Polemica al Pen America. Si dimette la giornalista Masha Gessen, oppositrice di Putin. Contesta l’esclusione degli scrittori russi

Pubblicità
Pubblicità

NEW YORK – “Credo molto nella missione di Pen, ma ho dovuto fare un passo indietro dalla leadership per non essere parte di qualcosa che considero una decisione sbagliata”. La dichiarazione è di Masha Gessen, 56 anni, giornalista di nazionalità russa e americana, una delle voci più critiche nei confronti del presidente russo Vladimir Putin.

Gessen ha annunciato le dimissioni dal bord del gruppo Pen America, la noprofit newyorkese considerata una delle più importanti organizzazioni mondiali in difesa della libertà d’espressione, dopo la decisione di escludere due scrittori russi da un incontro organizzato al World Voices Festival, per non scontentare due autori ucraini. Le preoccupazioni erano state sollevate dallo scrittore Artem Chapeye, pseudonimo di Anton Vasilyovich Vodyanyi, e dal giornalista e autore Artem Chekh, che stanno partecipando alla guerra come soldati, il secondo come tiratore scelto e artigliere. Entrambi erano ospiti dell’incontro incentrato sugli autori in trincea.

Dopo il loro arrivo a New York, i due hanno notato che a un altro incontro, moderato da Gessen, e dedicato agli autori in esilio, c’erano due russi, un giornalista e storico e una giovane romanziera. A quel punto Chapeye e Chekh hanno minacciato di non partecipare se non fosse stato annullato l’altro panel, a cui partecipava anche il romanziere cinese Murong Xuecun. Dopo una serie di tentativi per salvare la programmazione, la ceo di Pen America, Suzanne Nossel, ha annunciato la cancellazione dell’incontro.

Gessen, che si presenta usando il pronome neutro, ha dichiarato che non cambia l’impegno con l’organizzazione ma non può più occupare il ruolo di vicepresidente. Il festival si è chiuso sabato e pochi avevano notato l’incidente. Le dimissioni di Gessen, rivelate da The Atlantic, lo hanno fatto diventare un caso internazionale.

Il boicottaggio di russi è diventato un tema spigoloso che ha attraversato molti settori, dallo sport al teatro, dalla lirica alla letteratura. Nossel si era schierata in passato contro i boicottaggi, ma Pen America non era mai rimasta coinvolta. L’anno scorso il romanziere ucraino Andrey Kurkov, presidente di Pen Ucraina, aveva fatto un intervento al Festival dopo aver partecipato a una conversazione, sul palco, con il romanziere russoamericano Gary Shteyngart. Ma rispetto a quest’anno non erano stati invitati scrittori russi, anche a causa delle restrizioni legate al Covid. Stavolta il ritorno alla normalità del programma ha provocato lo scontro.

L’arrivo a New York della delegazione guidata da Chapeye e Chekh ha aperto il caso. Il primo ha spiegato al New York Times che un “soldato ucraino non può apparire, per ragioni politiche e di immagine, sotto lo stesso ‘ombrellò con partecipanti russi”. “Penso – ha aggiunto – che le uniche conseguenze dell’apparire insieme sarebbe stata la mia colpevolezza davanti a tutto il popolo ucciso e torturato dall’esercito russo”.

Gessen da anni rappresenta una voce antagonista di Putin, a cui ha dedicato nel 2012 la corrosiva biografia “L’uomo senza volto” e, cinque anni dopo, “Il futuro è storia”, dedicato al totalitarismo russo. I russi boicottati sono il giornalista indipendente e storico Ilia Veniavkin e la romanziera Anna Nemzer, che avevano lasciato la Russia subito dopo l’invasione dell’Ucraina. Entrambi collaborano al Russia Independent Media Archive, progetto in difesa del giornalismo indipendente sostenuto dalla stessa Pen America. Gessen non ha criticato la richiesta di boicottaggio fatta dagli autori ucraini (“stanno combattendo una guerra difensiva con tutti gli strumenti che hanno”) ma ha spiegato che “la questione riguarda solo la risposta di Pen”. E quel no a autori esuli, seppure russi, è stato considerato un ripudiare il cuore della missione. 

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source