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RepIdee, Alessandro Baricco: “Flessibile e leggera, questa l’intelligenza per il nuovo millennio”

“Il fatto che abbia scritto alcuni articoli su un sito, e non su un giornale di carta o nei libri, è solo una piccola parte di una transizione che stiamo vivendo. Quello al digitale è un passaggio epocale. Tutto quello che era stabile e marmoreo ha un momento di fragilità, un battito del cuore. In questo sussulto inserisco i miei desideri”. Alessandro Baricco, intervistato da Gregorio Botta, è il protagonista di “Un’intelligenza per il nuovo millennio”, l’incontro che chiude il programma di Repubblica delle Idee 2021 al Teatro Comunale di Bologna. Secondo lo scrittore “in questa nuova dimensione tutto fluttua, di conseguenza ha meno peso”.

Nei mesi della pandemia Baricco si è battuto contro la mancanza di alternative alla chiusura prolungata della scuola. “Solo il pensiero novecentesco ha il mito di strutture permanenti, centralizzate, non agili. Come il sistema scolastico. Se avessimo prima lavorato con flessibilità e leggerezza, nel momento del disastro la reazione sarebbe stata migliore. La permanenza non è sempre la soluzione al problema”. In un mondo dove tutto si muove continuamente, ci si dovrebbe allenare all’impermanenza. “Il problema della resilienza è che, scampato il pericolo, si torna alla posizione precedente. Le persone più sveglie e in gamba sono flessibili. Come il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che ha sempre avuto ben chiaro il movimento del contesto esterno. Valore che ha trasmesso alla macchina del giornale”.

Botta è tornato sul tema della scuola, alla luce del bel dialogo tra il ministro dell’Istruzione Bianchi con gli studenti e gli insegnanti andato in scena nel primo giorno della manifestazione. “La scuola, ovunque, è tragicamente in ritardo rispetto al mondo. Dovrebbe essere un’idea collettiva alta, con coinvolgimento, soldi, inventiva. E’ una questione di storytelling: dobbiamo far salire tutti sullo stesso carro. Per la comunità la scuola deve essere posizionata al primo posto. Le idee non mancano, manca l’unità che serve a un progetto”. Nei suoi ultimi articoli, Baricco ha lanciato accuse all’intelligenza novecentesca. Oltre alla mancanza di flessibilità, un altro neo è la specializzazione. Secondo lo scrittore, nel Cts ci sarebbero dovuti essere inseriti anche poeti e artisti. “Il problema è il modello presentato. La pandemia ci ha fatto concentrare sui dottori, tutto il resto è scomparso. E’ mancata una visione globale come si sarebbe avuta nel Rinascimento. Abbiamo capito che non siamo pronti a concederci la chance di farci guidare da intelligenze non specialistiche. Non volevo portare la poesia al potere con la mia provocazione, ma offrire una visione d’insieme diversa, alternativa. Nella gestione della pandemia l’ipnosi su un solo punto di vista lo pagheremo per anni”.

“Non era facile gestire un’emergenza – fa notare Botta – non sono stati momenti facili. “Capisco i primi mesi – ribatte Baricco – ma se per due anni un teatro prende fuoco ogni giorno, non cerco più un pompiere, ma vado a cercare un’altra soluzione perché evidentemente il problema è un altro. Nel Cts nessuno era in grado di misurare il disagio sociale che stiamo pagando. Ci siamo affidati soltanto a dei numeri”.

Il terzo capo d’accusa al pensiero novecentesco di Baricco, per Botta, è “sorprendente”: riscrivere la Costituzione. “Come fa un’intelligenza a non fondarsi su dei principi come il diritto al lavoro?, incalza Botta. “Quella novecentesca è un’intelligenza legata a ideologie, a strutture – precisa lo scrittore -. Non si può pensare al meglio senza staccarsi del tutto da un’ideologia. Una dinamica che ovviamente interessa la politica. Zuckerberg è un brillante flessibile, che ha messo in difficoltà la politica americana perché il suo unico valore era connettere le persone”. Il punto, però, per Baricco è che “il Novecento ha poca capacità di revisione sui principi, la Costituzione è solo un esempio. Un articolo che scriverei? La stessa considerazione tra l’uomo e gli altri esseri viventi. Un fattore a cui buona parte della società è sensibile ma che la carta non può cogliere”.

Il digitale rivoluzionerà il mondo del lavoro: “La tecnologia ha insiti la riduzione delle ore di lavoro, se non la sua scomparsa. Anche qui la Costituzione non segue il tempo. Il Cile sta riscrivendo la propria carta, un’operazione che ha rafforzato la comunità”. Botta non cede il passo: “Il problema non è il lavoro digitale, ma quello ben riconosciuto e quello che non lo è”.

Quarto capo d’accusa alla mentalità novecentesca la convinzione che la razionalità debba guidare le scelte più importanti, che sia la luce del faro da seguire sempre. “Tutto l’altro sapere è stato messo ai margini, a partire dalla capacità di costruire una narrazione anziché da un teorema. Scambiamo le narrazioni per ragionamenti. La pandemia ha fatto capire che un sistema a trazione scientifica non è infallibile: per numeri ridicoli per quattro giorni si sono bloccate le somministrazioni del vaccino AstraZeneca. Un atto di razionalità a cui è mancata una visione più ampia. Buonsenso e razionalismo sono buone armi, ma da sole non bastano”.

Per Baricco l’intelligenza digitale “deve sentire il mondo, con empatia. Nomade, collettiva, pratica”. “Non sono principi troppo zen? – chiede Botta – C’è sfiducia nel pensiero occidentale per abbracciare quello orientale?”. Per lo scrittore non serve guardare lontano. “Nella pancia del cattolicesimo e dei valori occidentali sono cose nascoste, ma presenti. Solo che nelle filosofie orientali risaltano più agli occhi e alle orecchie, Sentire il mondo invece che comprenderlo lo sappiamo fare tutti, serve il coraggio per spostare la mente da un’altra parte”.



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