Premierato, il pallottoliere delle riforme: perché sarà impossibile evitare il referendum

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ROMA – Il “colpo gobbo” di ottenere la maggioranza dei due terzi per la riforma costituzionale che porterà all’elezione diretta del capo del governo (266 a favore alla Camera e 133 al Senato) è impossibile. Consentirebbe di “non fare luogo” al referendum confermativo, ma i numeri non ci saranno mai.

Il pallottoliere sulla riforma delle riforme, a cui tanto tiene Giorgia Meloni, dà sulla carta una maggioranza assoluta certa di deputati e senatori: Fratelli d’Italia (118 e 63); Lega (66 e 29); Forza Italia (44 e 17), Noi Moderati (10 a Montecitorio) e renziani (10 e 6). Sulla carta. E sempre che la bozza della ministra delle Riforma, Elisabetta Casellati non scivoli su qualche svarione che Matteo Salvini non vuole e che Antonio Tajani disapprova.

Non è un caso che il testo del disegno di legge sul presidenzialismo italiano, ormai tradotto in premierato, pronto prima delle ferie, ancora tardi a essere reso noto. Dovrebbe comparire in un vertice il 6 settembre. Le ultime indiscrezioni sono state smentite da Casellati, che a quanto pare non ha mai pensato a un ticket obbligato premier e vice, né a un capo del governo che revochi i ministri. La posta in gioco è altissima perché riguarda la democrazia italiana, la sua forma parlamentare e uno stravolgimento dei vertici dello Stato.

Quindi siamo ancora nella fase del carotaggio. Escluso il presidenzialismo stile Usa (che non piace neppure a Giorgia Meloni e su cui la Lega è contro), anche il semi presidenzialismo modello Francia (che Fratelli d’Italia sembrava all’inizio indicare) è archiviato. Resta il premier-sindaco d’Italia. Su questo si ritrova tutta la maggioranza con la pattuglia dei renziani di stretta osservanza, appunto i 10 deputati e 6 senatori di Italia Viva, mentre gli 11 deputati e i 4 senatori di Azione di Carlo Calenda non ci stanno. Giocano con l’opposizione.

E qui non ci sono margini di incontro di coalizione di governo con Pd-5Stelle. Il costituzionalista dem, Stefano Ceccanti ha spiegato tutte le ragioni per cui un modello di elezione diretta del capo del governo come sindaco d’Italia non può andare e metterebbe sotto scacco l’unica istituzione che funziona, che ha popolarità e riconoscimento di equilibrio e garanzia costituzionale, ovvero il presidente della Repubblica. “Non è così che si affrontano le criticità istituzionali”, avverte Andrea Giorgis, capogruppo dem in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama. I 69 deputati e i 37 senatori del Pd non convergeranno sul premierato. Dario Parrini, ex presidente del Pd della Affari costituzionali e senatore, attacca: “Questa destra punta ad azzoppare il capo dello Stato, i suoi poteri e la sua autorevolezza a colpi di maggioranza: è un film dell’orrore!”. Ipotizza una spaccatura in due del Paese e uno scontro anche con il Quirinale se si va avanti nel modo sconsiderato annunciato. Contrarietà assoluta del Movimento 5Stelle (52 deputati e 28 senatori), di Sinistra-Verdi, di +Europa e di Azione. Quindi tutto deve restare com’è?

“L’opposizione è disponibile al dialogo, non alza muri”, sempre Parrini. Su cosa quindi può avvenire un confronto? Sul cancellierato, ovvero su una forma di rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio attraverso limitati e misurati cambiamenti costituzionali che non attentino al parlamentarismo. Perciò si può pensare alla sfiducia costruttiva, alla possibilità di chiedere da parte del premier al capo dello Stato di revocare i ministri, alla richiesta di scioglimento del Parlamento se il premier perde la fiducia. Osvaldo Napoli per Azione osserva che è “il cancellierato a rafforzare il governo”. Aperture sull’elezione diretta? Solo come indicazione del candidato premier delle coalizioni sulla scheda elettorale.

Tornando al pallottoliere. Il premier-sindaco d’Italia avrebbe dalla sua uno zoccolo duro di 248 favorevoli (a cui potrebbero aggiungersi alcuni del Misto) alla Camera e al Senato 115 (al netto di consensi nel Misto e Autonomie).

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