Repubblica dedica uno spazio fisso alle morti sul lavoro. Una Spoon River che racconta le vite di ciascuna vittima, evitando che si trasformino in banali dati statistici. Vite invisibili e dimenticate. Nel nostro Paese una media di tre lavoratori al giorno non fa ritorno a casa e “Morire di lavoro” vuole essere un memento ininterrotto rivolto a istituzioni e politica fino a quando avrà termine questo “crimine di pace”.
Forse Rossella stava già pensando al caldo della casa, ai bambini ancora addormentati, alla colazione da preparare. Il polo industriale di Melfi all’alba è ancora immerso nella colpevole semioscurità: un cuore pulsante mentre tutt’intorno la terra è avvolta nel sonno. A quell’ora c’è il cambio dei turni, gli operai che smontano si preparano al loro riposo. Un sguardo e un saluto a chi entra in fabbrica e poi a casa. Rossella Mastromartino, 36 anni, non c’è mai tornata. Un autobus l’ha travolta appena fuori i cancelli dell’azienda dove aveva appena svolto il turno di notte nell’impianto di laminati metallici, è morta la sera stessa all’ospedale di Potenza. Lascia il marito Donato e due figli. Un’altra vittima del lavoro, un incidente “in itinere”, come lo classifica la burocrazia. Morire mentre si va o si torna dal lavoro. Come fosse una guerra.
“Non posso crederci, non voglio crederci – scrive Tonia sui social – . Ci siamo incontrate la sera alle sette alla Despar, una battuta, un sorriso e poi…”. E poi la vita di una giovane operaia si spezza, si tagliano tutti i fili di una famiglia. E quelli di una comunità di lavoratori. “La conoscevo, lavoravo con il padre – racconta Roberto -. Abbiamo cominciato insieme a lavorare e ci incontravamo sempre sotto quella pensilina”. La fermata del bus che ogni giorno e ad ogni turno porta negli stabilimenti gli operai di Melfi. Perchè le fabbriche, sembra strano raccontarlo in questa epoca di gig economy, esistono ancora. “Povera ragazza, grande lavoratrice, bravissima mamma e donna – scrive sui social Rosa -. Abita nel mio portone”. E Stefania: “Quando mamma Carmela la nominava, gli si illuminavano gli occhi. Ora sarà tra le sue braccia”. Tutte le fabbriche di Melfi si sono fermate un’ora per ricordare Rossella e per protestare contro le condizioni indegne delle infrasttrutture del polo industriale: un’ora di sciopero con presidi silenziosi. Parlavano gli occhi lucidi degli operai.
Go to Source