Repubblica Ceca-Danimarca 1-2: decidono Delaney e Dolberg, è semifinale

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BAKU – Non si ferma più, la Danimarca. Questo Europeo è memorabile per i ragazzi di Hjulmand. Come diceva una vecchia canzone che viene in mente: nel sole, nel vento, nel sorriso e nel pianto. L’uragano iniziale ha compattato il gruppo, che ha qualità da vertice se gioca d’assieme. Due gol di ottima fattura scavano quel solco che un’indomabile Repubblica Ceca, messa benissimo in campo da Silhavy, prova a colmare. Ma l’impresa riesce solo a metà, col solito gol di Schick. Ma il bomber si fa male… E così, oltre a staccare il biglietto per Wembley, la Danimarca sfata un tabù.

<< La cronaca della partita >>

Decisivi i particolari

Ma non dite che il merito è quel maglione nero che sfoggia il ct Hjulmand seguendo scaramanzie che hanno tutti (chiedete a Ulivieri e al suo cappotto… indossato a maggio). Il merito è un disegno tecnico tattico che funziona, a cui è stato aggiunto un valore morale fortissimo, nel grande spavento trascorso. Cose che uniscono: se si arriva a questo punto la qualità tecnico atletica è tanta per tutti. Decidono allora i particolari…

Cinque minuti e i danesi vanno in fuga

Parte meglio la Repubblica ceca, ma è un attimo: Silhavy sembra aver trovato lo schieramento, sviluppato in ampiezza per elidere la manovra dei danesi. Trascorrono così i minuti iniziali, quelli in cui cerchi l’assetto di volo. Ma il problema è: in caso di avaria, ci sono i paracadute? E scoprirlo dopo cinque minuti e un buon decollo, cioè che non ci sono, è fatale. Al 5′ infatti la Danimarca, ancora nella fase di disposizione sul campo, ottiene un calcio d’angolo (forse una svista del guardalinee), il cross dalla bandierina premia la posizione ibrida di un giocatore che non è un saltatore: Delaney, cervello di centrocampo, finisce per essere nel posto giusto al momento giusto, schiaccia di testa come fosse un centravanti navigato, dove Vaclik non può arrivare. Ecco. E’ un pugno al bersaglio grosso del pugile che ancora cercava la distanza, braccato dall’altro.

Reazione frenata da Schmeichel

La Cekia reagisce, sospinta in regia da un buon Barak, Soucek cerca di far valere i centimetri sotto misura senza trovare di testa il bersaglio, Holes riceve ma Schmeichel che aveva impacchettato il regalo, si fa perdonare la confidenza in uscita. La Danimarca sorniona si compatta, furba cancella (con Kjaer) il pericolo n.1 che si chiama Schick: si vede solo dopo uno scarto secco e un sinistro fuori misura. Insomma, la partita la fanno i ragazzi di Silhavy, ma gli altri si godono la vista e chiudono a chiave la camera giusta.

Dolberg, ancora lui!

Poi ripartono. Braithwaite largo è efficace, Damsgaard ci terrebbe a festeggiare il suo compleanno con qualcosa di più di un’aringa e una birretta… ma Vaclik ne frena un bell’entusiasmo giovanile espresso con un tiro in diagonale. Insomma la Danimarca lascia fare, ma quando affonda fa male. Così, prima del riposo, alza ancora le vele e prende il largo. Il solito Braithwaite dà il via a un contrattacco tutto verticale, Maehle è pronto, la mette di esterno destro, dalla fascia mancina dove Coufal è sopraffatto, sul secondo palo c’è puntuale quel Dolberg che firma il suo terzo gol europeo, con un tap in volante bello per anticipo e per tecnica. Due a zero, mezzo biglietto per Wembley è in tasca al sorridente Hjulmand e ai suoi ragazzi. In virtù di un gioco di squadra nobile, fatto di reciproco aiuto, fiducia, di corsa e intelligenza, di frenate e scatti, con un pizzico di italiana furbizia.

Silhavy riparte dal doppio centravanti

Silhavy ha bisogno di maggiore fisicità e nella ripresa mette Krmencik per un Masopust meno eficace delle precedenti prove. Esce pure Holes per l’italiano Jankto. Subito Krmencik che scarica un tiro dalla distanza,  costringendo Smeichel a una deviazione, poi Barak misura l’attenzione di Smeichel, in angolo. Forza il blocco, la Cekia. Subito. Dopo le due fiondate arriva il gol, un pallone messo rasoterra in area vede Schick indovinare il piattone angolatissimo che a fil di palo riapre il match. La Danimarca non si intimorisce.

Ostinazione ceca, occasioni danesi

Il leit motiv della ripresa è l’intensa e continua pressione ceca, ben contenuta dalla difesa di Hjulmand. Tanto che le migliori occasioni per mutare il risultato sono danesi. Tanto più che il pericolo numero 1 del match, visto con gli occhi di Schmeichel, vale a dire Schick, è costretto a uscire toccandosi la coscia. L’ostinato assedio ceco non ha sbocco, i migliori, come il “veronese” Barak o quel Soucek che è il perno imprescindibile e chiude con un turbante la sua partita dopo una ferita al cuoio capelluto, l’ostinato assedio ceko non produce granché, solo un tiro ravvicinato di Jankto respinto da Kjaer davanti a Schmeichel. E’ invece Vaclik a opporsi bravamente a Maehle, a Poulsen e a Braithwaite e Nordgaard che filtrano dalle sue partio o tirano forte dalla distanza.

Come nel ’92…

Qualcosa che legittima la semifinale raggiunta dalla Danimarca. Come nel 1992, da outsider. Che sia un segno? Il torneo saluta uno dei simboli di questo Euro 2020: Patrick Schick, a segno in tutti i modi. Se questo giovane talento aveva bisogno di una consacrazione, eccovi serviti.

Repubblica Ceca-Danimarca 1-2 (0-2)
Repubblica Ceca (4-2-3-1): Vaclik; Coufal, Celustka (20′ st Brabec), Kalas, Boril; Holes (1′ st Jankto), Soucek; Masopust (1′ st Krmencik), Barak, Sevcik (35′ st Darida); Schick (34′ st Vydra). (16 Mandous, 23 Koubek, 2 Kaderabek, 17 Zima, 21 Kral 25 Pesek, 20 Vydra, 24 Pekhart). All.: Silhavy.
Danimarca (3-4-3): Schmeichel; Christensen (36′ st Andersen), Kjaer, Vestergaard; Stryger Larsen (26′ st Wass), Hojbjerg, Delaney (36′ st Jensen), Maehle; Brathwaite, Dolberg (14′ st Poulsen), Damsgaard (15′ st Norgaard). (16 Loessl, 22 Ronnow, 13 M.Jorgensen, 7 Skov, 11 Olsen, 19 Wind, 21 Cornelius). All.:
Hjulmand.
Arbitro: Kuipers (Ola).
Reti: nel pt 5′ Delaney, 42′ Dolberg; nel st 4′ Schick.
Angoli: 9 a 7 per la Repubblica Ceca.
Recupero: 3′ e 6′.
Ammoniti: Krmencik per comportamento non regolamentare, Kalas per gioco falloso

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