Pnrr, ecco quello che va ridefinito

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Il nostro intervento pubblicato il 23 settembre esordiva così: “Siamo coscienti che l’Europa è contraria a qualsiasi idea di rinegoziare il Pnrr”. Il verbo “rinegoziare” implica ovviamente un accordo fra due parti. È quindi sorprendente che Francesco Giavazzi nella sua risposta ci attribuisca l’idea di una rottura unilaterale del contratto che abbiamo firmato con l’Europa.

Il punto del nostro intervento è che il Pnrr può essere una grande opportunità solo se non ne facciamo un feticcio, continuando a ignorarne i vizi alla nascita.

Il più grave è che l’Italia è stata investita da un fiume di denaro, 230 miliardi (il 10 percento del Pil), con l’obbligo di programmarne la spesa in pochi mesi e attuarla in pochi anni. Nessun paese al mondo potrebbe farlo. Il risultato, scrivevamo, è inevitabilmente “spendere perché ci sono i soldi da impiegare in fretta” e non “spendere perché servono davvero”.

Il tabù del Pnrr

Gli esempi stessi citati da Giavazzi lo dimostrano. Abbiamo sostenuto che per affrontare il problema delle periferie sarebbe importante anche una campagna capillare di costruzione di campetti di calcio e di basket, piscine, campi sportivi, semplici e senza pretese, per aggregare i giovani e toglierli dalla strada. Ma non basta costruirli, bisogna anche mantenerli e seguirli negli anni oltre il Pnrr, per evitare che diventino fatiscenti. Giavazzi risponde che tutto questo c’è già nel Pnrr. È davvero così?

Prendiamo i 300 milioni (su 230 miliardi!) per le palestre delle scuole nell’ambito dell’“Investimento 1.3: Potenziamento infrastrutture per lo sport a scuola” della missione 5. Abbiamo esaminato il bando del Ministero dell’Istruzione: ha finanziato 144 interventi, di cui 82 con riserva. Una goccia nell’oceano. Inoltre stiamo parlando di palestre scolastiche: il Pnrr auspica che siano rese disponibili a tutti, ma sappiamo già che non sarà così: i dirigenti scolastici non vogliono assumersi responsabilità, perché bisogna assumere nuovo personale, e soprattutto perché c’è il rischio costante di atti vandalici e di danni accidentali. E al contrario di quanto afferma Giavazzi, non c’è menzione di stanziamenti o misure, fondamentali, per la manutenzione di queste palestre.

Interventi per gli impianti sportivi sono previsti anche nell’“Investimento 2.2. Piani Urbani Integrati” della missione 5. Riguardano solo le grandi città. Abbiamo esaminato quelli di Bari, Napoli e Reggio Calabria. Gli interventi per lo sport sono pochissimi e riguardano principalmente piste ciclabili, e generiche e marginalissime menzioni nell’ambito di ristrutturazioni di aree verdi. Non si hanno invece notizie dei 3,3 miliardi dell’“Investimento 2.1 Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore”, gestito dal Ministero dell’Interno, che comunque riguarda in piccolissima parte impianti sportivi.

Quali modifiche al Pnrr

O prendiamo un altro esempio, la riforma della formazione e remunerazione degli insegnanti, su cui scrive Giavazzi: “Su entrambi questi temi si sono manifestate e si stanno manifestando pressioni sindacali che tentano di impedire l’innovazione”. Riforme a nostro avviso sacrosante, ma ci chiediamo: veramente l’opposizione dei sindacati è arrivata come una sorpresa? Non sarebbe stato meglio, se ci fosse stato tempo, negoziare col sindacato prima di mettere la riforma nel Pnrr? Ora che potere negoziale ha il governo? Alla fine si dovranno spendere i soldi con delle riforme di facciata. Anche nel nostro campo, l’università, abbiamo notizie da ogni parte d’Italia di pressioni fortissime per mettere insieme progetti di ricerca che gli stessi partecipanti considerano scadenti e inutili, per ottenere i finanziamenti stanziati entro le scadenze fissate. Anche qui, i soldi saranno spesi, ma a che pro?

Quanto agli aspetti “faraonici” che abbiamo segnalato, Giavazzi sostiene che si tratta soprattutto di opere ferroviarie che “Rfi aveva già avviato, come l’Alta velocità al Sud”. In realtà era programmato solo un miglioramento delle linee esistenti, con benefici quasi identici e costi fino a quattro volte inferiori a quelli dell’Alta Velocità, su cui il Pnrr stanzia decine di miliardi aggiuntivi.

Poniamo quindi ancora questa domanda: di cosa hanno maggiore bisogno le comunità con un tasso di disoccupazione giovanile del 50 per cento ed alti tassi di microcriminalità: alta velocità e l’ossessione della digitalizzazione a tutti i costi, o tanti campi sportivi sicuri e ben tenuti? È giustificata questa enorme sproporzione nell’assegnazione delle risorse del Pnrr? Noi crediamo di no e siamo ancora in attesa di una risposta che ci convinca del contrario.

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