Recovery, telefonata Draghi-Von der Leyen: il premier garantisce l’impegno dell’Italia sulle riforme

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ROMA – Si gioca su due piani la partita di Mario Draghi sul Recovery Plan. La prima è quella interna, nazionale, con i partiti della sua maggioranza; la seconda è quella esterna, europea, con la Commissione di Bruxelles. Quest’ultima sta diventando decisiva. Tra ieri e oggi il premier ha direttamente parlato al telefono con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con il suo vice, il lettone Valdis Dombrovskis.

Lo slittamento della riunione del Consiglio dei ministri, convocato inizialmente per oggi alle 10, si spiega soprattutto con il negoziato a distanza (politico e anche tecnico) con la Commissione. Draghi ha voluto garantire sulla coerenza del piano italiano con le linee indicate dalla Commissione per tutti i Paesi europei e sulla centralità delle riforme per raggiungere gli obiettivi indicati nelle oltre 300 pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le quattro riforme strutturali di contesto (giustizia, pubblica amministrazione, semplificazione normativa e concorrenza) più quella del fisco (per ridurre il carico sul lavoro e produzione e mettere mano all’Irpef salvaguardando il principio di progressività) sono state sostanzialmente scritte negli ultimi due mesi, poiché nel piano presentato dal governo Conte II erano state soltanto annunciate. La Commissione chiede dettagli e l’indicazione di tempi realistici per la loro realizzazione. Da qui il confronto serrato tra Palazzo Chigi e Bruxelles. Che, peraltro, ha sollevato perplessità su alcune richieste italiane, in particolare su un pacchetto che potrebbe entrare in rotta di collisione con la scommessa europea di investire su un modello di sviluppo sostenibile. L’Europa chiede di applicare il principio del “do no significant harm” (non arrecare danno significativo) in materia ambientale. Nel pacchetto italiano, invece, ci sono troppe richieste di nuove strade, per esempio. Potrebbero rappresentare una violazione di quel principio. Tant’è che la Commissione propone, in alternativa, di investire sulle ferrovie di nuova generazione. Anche su questi temi è in corso un confronto tecnico.

Sul fronte interno pesa la richiesta, in particolare del M5s, di prorogare fino al 2023 il superbonus. Una misura-bandiera per i grillini che condizionano il loro sì al Pnrr proprio alla conferma del provvedimento che ha aiutato la ripresa dell’attività edilizia, settore che impiega molta occupazione. Dal Pd arriva la richiesta di maggiore attenzione agli interventi a favore di giovani e donne. Questioni che sembrerebbero risolte a livello politico ma che ancora devono trovare una soluzione tecnica definitiva nel Recovery plan.

L’Italia, il Paese europeo che più duramente sta pagando la pandemia sul fronte economico e su quelli sociale e sanitario, ha a disposizione 191,5 miliardi comunitari (di cui 122,5 sotto forma di prestiti e gli altri a fondo perduto) più i 30 miliardi che arriveranno dal fondo complementare nazionale. Il Pnrr – per quanto lo stesso Dombrovsky abbia parlato di termini non perentori – va presentato entro il 30 aprile, cioè venerdì prossimo, per poter così ottenere la prima tranche di risorse, circa il 13 per cento.

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