“Puniamo i traditori”: la Russia si spacca sulle sanzioni ai dissidenti in esilio

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MOSCA – Il marchio d’infamia di staliniana memoria “agente straniero” non basta più. Per quanti hanno lasciato la Russia per protestare contro il lancio dell’offensiva in Ucraina, il nuovo stigma è predatel, “traditore”. E presto potrebbe entrare a far parte del lessico giudiziario e prevedere le pene più disparate.

Il primo a parlare di “traditori” era stato lo scorso marzo lo stesso presidente Vladimir Putin: “Il popolo russo – aveva detto – sa distinguere i veri patrioti dalla feccia e dai traditori e sputarli come si fa con un moscerino volato accidentalmente in bocca”. Un’allusione, aveva chiarito il suo portavoce Dmitrij Peskov,  a chi si opponeva alla cosiddetta “operazione speciale”.

Da allora la “stampante impazzita” della Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, aveva varato nuove leggi repressive o rafforzato quelle esistenti per un totale di 653 provvedimenti approvati nel 2022 — un record — spingendo in migliaia a fuggire.

Ora i conservatori vorrebbero sanzioni più severe anche contro gli “emigrati bianchi” del Terzo Millennio che «si sentono impuniti credendo che la giustizia non possa raggiungerli»: bollini, la confisca dei beni, il divieto di rimpatrio o persino la revoca della cittadinanza.

Adesivi gialli sulle porte e appelli alla delazione. A Mosca è caccia ai “traditori”

Le dichiarazioni-shock dell’attore Smoljaninov in esilio

È iniziato tutto con le dichiarazioni di Artur Smoljaninov, attore 39enne che nel 2005 fu lodato da Putin per la sua interpretazione di una recluta sovietica nell’osannato film 9 rota (“Nona compagnia”). Già esiliato in Lituania e incriminato per discredito delle forze armate, intervistato a inizio anno da Novaja Gazeta Europa, testata peraltro bloccata in Russia, ha osato dire che, se dovesse andare al fronte, combatterebbe per Kiev e che non gliene “frega niente” se la Russia “cadrà a pezzi” o “si trasformerà in ceneri radioattive”. Apriti cielo. Da allora ogni esponente del partito al potere Russia Unita ha detto la sua.

Il ritorno ai “passaporti Nansen”?

Il deputato Sultan Khamzaev ha chiesto l’incriminazione di Smoljaninov ed è stato subito accontentato dal Comitato investigativo con il plauso di Peskov. Non pago invece il deputato Oleg Morozov, già vicepresidente della Duma, che ha proposto che ai traditori venga vietato il rimpatrio “per vent’anni” e revocato il passaporto.

Idea che ricorda la vecchia pratica sovietica di trasformare in apolidi i dissidenti che, come lo scrittore Vladimir Nabokov o il compositore Serghej Rachmaninov, ricevevano i “passaporti Nansen” dalla Società delle Nazioni.

La Costituzione post-comunista vieta però di privare della cittadinanza chi è russo di nascita. Tanto che il senatore Andrej Klishas, a capo della Commissione della Camera alta per le leggi costituzionali nonché coautore degli emendamenti che permetteranno a Vladimir Putin di ricandidarsi, se volesse, come presidente il prossimo anno, ha punzecchiato Morozov: i politici che propongono di “smettere di giocare secondo le regole”, ha detto, dovrebbero rinunciare ai loro incarichi.

Al che è intervenuto anche il leader di partito, l’ex presidente e premier Dmitrij Medvedev: visto che “la legge non funziona”, ha replicato, bisognerebbe agire secondo “le regole dei tempi di guerra”. Klishas ha bacchettato anche Medvedev ricordando che quella in Ucraina è soltanto “un’operazione”.

Non gli è invece dispiaciuta la proposta del presidente della Duma Vjacheslav Volodin di confiscare le proprietà dei “farabutti che se ne sono andati”, ma “si permettono di gettare fango sulla Russia” e di “sostenere i cattivi, i nazisti e gli assassini”.

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La parola “traditore” potrebbe entrare nel codice penale

Peskov ha però invitato alla cautela. “I nemici sono nemici, dobbiamo combatterli, ma tutti gli altri sono nostri cittadini e devono rimanere tali”, ha detto, spiegando che la questione è “complessa” e potrebbe aprire “vasi di Pandora”.

Tra i russi che hanno lasciato il Paese ci sono anche molti informatici che lavorano da remoto: il timore è che nuovi provvedimenti restrittivi possano spingerli tra le braccia di aziende straniere. Non solo. Ci sono anche i familiari degli stessi parlamentari che inveiscono contro gli esuli.

Peskov però non ha escluso una riflessione sul tema: “Per prima cosa bisogna definire cosa considerare reato”. Non a caso a stretto giro Kirill Kabanov, membro del Consiglio presidenziale per i diritti umani, ha annunciato che discuterà coi suoi colleghi “la definizione del concetto stesso legale di predatel“.

La plenaria della Duma

È probabile che l’acceso dibattito si concretizzerà in qualche iniziativa legislativa. Domani si aprirà la prima plenaria della Duma del 2023. Dmitrij Gusev, vicecapo del partito Russia Giusta – Per la verità, ha già detto che proporrà di contrassegnare gli artisti dissidenti con un bollino giallo e la scritta “traditori” nei titoli di testa dei film. Ma il politologo Ilja Grashchenkov mette in guardia: “A un certo punto i “traditori” esterni finiscono e inizia la ricerca di quelli interni”.

Stando al quotidiano Vedomosti, la caccia sarebbe già iniziata: grazie a “intelligenza artificiale e speciali algoritmi”, il partito avrebbe rimosso i “traditori” dal proprio “database di sostenitori” in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Di 25 milioni di nomi ne sarebbero rimasti 13. Una vera e propria purga.

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