Scienziati al lavoro: “Tra 20 anni parleremo con cani e gatti grazie all’intelligenza artificiale”

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Tra vent’anni, ma una parte di scienziati azzarda anche meno, potremo chiacchierare con il nostro cane, cantare insieme a delfini e balene, rispondere a tono al ruggito di un leone o, con minori rischio, allo squittire del topo. Non è fantascienza, grazie a una versione super sofisticata di Google Translate, si potrà interagire, comprendere e appunto replicare a richieste, lamentele ed esigenze di molti animali, domestici e non.  Karen Bakker, docente dell’Università della British Columbia, non ha dubbi: la svolta è dietro l’angolo, grazie ai progressi compiuti dall’intelligenza artificiale parlare con il cane o il gatto di casa sarà all’ordine del giorno o quasi.

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“Non possediamo ancora un dizionario del capodoglio, ma ora abbiamo gli ingredienti per crearne uno”, ha affermato la Bakker nel suo libro “The Sounds of Life”, citato dal Financial Times in un lungo articolo sul tema. Mentre l’intelligenza artificiale fa passi da gigante, la ricercatrice avanza l’allettante possibilità di una comunicazione interspecie. Non solo. Ne stima anche i tempi: nei prossimi due decenni gli esseri umani utilizzeranno macchine e strumenti informatici ad hoc per tradurre e replicare le emissioni sonore degli animali.

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Una vera e propria rivoluzione, innescata dai progressi dell’hardware e dei software. Microfoni e sensori economici, resistenti e di lunga durata, oggi vengono già attaccati agli alberi dell’Amazzonia, tra le rocce del Mar Artico o sul dorso dei delfini, consentendo un monitoraggio in tempo reale del loro respiro, del loro vivere. Questo flusso di dati bioacustici viene successivamente elaborato da algoritmi di apprendimento automatico, capaci di rilevare modelli nei suoni naturali infrasonici (a bassa frequenza) o ultrasonici (ad alta frequenza), non udibili dall’orecchio umano. Ma, sottolinea sempre la dottoressa Bakker, questi dati hanno senso solo se combinati con le osservazioni umane sui comportamenti naturali, questi ultimi  ottenute grazie al minuzioso lavoro sul campo dei biologi e all’analisi in crowdsourcing (sviluppo collettivo di un progetto su base volontaria o su invito) di volontari e appassionati.

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Zooniverse, iniziativa di ricerca Citizen Science, è già oggi in grado di mobilitare più di un milione di volontari, contribuendo a raccogliere tutti i tipi di dati e di set di addestramento per i modelli di apprendimento automatico. “La gente pensa che l’intelligenza artificiale sia una polvere magica da spargere su tutto, ma in realtà non è così che funziona – puntualizza Bakker – stiamo usando l’apprendimento automatico per automatizzare e accelerare ciò che gli esseri umani stavano già facendo”.

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I progetti di ricerca in materia hanno portato anche ad alcune ricadute pratiche e commerciali. Gli studi sulla comunicazione delle api, ad esempio, hanno ispirato gli scienziati del Georgia Tech a creare un algoritmo di “mente alveare” per ottimizzare l’efficienza dei server nei centri internet. I crittografi hanno studiato i ronzii, i clic, gli scricchiolii e i cigolii delle balene per capire se il loro codice Morse bionico possa essere imitato per criptare le comunicazioni. I sistemi di apprendimento automatico che monitorano i microfoni delle foreste pluviali sono in grado di rilevare i suoni delle grida degli animali in preda al panico. Il livello di comprensione scientifica dell’intelligenza artificiale potrebbe essere, al momento, esaurito. Ciò significa che occorre svilupparne uno nuovo, in qualche modo alternativo. Quale? Un sistema di intelligenza artificiale 2.0, magari in grado di utilizzare l’apprendimento automatico per esplorare specifici set di dati di nuova creazione – derivati da immagini satellitari, sequenziamento del genoma, rilevamento quantistico o da registrazioni bioacustiche – ed estendere le frontiere della conoscenza umana.

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I microfoni onnipresenti e i modelli di apprendimento automatico ci permettono di ascoltare suoni che altrimenti non potremmo sentire. “L’acustica è la nuova ottica – conclude la docente dell’università canadese (centro di ricerca all’avanguardia, classificato tra i primi 20 al mondo)  – la natura ci parla, e tra non molto potremo origliare uno stupefacente paesaggio sonoro di “conversazioni” planetarie tra pipistrelli, balene, api ed elefanti, piante e barriere coralline”.

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