evidentemente dobbiamo cambiare il modo con cui si costruiscono e selezionano le classi dirigenti. Da parte nostra dobbiamo dare la massima collaborazione a chi sta indagando, ma non eludere le questioni politiche. Il caso che è emerso non deve finire per fare male anche alle lotte per i diritti umani che porta avanti l’Europa, e per le quali ha tanto combattuto David Sassoli. Ad un anno dalla scomparsa, il suo ricordo può aiutarci a non smarrire il senso più alto del nostro impegno politico e istituzionale».

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