Processo civile, via libera definitivo: ecco che cosa cambia

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Un processo civile più semplice e più rapido. Meno riti e più spazio alla mediazione e alla negoziazione assistita, ma soprattutto nuove garanzie per le donne e per i minori vittime di soprusi e violenze, per le quali si aprono le porte del nuovo Tribunale della famiglia nel quale si concentreranno tutte le questioni, dai divorzi, alle violenze, all’affidamento dei figli.

C’è anche questo nei 23 articoli della riforma del processo civile che oggi ha ricevuto il via libera definitivo dalla Camera. In un Paese dove in media un processo civile dura 7,3 anni (2656 giorni, dati 2018), il ministero stima che la riforma porterà a un taglio medio del 40%, ovvero 1593 giorni, circa mille in meno.

Giustizia, dalla Camera ok definitivo a riforma processo civile

Un processo civile molto più semplice

La prima udienza non si risolverà più, come oggi, solo in un’apertura formale, perché la causa dovrà giungere in aula già definita, con l’anticipazione delle richieste di prove. Il giudice quindi potrà partire subito, scegliendo quali prove ammettere, quando rimettere il caso in decisione, inviare le parti in mediazione. Anche la fase della decisione sarà semplificata, verrà soppressa l’udienza di precisazione delle conclusioni e di altre udienze “inutili”. Maggiore spazio, dopo l’esperienza fatta durante il Covid, alle innovazioni telematiche come le udienze a trattazione scritta e quelle da remoto. Tra le novità del processo di primo grado anche l’ordinanza immediata di accoglimento o di rigetto.

In Appello sarà ridotta la possibilità di sospendere l’efficacia della sentenza di primo grado, entrerà in funzione un filtro sulle ammissibilità sul quale la Corte pronuncia una sentenza che può essere impugnata in Cassazione, dove dovranno valere i principi di chiarezza e sinteticità degli atti in base al principio di autosufficienza. Riti semplificati, via la sezione filtro, ridotte le ipotesi di decisione in pubblica udienza.

Tra le principali novità la possibilità del “rinvio pregiudiziale in Cassazione”, per cui il giudice del primo grado potrà investire direttamente la Corte nelle ipotesi di questioni di puro diritto, nuove, di particolare importanza, che presentino gravi difficoltà interpretative, e soprattutto con un carattere seriale, siano cioè suscettibili di riproporsi in numerose controversie. Per evitare che questo strumento sia utilizzato indebitamente e crei appesantimenti sarà il primo presidente della Cassazione a decidere sulla richiesta.

Il processo del lavoro e del credito

Viene abolito il doppio binario creato dalla legge Fornero. Ci sarà un unico procedimento per i licenziamenti, con una corsia preferenziale nei casi di richiesta di reintegro nel posto del lavoro. Nello spirito della riforma, l’obiettivo è quello di far sì che aziende e lavoratori restino il minor tempo possibile nel limbo dell’incertezza. Una corsia preferenziale smaltirà anche le domande risarcitorie.

Semplificato anche il rito sulla tutela del credito. Nelle procedure di espropriazione saranno possibili deleghe ai professionisti incaricati di coadiuvare i giudici. Viene introdotta la cosiddetta “vente privée”,  ossia la vendita dell’immobile da parte dello stesso debitore sotto esecuzione. Vengono introdotte misure pecuniarie di coercizione indiretta nei casi di mancato rispetto dei termini previsti dal processo esecutivo.

Mediazione, negoziazione, arbitrati 

Come ha annunciato la stessa Cartabia a luglio, quando ha presentato al Senato i suoi 24 emendamenti rispetto al testo base del suo predecessore Alfonso Bonafede, lo scopo è quello di “semplificare i procedimenti civili nelle forme e nei tempi, fornire risposte più celeri alle esigenze quotidiane dei cittadini, favorire l’attrazione degli investimenti stranieri”.

Input per favorire il diffondersi della cultura della mediazione. Finché questa strada non si radica nella mentalità di chi affronta una controversia, l’utilizzo di questo strumento di risoluzione delle liti civili sarà obbligatorio. Con un monitoraggio di 5 anni per verificarne gli effetti. Sono previsti incentivi per stimolarla, come forme di credito di imposta, cioè lo scalo dalle tasse delle spese legali necessarie. Per la mediazione e la negoziazione assistita è previsto anche il gratuito patrocinio a spese dello Stato. La mediazione diventerà obbligatoria per i contratti, quando le parti sono legate da rapporti stabili. La riforma prevede anche percorsi di formazione per i mediatori.

La negoziazione assistita tramite gli avvocati viene estesa alle controversie di lavoro e a quelle sull’affidamento e il mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, fissando anche l’assegno divorzile in un’unica soluzione. Viene potenziato l’arbitrato rafforzando le garanzie di imparzialità degli arbitri (con l’obbligo di rilevazione di eventuali cause di ricusazione) e attribuendo a loro, se le parti sono d’accordo, il potere di emanare misure cautelari.

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In aiuto delle donne senza soldi

Donne e minori dunque. Partiamo da qui per scoprire importanti novità. A partire dalla possibilità di tutelare la donna che, in un caso di separazione, si trova in una condizione di inferiorità economica rispetto al suo ormai ex partner. Qualora vi sia effettivamente una parte debole nella coppia dal punto di vista dei soldi, questa può chiedere e ottenere dal giudice che una parte dei redditi possa essere messa a sua disposizione. Facciamo un esempio: una casalinga avrà diritto a una quota dello stipendio del marito, anche se i due non si separano.

Dalla parte dei figli maltrattati

Dal sostegno economico ai maltrattamenti. Il futuro codice consentirà ai giudici di mettere in sicurezza i minori, qualora siano vittime di maltrattamenti in famiglia, con una procedura rapida di affidamento ad altri parenti che risultino idonei oppure a una casa famiglia. Che differenza c’è rispetto alle norme già in vigore? Oggi la legge non prevede tempi definiti, per cui può accadere che i bambini vengano messi in una casa famiglia, ma solo in via provvisoria. Con la nuova legge invece il servizio sociale dovrà comunicare alla nuova Procura dei minorenni, entro 24 ore, il provvedimento di affido del minore alle case famiglie. Le procure dovranno presentare dettagliatamente il caso al giudice che a sua volta potrà convalidare o revocare la richiesta. La ratio della misura, come spiegano in via Arenula, è che in questi interventi è necessaria “una valutazione di proporzionalità tra il danno e l’aiuto, perché togliere un bambino alla famiglia è sempre un atto doloroso”. Che di conseguenza va attentamente ponderato. Per questo il giudice dovrà innanzitutto valutare sommariamente la legittimità del provvedimento, e comunque,  prima di arrivare alla decisione definitiva, dovrà convocare i genitori. Un passaggio che oggi non è previsto. Si tratta, dice ancora chi lavora con la Guardasigilli Marta Cartabia, di “una misura a protezione del bambino, che riconosce la sua dignità e soprattutto la necessità che ogni intervento debba passare attraverso un giudice del Tribunale della famiglia”.

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Via il marito o il convivente violento

E sempre lo stesso Tribunale della famiglia, senza ricorrere al giudice penale col rischio di allungare i tempi, può intervenire con mariti e conviventi violenti. Il codice consentirà di emettere, con una misura immediata e urgente, un ordine di protezione per allontanare il convivente violento. Oggi i Tribunali per i minorenni possono intervenire solo qualora ci sia un rischio per i figli. In futuro invece, partendo dal presupposto che la violenza sulla donna rappresenta comunque un rischio anche per i minori, il Tribunale potrà allontanare il marito o compagno violento anche nei casi in cui la convivenza sia cessata. Il giudice non dovrà neppure tentare una possibile mediazione che poi potrebbe avere, come dimostrano i tanti e recenti casi di cronaca, effetti disastrosi per il riacutizzarsi della violenza fino all’omicidio.

Dialogo serrato tra giudici civili e penali

A differenza di oggi, i giudici civili e penali che si occupano di famiglia potranno coordinarsi soprattutto nei casi di separazioni in cui si siano verificati episodi di violenza con l’obiettivo di rendere il più rapidi possibile i provvedimenti a tutela sia della donna che dei figli. Proprio per questo il giudice civile potrà compiere dei primi accertamenti anche sommari per verificare se ci sono stati episodi di violenza ed emettere subito misure di protezione. Qualora il giudice dovesse orientarsi per l’allontanamento del minore prima deve ascoltarlo e solo come extrema ratio, nei casi in cui la salute dello stesso bambino risulti a rischio, ipotizzare il ricorso alla forza pubblica. Nei casi molto comuni di un genitore separato che non fa vedere il figlio all’altro genitore, il giudice dovrà dialogare con i due partner, anche utilizzando servizi sociali e Asl, per trovare una via che non arrechi traumi ai figli.

Il Tribunale della famiglia

È la nuova istituzione che, senza sopprimere gli attuali tribunali per i minorenni, raggrupperà in un’unica struttura civile e penale tutte le competenze su minori e famiglia. Avrà una sede “distrettuale” e articolazioni “circondariali”, ad esempio una sede distrettuale a Roma oppure a Milano, e sedi circondariali nelle singole province, proprio come oggi. Nel nuovo Tribunale della famiglia ci sarà anche l’ufficio processo, costituito da giudici onorari, le cui competenze, dicono in via Arenula, “saranno un valore aggiunto sia per le sedi circondariali che per quelle distrettuali”. Sarà una riforma processuale che non incide sul diritto sostanziale di famiglia, ma ne incrementa le garanzie nei relativi giudizi.

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