PARIGI – ll Psg le aveva provate tutte: il carisma internazionale di Ancelotti, quello molto transalpino di Blanc, la scienza sottile di Emery, quella più sperimentale di Tuchel, il senso pratico di Pochettino. Ha sempre cercato allenatori di nome e di stile, con un certo savoir-faire adatto alla ribalta internazionale, ma alla fine non uno è stato all’altezza delle aspettative del pubblico parigino, della rutilante politica societaria e men che meno della vagonata di euro investita dalla proprietà qatariota: il Psg è rimasto “la repubblica dei giocatori”, una sorta di enclave anarchica dove a dettare la linea erano i capricci delle star, il loro altalenanti umori o, peggio ancora, i loro egoismi.
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