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Sanremo 2021, Irama: “Stare in hotel senza poter salire sul palco è ancora più stressante”

SANREMO. Un cantante che canta dal vivo in un festival, ma che non è fisicamente nel festival, e si guarda in televisione. In tv è sul palco del teatro, che canta, ma nello stesso tempo è chiuso nella sua camera d’albergo, fuori dal “se stesso” che il quel momento si sta esibendo davanti a milioni di telespettatori. In scena c’è un “avatar” che ha anche un altro nome e che viene votato dal pubblico come se fosse quello vero. Sarebbe un buon soggetto per un racconto di fantascienza, se non fosse che è esattamente quello che sta accadendo a Filippo Maria Fanti, che ogni sera, chiuso nella sua camera d’albergo, vede andare in scena sul palco di Sanremo l’altro se stesso, Irama, che sta partecipando al festival al posto suo. Follie dell’età del Covid, che tutto rivoluziona e cambia. “Una follia, è vero”, dice lui, “e la cosa assurda è che guardarmi cantare al festival mentre sono fermo qui è addirittura più stressante, ansiogeno. Perché mi guardo e mi chiedo perché non posso correre, cosa che farei anche esattamente in questo istante, su quel palco”.

Irama ha 26 anni, fa il cantautore, e la sua carriera è iniziata proprio con Sanremo, sei anni fa, quando partecipò a Sanremo Giovani, lo vinse e guadagnò la partecipazione al Festival del 2016 tra le nuove proposte, dove per sua sfortuna trovò davanti a sé un altro giovane, Ermal Meta, che lo superò in una sfida diretta. Caparbio, testardo, convinto che la sua passione per la musica lo avrebbe portato lontano, Irama ha insistito, ha partecipato ad Amici, vincendo, e da quel momento in poi ha infilato un singolo di successo dietro l’altro. Ma al tempo stesso è cresciuto, ha tirato fuori le sue idee, sempre più e sempre meglio, fino ad arrivare a questo Festival 2021, dove la sorte ha voluto relegarlo nella sua stanza d’albergo a causa della positività di due suoi collaboratori. I suoi colleghi, i discografici, la Rai lo hanno lasciato in gara lo stesso, gli hanno “teso una mano” come dice lui, ma ogni sera in televisione vanno in onda le prove delle sue performance, che lui guarda seduto sul divano. “Fa un effetto strano, è ovvio, è un’emozione completamente nuova, perché sono comunque al Festival e allo stesso tempo non ci sono. Difficile da spiegare, provo sentimenti contrastanti, ma penso che sia del tutto normale, vista la situazione”.

Però la canzone funziona, al di là della performance.
“È la conferma che aveva ragione Fabrizio De André quando diceva che Sanremo non poteva essere una gara di ugole, ma davvero il festival della canzone. Quindi sono contento se la canzone arriva lo stesso al pubblico, spero che sia così, che riesca a suscitare qualcosa in chi l’ascolta. Poi per il resto non so dire se tutto questo è un vantaggio o uno svantaggio, faccio il musicista, non lo stratega. Di certo io avrei preferito, in ogni caso, sempre, comunque, essere sul palco a cantare”.

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È un Festival che comunque segna un passo importante della sua evoluzione, sia per la canzone in gara, “La genesi del tuo colore” ma anche, forse soprattutto, per la sua interpretazione di “Cyrano” di Guccini. Ha fatto un passo dal quale sarà difficile tornare indietro…
“Mi permetta di partire da una premessa: cantare la canzone di Guccini e farlo con l’introduzione della sua voce è la cosa più importante che sia successa nella mia vita, avere la sua ‘firma’ sulla mia interpretazione è una cosa alla quale ancora oggi mi è difficile credere, significa tutto per me, è una cosa che mi porterò nel cuore per sempre. Detto questo mi dispiace averla proposta nell’unica prova che ho fatto sul palco, avrei voluto omaggiare Guccini anche con uno spettacolo costruito meglio. Ma conoscendolo chi se ne frega degli orpelli, penso che forse anche per lui sia andata meglio così. Per il resto è vero che io vengo dal mondo del pop, ma sono cresciuto con il cantautorato, con i grandi della canzone d’autore. Non credo che sia importante da dove vieni ma quello che sei in grado di fare, la verità arriva a tutti, quando una cosa è sincera spazza via tutti i pregiudizi”.

Però per lei l’immagine è importante. Non le dà da pensare che invece queste esibizioni ‘senza orpelli’ siano più vicine alla sua vera natura di artista?
“Sì, ci penso, come penso a tutto quello che faccio, giorno e notte. Penso, rifletto, studio, imparo, e so che questa esperienza così strana e particolare mi farà crescere, influirà su di me. Io ho sempre avuto grande attenzione per la parte estetica, visuale, credo, citando Oscar Wilde, che superficiale sia chi non giudica l’apparenza, e mi è sempre piaciuto usare altre chiavi espressive. Ma guardarmi e vedere come la canzone è stata accolta mi fa pensare che essere più naturali possibili è una cosa meravigliosa, più libera e sincera, perché la mia musica nasce solo da necessità e bisogno di esprimermi. E alla fine penso che nulla accade per caso: io ho proposto a Sanremo solo quella di cover, non sono un’interprete, sono un cantautore e volevo cantare solo quella canzone, senza strategie, una scelta spontanea perché credo mi rappresentasse bene. Ma dato che la vita è quello che accade vivendo ha tutto preso questa piega strana, e la cosa più incredibile è che è esattamente quello di cui parlo in La genesi del tuo colore. Il cerchio si è chiuso, vuol dire che doveva andare così”.

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Alla fine, quindi, è contento di aver mostrato un altro “se stesso” al grande pubblico?
“Mi faccio scoprire di più, è un’opportunità e sono contento. Del resto io cresco e non me ne accorgo, cambio lungo la strada e il tempo mi sta premiando. Io sono sempre stato così, erano cose che avevo dentro e che magari non erano ancora arrivate alla luce, ma fanno parte di me da sempre, sono parte di ‘me stesso'”.

Sente la responsabilità di portare con sé anche il pubblico che la segue, e che magari in questa occasione ha visto un altro Irama e scoperto Guccini?
“La responsabilità l’ho sempre sentita. So di avere un seguito e di dover dire e fare le cose con attenzione, non governo nessuno ma rispetto molto chi mi ascolta. Le scelte artistiche, però, le faccio liberamente, senza condizionamenti, senza pensare a chi mi ascolta o al successo, perché la responsabilità non deve essere un limite, al di la di tutto l’arte deve essere libera”.



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