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“Riconoscere il trauma degli Anni di Piombo”. Una svolta che Macron preparava da tempo, l’accelerazione con l’arrivo di Draghi

PARIGI – E’ una svolta che si preparava da tempo all’Eliseo ma l’accelerazione è stata data con l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Il premier ha infatti chiamato Emmanuel Macron mercoledì scorso per affrontare una serie di questioni. A margine della telefonata i due leader hanno discusso anche delle richieste di estradizioni degli italiani condannati per reati di terrorismo e latitanti in Francia da decenni. Macron, raccontano nel suo entourage, si è convinto che fosse arrivata l’ora di sanare questa ferita aperta nei rapporti bilaterali. “E’ una forma di responsabilità in un contesto europeo in cui vogliamo rafforzare l’identità comune”, spiegano i consiglieri del leader francese, sottolineando che si tratta anche di rispettare il pieno stato di diritto tra due paesi fondatori dell’Ue. “Siamo in Europa ed è normale che le pene vengano eseguite” spiegano all’Eliseo, ribadendo che le condanne degli italiani arrestati sono tutte definitive.

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“Atto di coraggio”

 

Macron, dicono i suoi consiglieri, ha voluto fare un “atto di coraggio” per riconoscere “il trauma che hanno costituito gli Anni di Piombo per l’Italia”, smettendo così “di ignorare la violenza degli atti commessi tra anni Sessanta e inizio anni Ottanta”. All’Eliseo insistono sul “momento storico” della decisione del presidente che ha portato all’arresto di sette italiani, dopo quarant’anni di rifiuti e polemiche. “Crediamo sia una presa di coscienza dopo anni di tentennamenti” sottolineano le fonti presidenziali facendo allusione ai precedenti capi di Stato che hanno di fatto sempre fatto muro contro le richieste dell’Italia. 
Già dopo la sua elezione nel 2017, Macron ha scelto un approccio diverso su questo tema nei rapporti con l’Italia, avviando le discussioni tecniche sui fascicoli pendenti, quasi duecento all’epoca. Il lavoro bilaterale, con l’esame caso per caso delle situazioni giudiziarie, ha portato a restringere la lista delle possibili estradizioni a una decina di nomi. Tra gli alti e bassi della relazione tra Roma e Parigi, con la crisi diplomatica scoppiata durante il primo governo Conte, le procedure si sono rallentate.

L’arrivo di Mario Draghi ha ricreato quello che oggi definiscono all’Eliseo un “clima di assoluta fiducia” nei rapporti bilaterali. Ha pesato anche il forte legame tra Macron e il capo di Stato Sergio Mattarella, che aveva ricucito la rottura diplomatica nel 2019. Il tema delle estradizioni, fanno sapere all’Eliseo, era stato evocato più volte anche dal Quirinale. Nei negoziati che hanno portato alla svolta hanno influito poi i due Guardasigilli, l’alto profilo della ministra Marta Cartabia e la sensibilità del suo omologo Eric Dupond-Moretti, di mamma italiana. “Spero che questa decisione – ha commentato Dupond-Moretti – permetterà all’Italia di voltare pagina in una storia impregnata di sangue e lacrime” 

Il nuovo terrorismo interno

 

Macron, 43 anni, è un leader post-ideologico e non si sente vincolato alla Dottrina Mitterrand che comunque intrepreta nella sua prima versione, ovvero quella consegnata nel 1985 all’allora premier Bettino Craxi. “Il rifiuto delle estradizioni non si applica per chi ha commesso crimini di sangue”, ricordano all’Eliseo, specificando che i circa 350 italiani appartenenti alle Brigate Rosse o ad altri gruppi terroristi  “non hanno mai ottenuto asilo politico”. Nel gesto di Macron verso l’Italia viene preso in considerazione anche il nuovo contesto interno. “La Francia è stata fortemente toccata dal terrorismo – proseguono le fonti presidenziali – e non può che capire questo bisogno di giustizia forte da parte degli italiani”. Proprio nelle ore in cui gli italiani venivano arrestati, il governo di Parigi presentava una nuova legge contro il terrorismo jihadista in patria. Macron si è convinto che lo sguardo novecentesco sulla vicenda degli ex brigatisti, con una strenua difesa della gauche, sia ormai superata. “La sensibilità delle nostre società sul terrorismo e sulle vittime del terrorismo è cambiata” osservano all’Eliseo. Dal punto di vista francese Macron lancia anche un segnale agli elettori di destra in vista della sua ricandidatura l’anno prossimo. 

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Le prossime tappe

 

Con l’arresto dei sette italiani (tre sono ancora ricercati) l’Eliseo ritiene “definitivamente” chiuso la lunga e tormentata vicenda dal punto di vista politico. Ora si apre la fase giudiziaria. Entro quarantotto ore si deciderà se i sette arrestati saranno rimessi in libertà in attesa dell’esame della Corte d’appello che dovrà nei prossimi mesi pronunciarsi sull’estradizione, con la possibilità di fare poi appello alla Corte di Cassazione. I tempi saranno lunghi. “Un minimo di diciotto mesi” spiegano all’Eliseo, ribadendo che il capo di Stato “rispetta l’indipendenza della giustizia”. Al di là degli sviluppi giudiziari, l’asse tra Macron e Draghi ne esce rafforzato in vista delle prossime tappe europee per la ricostruzione post-Covid. I due leader non si sono ancora incontrati di persona da quando l’ex presidente della Bce è a Palazzo Chigi ma potrebbero fissare un incontro prossimamente. C’è anche una visita di Stato in Francia del presidente Mattarella in programma ed entro l’estate dovrebbe essere firmato il Trattato del Quirinale per rafforzare i rapporti bilaterali. 



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