Pd, in salita l’alleanza con il M5S alle comunali. Assemblea a fine mese per sciogliere i nodi

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Un occhio al governo Draghi che sta per nascere – e allo smarrimento dei militanti dem di trovarsi alleati con Salvini – e un altro alle amministrative, rinsaldando l’asse con 5Stelle. Nicola Zingaretti nella direzione del Pd di ieri conferma la rotta. 

Assemblea del partito a fine febbraio

Ma soprattutto accetta la scommessa interna e convoca entro la fine del mese l’assemblea nazionale del partito “per avviare una discussione sul futuro”. Mille delegati sono chiamati a sciogliere i nodi. Le amministrative sono previste per fine maggio. Vero è che il sottosegretario uscente all’Interno, Achille Variati a nome del governo Conte aveva ipotizzato un rinvio. A luglio o forse a settembre. Però da tempo la Lega ha fatto sapere che non accetta slittamenti, nel nome della pandemia. A meno che adesso non cambi idea, le amministrative – che riguardano tra l’altro città come Roma, Torino, Napoli, Bologna – sono quindi dietro l’angolo. 

Da qui la necessità di discutere, e in fretta, di alleanze politiche per costruire il fronte che sfida “l’avversario”, che è e restano la Lega e le destre. Zingaretti lo scandisce nel “parlamentino” dem, insieme all’altro mantra: l’unità del partito, che sarebbe “da marziani” portare oggi a un congresso per una resa dei conti interna. 

Zingaretti: “Unità contro chi vuole destabilizzare il Pd. Ora Costituente per riforme in Parlamento”

Alleanza Pd-M5S in salita

Il voto dei 5Stelle su Rousseau, che danno il via libera a Draghi, viene accolto con “sollievo” dal Pd. Il segretario commenta: “Il voto dei 5Stelle conferma la giustezza della nostra linea”. Però nessuno si nasconde che il 59% di Sì a Draghi, significano che 4 militanti grillini su dieci non si riconoscono più nella strada intrapresa dal Movimento. Alleanza del Pd con i 5Stelle d’accordo, ma con quel che ne resta. Perché l’effetto dell’addio di Alessandro Di Battista sui 5Stelle significa lo spettro della scissione e terremota i pentastellati. Il futuro dell’alleanza giallo-rossa è accidentato e in salita. 

Al Nazareno, la sede dem, preferiscono vedere il bicchiere mezzo pieno: “Questo tornante poteva essere distruttivo, e invece abbiamo tenuto molto bene, dal punto di vista dell’asse con i 5Stelle”, ragionano.  

I dubbi di Leu

Però anche Leu è alle prese con i contorcimenti e i dubbi tra l’ala bersaniana (articolo 1), sicura dell’ingresso nel governo Draghi, e quella di Sinistra italiana, che fa capo a Nicola Fratoianni, scettica e riluttante.  

E mai come in queste ore, il Pd si trova davanti al bivio della sua identità. Ne parla lo stesso segretario, rincarando: “Guai ad avere anche solo l’illusione di potere tornare indietro rispetto alla solitudine del nostro partito. Con questa legge elettorale è stata sperimentata, siamo andati al voto con dei partiti satelliti, e ancora paghiamo il prezzo di quell’errore drammatico che fu fatto”. Perciò avanti con i 5Stelle: “Chiamatela Filomena, chiamatela come volete,  ma l’alleanza con i 5Stelle è importante”. Nessun ripensamento, avanti tutta “con l’unità contro chi vuole destabilizzare il Pd”: è la frecciata a Renzi e ai suoi sodali.  

L’assemblea di fine febbraio non è il congresso: precisano al Nazareno, a scanso di equivoci. Dal momento che Base riformista, la corrente capitanata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti con tam tam pressoché quotidiani, chiede un chiarimento congressuale. A bordo campo scalda i muscoli Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna, indicato come lo sfidante di Zingaretti. Di là da venire? Bonaccini stesso afferma: “E’ da marziani…”. Tuttavia Base riformista sembra puntare a un congresso a novembre, entro fine anno.   

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