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Razionamento per gas e supermercati: cosa ha detto Draghi e cosa significa per gli italiani

MILANO – Di fronte al perdurare del conflitto in Ucraina e alle conseguenze che la guerra sta cominciando ad avere sul mercato delle materie prime e dei beni energetici, per la prima volta da molti anni a questa parte si è tornati a parlare di razionamenti. Vediamo di che cosa si tratta e perché il tema è di nuovo di attualità.

Che cosa ha detto Mario Draghi sui razionamenti?

Intervenuto giovedì in conferenza stampa, il presidente del Consiglio Mario Draghi si è soffermato sugli effetti a medio-lungo termine per i cittadini italiani del conflitto in corso, a causa della difficoltà a reperire materie prime, o per effetto del costo eccessivo dell’energia. “Quando sarà il caso di lanciare allarmi lo faremo. Di sicuro dovremo prepararci all’evenienza ma da qui a lanciare l’allarme ce ne corre”, ha detto Draghi rispondendo ad una domanda sull’eventualità che gli italiani debbano modificare i propri stili di vita come conseguenza dei mancati approvvigionamenti. “Se le cose dovessero peggiorare dovremmo sicuramente entrare in una logica di razionamento – ha detto il presidente del Consiglio- ma fino ad allora dovremo fare come per il gas: diversificazione più rapida possibile, interventi sui prezzi, aiuti a famiglie e imprese. La sparizione momentanea di grano ucraino e russo crea sicuramente mancanze serie, bisogna approvvigionarsi immediatamente in altre parti del mondo dove c’è grande abbondanza”.

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Draghi è l’unico ad avere parlato di razionamenti?

No, anche il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco ha evocato questa possibilità. “La guerra ha considerevolmente incrementato i rischi estremi. Mi riferisco principalmente alla preoccupante possibilità di una carenza di gas che spingerebbe i prezzi energetici ancora più in alto, o costringerebbe per qualche tempo a un razionamento di gas ed elettricità, interrompendo la produzione”, ha detto il Governatore alla conferenza “The ECB and its Watchers”, alcuni giorni fa.

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Che cosa si intende quando si parla di razionamenti?

Non si tratta di un definizione tecnica, ma di una serie di interventi volti principalmente ad ottenere un obiettivo. La riduzione del consumo di determinati beni. Nella fattispecie quelli il cui reperimento potrebbe essere penalizzato dal conflitto in corso.

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Perché si parla di razionamenti di gas ed elettricità?

Perché se il conflitto dovesse proseguire e il prezzo dell’energia restasse così alto come negli ultimi mesi potrebbe essere un primo passo necessario. Prima però di arrivare ad una misura drastica e difficilmente attuabile, come la limitazione della fornitura di gas ed energia, scenario che nessuno ora sta prendendo in considerazione, esistono parecchi step intermedi. A partire da una maggior attenzione individuale al consumo di energia, una riduzione dei livelli degli impianti di riscaldamento. Scelte più semplici dal lato delle famiglie ma più complesse dal lato delle imprese, per cui una riduzione del consumo di energia può comportare un danno per la propria produzione.

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Il governo ha già fatto qualcosa sul tema del possibile razionamento del gas?

Sì, lo scorso 28 febbraio nel primo decreto approvato a ridosso dell’invasione l’esecutivo “autorizza l’anticipo, anche a scopo preventivo, dell’adozione delle misure di aumento dell’offerta e/o riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza”. In particolare, ha spiegato Palazzo Chigi, “la norma rende immediatamente attuabile, se fosse necessario, la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche oggi attive, attraverso la massimizzazione della produzione da altre fonti e fermo restando il contributo delle energie rinnovabili”.

Un ruolo decisivo in questo senso è affidato a Terna, la controllata pubblica che si occupa della gestione della rete elettrica, dovrà predisporre un “programma di massimizzazione dell’impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW, che utilizzano carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio”.

Perché si parla di razionamenti nei supermercati?

Qui il tema è diverso e scavalca per il momento l’intervento pubblico. Il governo al momento non ha mai parlato di interventi per regolare la vendita di alimenti. Tuttavia, come già accaduto durante i primi mesi della pandemia, i timori su un possibile calo della disponibilità di prodotti ha alimentato una psicosi che ha spinto una ingiustificata caccia alle scorte. Per questo motivo alcune grosse catene di supermercati prevedono già nei propri punti vendita un tetto al numero di pezzi.

E’ il caso ad esempio di Unicoop Firenze che la scorsa settimana ha fissato un limite di quattro pezzi all’acquisto di olio di semi di girasole, farina e zucchero. Una scelta, ha chiarito, determinata non dalla carenza di beni ma dalla corsa immotivata agli stessi. “Al momento non emerge alcun rischio relativo alla mancanza di prodotti nei propri supermercati a causa della guerra in corso in Ucraina”, ha spiegato in un comunicato. “Tuttavia, alla luce di diversi episodi di accaparramento che si sono verificati nei punti vendita Coop.fi da parte di alcuni operatori commerciali, la cooperativa ha deciso di mettere un limite all’acquisto di quattro pezzi per carta socio per olio di semi di girasole, farina e zucchero. Prodotti di largo consumo quotidiano”.



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