Ripresa agganciata all’export: ecco i Paesi più rischiosi per il Made in Italy

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MILANO – Anche la mappa dei rischi per le aziende italiane esportatrici si tinge di rosso, colore col quale gli italiani hanno tristemente familiarizzato nella gestione delle chiusure regionali a causa del Covid. La consueta mappa elaborata dalla Sace su 200 Paesi di destinazione per il Made in Italy vede incrementarsi sensibilmente i fattori di potenziale pericolo e “l’aumento più pronunciato riguarda i rischi di credito, a causa degli impatti economici della pandemia, ferma restando una forte attenzione alle tensioni politico-sociali e alla sostenibilità riflesse dagli altri indicatori”.

Se globalmente gli economisti della società della galassia Cdp vedono una ripresa a “V”, con la dinamica che si rafforza grazie alla diffusione dei vaccini, a preoccupare è l’incremento generalizzato del debito pubblico e privato: nel 2020 si è accumulata una mole di 24 mila miliardi che ha portato il debito complessivo a raggiungere quota 281 mila miliardi, pari al 355% del Pil globale e in netto aumento rispetto al 320% raggiunto nel 2019. Le economie più fragili sono state in qualche modo aiutate: il Fmi ha esteso linee di credito ad hoc fornendo liquidità per 32,3 miliardi di dollari in 83 Paesi, di cui circa 16,7 miliardi verso l’Africa Subsahariana, circa 5,4 miliardi verso l’America Latina e circa 3,9 miliardi verso il Medio Oriente e il Nord Africa. Anche i Paesi membri del G20 si sono mossi con l’iniziativa di sospensione del servizio sul debito per concedere alle economie più fragili alle conseguenze dello shock un riscadenzamento del debito a parità di valore.

Resta comunque una fragilità accresciuta nelle potenziali controparti di scambi commerciali delle aziende italiane, proprio per quel che riguarda il rischio di credito ovvero che la controparte estera non rispetti le proprie obbligazioni (in sostanza, non paghi le forniture). Dei 194 Paesi analizzati nel report, solo in 22 diminuisce il livello di rischio; sono 52 i Paesi stabili e ben 120 quelli in peggioramento. “Questo deterioramento è riscontrabile soprattutto nella componente sovrana per effetto del forte incremento dei livelli di debito pubblico”. A preoccupare è soprattutto l’Africa Subsahariana con l’area nord africana e mediorientale, in particolare è lo Zambia riportare il maggior incremento dello score del rischio.

Il rischio di credito per le aziende esportatrici

Dove diminuisce il rischio

Dove aumenta il rischio

Paese

Rischio di credito 2021

Variazione

vs 2020

Paese

Rischio di credito 2021

Variazione

vs 2020

Vietnam

70

-3

Zambia

96

+16

Azerbaigian

74

-2

Turkmenistan

91

+13

Kosovo

73

-2

 Tagikistan

92

+11

Lituania

41

-2

Ecuador

78

+10

Ucraina

81

-2

Messico

47

+9

Emirati Arabi Uniti

38

-2

India

65

+8

Qatar

35

-2

Bangladesh

80

+6

Alla voce dei rischi politici il quadro è ugualmente in peggioramento. Dei 194 Paesi analizzati, 48 migliorano, 60 sono stabili e 86 in peggioramento. Nell’area Subsahariana il rischio è aumentato di 5 punti (da 57 a 62), in controtendenza rispetto al trend positivo degli anni precedenti, a causa di situazioni di aperta conflittualità che hanno interessato circa un Paese su tre dell’area e di instabilità pregresse. India e Thailandia sono i casi citati per le numerose manifestazioni di dissenso contro il Governo per la carenza di misure pubbliche di sostegno a fronte dell’emergenza sanitaria che ha acuito ancor di più le disuguaglianze sociali. Per l’America Latina, in un contesto generalmente meno buoo, pesa la rapida successione di elezioni nel corso dell’anno: Ecuador ed El Salvador a febbraio, Perù ad aprile, Messico a luglio, Argentina a ottobre e Cile a novembre. Una menzione particolare è dedicata a due economie avanzate: Regno Unito e Stati Uniti, che “hanno segnato un aumento delle tensioni politico-sociali, sebbene in un contesto di rischiosità complessivamente più basso rispetto alle altre aree geografiche”.

I rischi politici nel mondo

Dove diminuisce il rischio

Dove aumenta il rischio

Paese

Rischio politico 2021

Variazione

vs 2020

Paese

Rischio politico 2021

Variazione

vs 2020

Senegal

43

-3

Libano

92

+15

Bosnia-Erzegovina

55

-3

Zambia

75

+12

Romania

34

-3

Mozambico

82

+9

Cile

23

-2

Tunisia

68

+8

EAU

22

-1

Sri Lanka

61

+4

Arabia Saudita

41

-1

Argentina

73

+3

Estonia

13

-1

Laos

71

+3

Da ultimo, anche la Sace – come già stanno facendo molte organizzazioni internazionali, Onu inclusa – amplia gli indicatori legati alla sostenibilità con la Fondazione Enel: entrano nello score un indicatore di rischio di cambiamento climatico che monitora i principali rischi climatici (es. alte temperature, fragilità idrogeologica e vento) e i relativi impatti socio-ambientali, a cui si aggiungono due campi di analisi: il primo di benessere sociale, approfondisce la demografia, l’uguaglianza, il livello di salute, l’istruzione e il lavoro, evolvendo l’approccio del Benessere Equo Sostenibile (BES) utilizzato da Istat; il secondo, di transizione energetica, misura lo stato di avanzamento e gli effetti geopolitici della riconversione verso un nuovo mix energetico, quale fattore di resilienza, in un contesto caratterizzato dal crollo del prezzo del petrolio e dall’ascesa delle risorse rinnovabili e reti elettriche.

Sotto questo profilo, spiega una nota, spicca il posizionamento dell’Europa, ma anche dell’America Latina, con una forte presenza di generazione rinnovabile in paesi come il Cile, il Perù e il Brasile, primo classificato tra i membri del G20 e con i migliori risultati sulle rinnovabili. In Africa sub-sahariana buono il posizionamento del Kenya. Sul fronte dell’efficienza energetica, i Paesi industrializzati occidentali vantano sicuramente il miglior posizionamento – con Italia e Germania appena fuori dal gruppo dei 10 migliori – seguite da Paesi Bassi, Regno Unito e Giappone. India e Cina tra i meno performanti in efficienza, accompagnati dai Paesi dell’Africa Subsahariana. I Paesi europei e Paesi asiatici quali Giappone, Corea del Sud, Cina e Vietnam dominano il ranking di elettrificazione dei consumi. Mal posizionata l’America Latina, con l’eccezione del Cile, e soprattutto l’Africa Subsahariana, a esclusione del Sud Africa e di piccoli Paesi insulari come Seychelles e Mauritius.

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