Pd, Giuditta Pini: “Orlando deve dimettersi, al suo posto una donna”

Pubblicità
Pubblicità

Onorevole Giuditta Pini, perché ieri sera nella direzione Pd ha chiesto le dimissioni del vicesegretario Andrea Orlando?

Paola De Micheli ha raccontato che Nicola Zingaretti la chiamò dopo la sua nomina a ministra, invitandola a lasciare la vicesegreteria. Ubbidì. Questa volta la telefonata non è stata fatta. Non capisco perché. Penso che in casi come questi non si debba aspettare nessuna chiamata, rimettendosi al giudizio dell’assemblea, già fissata per il 13 marzo”.

Lei chiede anche che la vicesegretaria donna debba essere vicaria.

“Sì, per dare più forza a questa nomina, che altrimenti avrebbe il sapore del pink washing, di un fiocchetto rosa, posto che il nostro statuto prevede già una segretaria donna. Se non la dotiamo di più poteri rischiamo di avere un effetto boomerang, com’è avvenuto per la gestione dei sottosegretari”.

Pd, le donne dem insistono: “Ora per il partito una vicesegretaria”. Zingaretti: “Avanti discussione, ma primarie nel 2023”

Ha già un nome in testa?

Nessuno. Mi affido al dibattito e alla decisione del segretario”.

Che aria tirava in direzione?

“Di arrocco da parte di Zingaretti e dei suoi. Non c’è bisogno di giocare in difesa. Qui non vengono avanzate critiche personali, ma politiche. Tutti vogliamo bene al Pd e lavoriamo affinché abbia successo nella società”.

Cosa dice del Pd questa discussione sulla scarsa presenza femminile?

“Siamo un partito che si è chiuso in sé stesso, e che esclude quelli che deve rappresentare. Fanno carriera solo gli uomini di una certa età, con alle spalle un percorso. Non ci sono giovani, donne, precari, disoccupati, italiani di seconda generazione, esponenti del mondo lgbt, insomma tutti quelli che dovremmo rappresentare”.

Pd, Andrea Romano: “Non vogliamo logorare Zingaretti. Al segretario chiediamo una gestione collegiale”

Cuperlo ha riassunto questa posizione con un “siamo forti nel Palazzo e deboli nel Paese”.

“È così da molto tempo, purtroppo”.

Come lo spiega?

“Perché i percorsi sono gli stessi, al centro come in periferia. Non siamo riusciti a creare un luogo dove le persone sentano il bisogno di entrare per dare una mano”.

Che futuro può avere un partito così autoreferenziale?

“È un rischio enorme che corriamo. Non vorrei che ci accontentassimo di avere subappaltato al M5S il Sud, i precari e i disoccupati, e noi ci occupiamo del resto. Perché a quel punto avremmo definitivamente distrutto la nostra identità”.

Lei come ci sta?

“Come sempre, cercando di parlare con quelli che stanno fuori, più che con quelli dentro, e provando a farli entrare, quelli che sono fuori”.

Serve il congresso?

“Sì, del resto Zingaretti lo aveva già promesso nel novembre 2019, poi vabbé sono successe un po’ di cose, a cominciare dalla pandemia; dovrà essere un congresso vero, con gli iscritti e le primarie”.

Cosa rimprovera a Zingaretti?

“Di non capire che quando si avanza una critica lo si fa per dare una mano. E quindi dovrebbe ascoltare di più”.

Come valuta i primi passi di Draghi?

Mario Draghi si è appena insediato. È un governo di unità nazionale, in un momento in cui il Paese chiede unità”.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *