Pd, Bettini “Conte cadde per interessi internazionali”. Gelo del partito sul suo manifesto

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ROMA – Non usa mai la parola “complotto”, Goffredo Bettini. È troppo avvezzo al lessico della politica per ricorrere a un termine che rimanda a stagioni torbide e ben altri scenari. Però è chiaro che a quello allude quando, nel manifesto della sua nuova area politica (Le Agorà) chiamata oggi a battesimo, il dirigente dem ricostruisce il tracollo del governo giallorosso. “Conte non è caduto per i suoi errori o ritardi (che in parte ci sono stati) ma per una convergenza di interessi nazionali e internazionali che non lo ritenevano sufficientemente disponibile ad assecondarli e dunque, per loro, inaffidabile”, scrive l’ideologo dell’alleanza strutturale 5S-Pd.

Dopodiché “nel vuoto e nell’incertezza” che si era “determinata, il presidente Mattarella ha saputo mettere a disposizione della Repubblica Mario Draghi. Una grande personalità. Una risposta di emergenza ad una situazione di emergenza”. Chiosa necessaria per evitare che la nostalgia inestinguibile per il premier perduto suonasse come uno sgarbo a quello attuale.

Una toppa. Che tuttavia non basta a frenare l’ondata di gelo proveniente dal Nazareno. “È una posizione personale di Bettini, che non riflette in alcun modo la nostra”, taglia corto lo staff del segretario. “Nessuno può dubitare che il governo Draghi sia il governo del Pd di Letta”, insistono. Convinti che l’uscita sia frutto di una “personalissima elaborazione” dell’ex eurodeputato, proposta “malgrado Conte, che non risulta abbia mai esposto teorie dello stesso tenore”. Ché “se quel governo è finito è perché Renzi gli ha tolto il sostegno e si è verificato che non c’era una maggioranza alternativa”.

Più o meno ciò che ribadiscono molti parlamentari dem. “Conte è cascato, dopo una debolezza durata mesi, quando è venuta meno la sua maggioranza e sono falliti i tentativi di ricostruirla con i famosi responsabili”, taglia corto Luigi Zanda. “Forse Bettini confonde l’Italia del 2020 con il Cile del ’73”, ironizza Enrico Borghi, che per Base riformista siede nella segreteria Letta: “La senilità, si sa, porta spesso a rimpiangere la gioventù, ma la stagione in cui faceva il guru del Pd è finita, ora tutt’al più può fare il guru della sua corrente”.

Non è da meno Matteo Orfini: “Conte ha pagato l’incapacità di fare quel cambio di passo che Zingaretti chiedeva da tempo. Il complottismo viene sempre utilizzato, nei momenti di difficoltà, per spiegare un fallimento”. All’incirca le stesse parole utilizzate dall’artefice del presunto golpe: “Quindi non era colpa di un uomo solo, folle, di nome Renzi”, graffia il leader di Iv. “Molti chiamano “complotto internazionale” semplicemente la propria incapacità di fare politica”.

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