Peones contro big del Movimento: il limite dei due mandati ora infiamma lo scontro “generazionale” nei 5Stelle. In ballo la ricandidatura alle prossime elezioni politiche

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“Fatta la legge, trovato l’inganno”: nel proverbio citato con amarezza da uno dei cosiddetti peones c’è tutto il senso dell’ultimo scontro che infiamma i 5Stelle. Beppe Grillo aveva riproposto venerdì scorso il tetto dei due mandati, precipitando in un silenzio imbarazzato i big del partito che rischiano di non potersi ricandidare. Ma mettendo anche nelle mani di Giuseppe Conte, leader designato che non ha ancora sciolto la riserva, materiale altamente esplosivo. Dal momento dell’editto del garante, di certo, sull’ex premier è cominciato un pressing riservato da parte dei personaggi di spicco del Movimento. L’obiettivo: mettere su carta delle eccezioni che salvaguardino l’esperienza dei più navigati frequentatori del Palazzo. Lo stesso Grillo, d’altronde, aveva garantito che nessuno sarebbe stato “abbandonato”.

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E l’avvocato si sarebbe convinto a prevedere una deroga al vincolo dei due mandati, da inserire a favore dei più “meritevoli”. Termine che, naturalmente, si presta a una interpretazione vasta ma che, alla fine, significherebbe assicurare la possibilità di un terzo mandato a chi ha avuto degli incarichi nei 5S o nel governo. A questo punto è successa una cosa imprevista: mentre Conte tace, mentre Crimi, Di Maio ma anche altri esponenti di governo e delle istituzioni parlamentari giunti al secondo mandato non si pronunciano, è esplosa la protesta dei più giovani, almeno politicamente parlando, che non hanno rinunciato a mettere la faccia sul dissenso nei confronti della deroga. In particolare, si sono fatti sentire i rappresentanti dell’area denominata “Innovare”, in prevalenza alla prima legislatura, che temono di vedere chiusi gli spazi per una ricandidatura: Giovanni Currò parla della regola rilanciata da Grillo “non come un vezzo ma come un principio sacrosanto, affinché si evitino concentrazioni di potere nelle forze politiche”.

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La collega Anna Pallini ricorda che “moltissimi portavoce svolgono un lavoro silenzioso, lontano dai riflettori. Non sarebbe giusto penalizzarli solo perché poco conosciuti alle grandi platee mediatiche”. “Queste persone risulterebbero penalizzate da un criterio che non potrà che essere estremamente discrezionale”, dice il 29enne deputato Luca Carabetta. In un pomeriggio caldissimo si accavallano le voci e le agenzie rilanciano gli spin di una o dell’altra fazione. Grillo, si apprende, non vuole fare un passo indietro sul tetto dei due mandati: “Sennò alle prossime Politiche non andiamo oltre il 5 per cento”, avrebbe detto. Poi una ridda di indiscrezioni sulla rigidità o meno del vincolo.

Di certo, come previsto, Conte si trova in una scomoda posizione di mediatore. “Non parla”, fa sapere l’ormai storico portavoce Rocco Casalino. Ma prepara un’uscita pubblica per accettare l’incarico di capo politico e presentare il suo progetto di rilancio del Movimento: quasi tutti, ormai, lo invitano a fare un passo prima di Pasqua, per evitare che i 5S implodano in una lotte fra “correnti” che ora sta diventando anche un conflitto generazionale, fra big e “peones”. E a fare fretta a Conte ora è anche Luigi Di Maio: “Non entro nel dibattito della questione del doppio mandato – dice l’ex capo politico – perché sono parte in causa. Spero che la proposta di Conte possa arrivare il prima possibile, anche se so che non è semplice riformare lo statuto di una forza politica come la nostra”. Ma in futuro, precisa il ministro, lui si vede “ancora agli Esteri”. Ora, davvero, la parola spetta all’avvocato del popolo, chiamato a mettere ordine nel caos interno del Movimento. E ad altri due compiti gravosi: la questione Rousseau e le alleanze per le amministrative, con particolare riferimento alla “blindatura” di Virginia Raggi a Roma. Ma ormai il countdown verso la fase 2 dei 5Stelle si avvicina alla fine.

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