Ritrovato un messaggio ai piedi della statua del generale Lee. Ma è mistero sul suo significato

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NEW YORK – Una capsula del tempo sotto la statua del Generale Lee a Richmond. Era stata recuperata già qualche settimana fa dagli operai incaricati di rimuovere il monumento equestre di colui che durante la Guerra civile americana guidò l’esercito sudista, ovvero quello nato in difesa degli stati favorevoli allo schiavismo. Alta 6 metri e mezzo, era il principale monumento di Arthur Ashe Boulevard, all’incrocio con Monument Avenue: il crocevia della cittadina della Virginia che fino a poco tempo fa ospitava ben sei statue di leader schiavisti. Ma che ormai sono state tutte rimosse per decisione dell’amministrazione comunale: dopo la proteste scatenate dalla morte dell’afroamericano George Floyd che proprio su quello storico luogo si erano concentrate.

Che sotto il monumento fosse nascosto qualcosa, si sapeva: documentato da tempo. Una scatola era stata nascosta in quello che precedentemente era un campo di tabacco forse da antischiavisti già tre anni prima dell’edificazione del monumento eretto nel 1890. Ovvero nel periodo in cui furono introdotte le leggi di segregazione razziale conosciute come Jim Crow, quelle che istituzionalizzarono le discriminazioni dei neri nonostante l’abolizione della schiavitù. All’epoca l’idea di “capsule del tempo”, dove lasciare messaggi ai posteri per meglio far comprendere la cultura di un’epoca era molto diffusa.

La scatola ritrovata ai piedi della statua (reuters)

Il bronzo equestre era stato rimosso già a settembre, ma il suo piedistallo è rimasto in piedi fino a una settimana fa. Solo venerdì scorso è stato eliminato anche il pilastrone di marno. Ed è venuta fuori la misteriosa “capsula” che però non è stata aperta subito, per timore di rovinarne il contenuto.

L’attesa ha dato adito a varie supposizioni. La convinzione di molti era che nella scatola sarebbe stata trovata una rara foto del presidente che appunto abolì la schiavitù, Abraham Lincoln. Insieme a documenti dell’epoca sulla Confederazione o sui suoi avversari. Ma già ore prima che la scatola venisse ieri aperta – live, in streaming sul sito del comune – gli esperti hanno cominciato a dubitare che questa fosse la stessa capsula del tempo di cui si vocifera da oltre un secolo. «Non è quella» aveva sentenziato Dale Brumfield, storico locale, avvertendo che le dimensioni non erano quelle riportate sui documenti. E anche il materiale, in piombo, invece che rame.

Ebbene, all’interno della scatola finalmente aperta sono stati ritrovati soprattutto dei libri e anche bizzarri: un Almanacco nautico del 1875. Una copia del romanzo The Huguenot Lovers: A Tale of the Old Dominion pubblicato nel 1889. E un testo marrone senza etichetta, troppo umido per essere analizzato. In una busta, fradicia anche quella, c’era poi una fotografia di un edificio nella locale Broad Street. E un opuscolo col progetto di un acquedotto.

Una prima interpretazione c’è già: «È una autoglorificazione» azzarda lo storico Brumfield. Il fatto è che il romanzo porta la firma di tal Collinson Pierrepont Edwards Burgwyn. Ovvero l’ingegnere di Richmond che progettò la rotonda sulla quale ha lungamente svettato la statua di Lee. E anche l’acquedotto e l’edificio di cui è conservata memoria.

Il mistero appassiona gli storici. Intanto perché la “vera” capsula del tempo è evidentemente ancora nascosta in zona. E poi perché, anche se non si gettano lumi sulla politica dell’epoca, ci si è comunque imbattuti in un ritrovamento estremamente raro. Il messaggio di un uomo che viene da lontano.

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