Sanremo 2022, ricordo tutto del Festival perché alla fine non mi ricordo niente

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Il Festival di Sanremo è bello perché quando passi in treno in qualche pezzo d’Italia notturna, magari proprio per andare a Sanremo, e le case scorrono all’improvviso in quei tratti veloci tra niente e niente, si capisce che tutti i televisori sono accesi per guardare il Festival e la luce che emettono pare l’aureola di un santo (San Remo?), o il pallido cristallo di un acquario dove i pesci muoiono giovani.

Se il Festival lo guardi sei pop, se non lo guardi sei snob, se lo conosci sei chic, se lo schifi sei nerd, se lo ami sei dark, se lo canticchi sei rock o sei tua nonna.

Il Festival puoi anche non guardarlo ma tanto lui guarda te, e a un bel momento tu smanetti sull’autoradio e parte una musichetta che sei sicuro di conoscere ma il titolo no, quello non lo ricordi proprio, e allora metti Shazam (però tieni le mani sul volante, perdio!) e scopri che è una hit dell’ultimo Sanremo che tu non avevi visto manco per niente, ma ce l’hai lo stesso nelle vene come il plasma e i leucociti che non hai mai visto, del resto chi cavolo l’ha mai visto un leucocita?

Il Festival è importante perché tiene compagnia agli anziani e ai malati, perché piace ai bambini anche se il mio povero papà non lo guardava mai.

Io il Festival lo scrivo maiuscolo come Papa, Juve, Presidente. Perché sì.

Il Festival è il gioco di ricordare chi lo vinse nel 1962 (il mio amico Ignazio lo sa, e pure chi arrivò secondo, lui del Festival sa tutto).

Il Festival è quella cosa che una volta lo vinsero i Jalisse e Tiziana Rivale, e io vorrei sapere come funziona quel nostro mistero chiamato cervello se dopo una bella razione di anni, e avendoci messo dentro un bel po’ di romanzi e film e partite di pallone e persone e parole dette viste sentite sprecate, insomma vorrei capire perché diavolo ci sia ancora in quell’angolo del mio cervello, sotto il cassetto dei calzini, un motivetto che fa: “Sarà, sarà quel che saràaaa/del nostro amore che saràaaa/prendiamo oggi quel che dàaaa/e quel che avanza per domani basteràaaa”. Perché lo ricordo? Che razza di persona sono?

Però secondo me Sanremo come città è sopravvalutata.

Del Festival è divertente quando su Internet mettono quella cosa che dice “titolo testo e significato della canzone Taldeitali” che magari poi è Pistolero di Elettra Lamborghini che purtroppo non è mai stata cantata a Sanremo.

Poi ci sono i servizi della tivù che secondo me mandavano in onda uguali tutti gli anni, cioè tutti gli anni sempre lo stesso, con le signore (zie? Mamme? Nonne?) dietro le transenne (prima della pestilenza) che parlavano dei cantanti e poi accennavano il ritornello. Ma chi le prende in giro non ha capito niente della vita.

Del Festival ricordo tutto perché alla fine non mi ricordo niente, e ricordo specialmente quelli che non ho visto, e tutte le volte che nella finale del sabato mi sono addormentato che era ancora venerdì.

Il Festival è Pippo, è Raffaella, ma è soprattutto quel momento in cui sul palco della premiazione chiamano uno che forse è il sindaco di Sanremo o l’assessore a qualcosa e non se lo fila nessuno.

Il Festival mi piace tantissimo quando dicono “dirige l’orchestra il maestro Vince Tempera“.

Ma, soprattutto, Sanremo la amo perché vuol dire Milano-Sanremo, la corsa in bicicletta più stupida e dunque più bella del mondo, e che emozione la prima volta che la seguii da giornalista per Tuttosport e ci fermammo a mangiare a Ovada e poi tutti in macchina a capofitto sul Turchino e verso il mare e io vomitai anche l’anima dal finestrino.

A Sanremo ci andava Gianni tutti gli anni, ma per il Premio Tenco, e ogni pensiero di lui mi manca.

Il Festival quand’ero piccolo aveva un cugino che si chiamava Cantagiro, e una volta mamma e papà mi portarono a vedere il Cantagiro che passava tipo in corso Giulio Cesare a Torino e noi abitavamo lì dietro l’ospedale dov’era appena morta la nonna (l’aprirono, la chiusero, dissero che non c’era niente da fare, mamma gridò), e insomma io volevo vedere Gianni Morandi e però Gianni Morandi non passava mai, e i grandi prendevano in giro questo bambino che aspettava lì sullo stradone, e ogni macchina scoperta che passava con sopra un cantante come un astronauta di ritorno dalla Luna gridavano “vieni, Mauri, che c ‘è Gianni Morandi!” e io allora correvo, mi sporgevo emozionato e c’era sempre un altro, che so, forse Nicola Di Bari o Peppino Gagliardi o anche meno (spero non Claudio Villa, che detestavo poco più dei balletti di Canzonissima), e io dico che non si prendono in giro, anzi in Cantagiro, i bambini che aspettano Gianni Morandi. Però ricordo che quel giorno solennemente giurai: un giorno andrò al Festival di Sanremo e conoscerò Gianni Morandi!

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