Pubblica Amministrazione, Brunetta: “Accordo con il Cts, con decreto Covid di domani via libera ai concorsi”

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ROMA – “Domani il decreto Covid sbloccherà i concorsi, bloccati da oltre un anno a causa della pandemia”. Lo ha annunciato il ministro della Pa, Renato Brunetta, nel suo intervento al Cnel alla presentazione della Relazione sulla qualità dei servizi pubblici. Ieri il via libera del Comitato tecnico scientifico sulla pandemia, ha spiegato il ministro, che non ha voluto precisare il numero dei posti a concorso. Secondo un monitoraggio del Forum Pa, tuttavia, il numero dovrebbe essere di circa 125 mila posti, a cui poi si aggiungeranno, ha ricordato Brunetta, “alcune decine di migliaia di incarichi per la gestione del Pnrr”, che verranno presi con procedure rapide, “in tre quattro mesi”, attraverso il portale del reclutamento. Tra loro “anche i dottorati tecnico scientifici che non sono stati assorbiti dalle Università, ha ribadito il ministro, aggiungendo che la ripartenza dei concorsi “e un segnale straordinario di speranza”.

L’intervento del ministro ha preceduto la relazione annuale del Cnel sulla Pubblica Amministrazione, dalla quale emerge un forte aumento delle disuguaglianze dovuto agli effetti del Covid, a cominciare dall’accentuazione del divario Nord-Sud nella speranza di vita che, mentre a livello nazionale continua ad essere la seconda più alta d’Europa, presenta difformità che possono arrivare fino a tre anni, per esempio tra le città di Milano e Napoli, che aumentano a 10 se si considerano le fasce sociali più povere del Mezzogiorno e quelle più ricche dell’Italia settentrionale. La spesa sanitaria pubblica pro capite, pari nella media nazionale a 1.838 euro annui, è molto più elevata al Nord rispetto al Sud (2.255 euro a Bolzano e 1.725 euro in Calabria).

L’emergenza Covid ha prodotto una pressione sulle strutture sanitarie ma anche sui carichi di lavoro del personale, sulla tutela delle categorie di utenza più fragili, sulla continuità assistenziale per i pazienti cronici e disabili, sui programmi di screening, nonché in termini di benessere psicologico e di prevenzione del disagio psico-sociale, molto pesante. A farne le spese soprattutto i pazienti affetti da patologie pregresse diverse dal Covid. I dati dei sistemi di sorveglianza, infatti, segnalano sin dall’inizio della pandemia la maggiore gravità ed il maggior numero di morti tra i pazienti affetti da pregresse patologie, ed in particolare da malattie polmonari, cardiache, diabete e patologie del sistema immunitario. Anche i pensionamenti con quota 100 hanno inciso molto sulla sanità: in pensione anticipata tra il 2019 e il 2020 11.897 unità, di cui 1.676 medici

Anche sul fronte dei servizi sociali spesa italiana per questi servizi è appena un terzo circa di quella media dei Paesi UE) e l’accentuata differenziazione territoriale che ha scaricato sulle famiglie ancor più pesanti oneri di cura, assistenza ed educazione. I soggetti deboli con il Covid sono risultati e risultano i più penalizzati, anche per via delle difficoltà dei Comuni, che presentano gravi carenze di personale (da una stima dell’Anci i posti mancanti risultano al momento 60 mila).

Quello degli asili nido resta una delle criticità maggiori nei servizi sociali e rappresenta un freno allo sviluppo. I posti disponibili, di cui il 51,6% pubblici, coprono solo il 25,5% dei potenziali utenti, bambini con meno di tre anni. L’eterogeneità sul territorio rimane molto ampia: in Valle d’Aosta hanno un posto disponibile nei servizi educativi 47 bambini su 100, in Campania meno di 9. L’obiettivo europeo del 33% è stato superato da alcuni anni in Valle d’Aosta, nella Provincia Autonoma di Trento, in Emilia-Romagna, Toscana e Umbria. Al Nord-est e al Centro la ricettività è molto prossima al target europeo mentre nelle altre Regioni del Centro-nord i valori sono inferiori ma non lontani dal 30%. Nel Mezzogiorno si è ancora lontani dal raggiungimento dell’obiettivo ad eccezione della Sardegna che ha raggiunto il 29,7% di copertura. Il numero complessivo di posti è in lieve aumento e si attesta a 355.829, incremento dello 0,3% rispetto alla rilevazione precedente (354.641). I servizi per l’infanzia hanno un impatto significativo sulla spesa delle famiglie. Il carico medio che deve sostenere una famiglia per il servizio di asilo nido è aumentato negli ultimi anni: si passa da 1.570 euro nel 2015 a 2.208 nel 2019. I vincoli economici spiegano in parte la mancata iscrizione all’asilo nido.

 

Le difficoltà della scuola, a cui non si è potuto far fronte attraverso la didattica a distanza, avranno un impatto stimato in una perdita di PIL dell’1,5% annuo per il resto del secolo, calcola il Cnel. Il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa e la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno (470 mila ragazzi) (Istat).

Per quanto riguarda i Comuni, dall’analisi sulle entrate effettuata dal Cnel emerge che le minori entrate correnti attese per il 2020 oscillano fra 5,2 miliardi e 7,6 miliardi, con una media attesa di 6,1 miliardi e che, si tratta di stime, dal 12,6% (ipotesi migliore) al 23% (ipotesi peggiore) delle Amministrazioni comunali saranno in maggiore difficoltà a raggiungere l’equilibrio di bilancio di parte corrente per il 2020. Si indeboliscono ulteriormente le aree geografiche già a rischio di tenuta dei conti pubblici locali, ma ci sono criticità anche in quei territori con tradizione di Comuni con discreti equilibri finanziari.

Le stime realizzate mostrano che i Comuni che hanno subìto gli impatti peggiori sono quelli turistici, quelli di più grandi dimensioni e quelli in procedura di riequilibrio. Nell’insieme il sistema dei Comuni esce dal 2020 appesantito da una maggiore vulnerabilità finanziaria. E’ stata inoltre rilevata una relazione tra tasso di inattività, in aumento a causa della pandemia, e crescita della povertà assoluta: quest’ultima cresce di 0,36 punti percentuale per ogni punto percentuale in più del tasso di inattività.

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