Scuola, i presidi si sfogano in chat: “Trattati come i soldati della campagna di Russia”

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ROMA – Sono esausti, e usano metafore marziali per definire la ripartenza di questa mattina: Waterloo, le Termopili. Allegorie della sconfitta della scuola, che è già scritta nei suoi ritardi, nelle sue mancanze, faticosamente nascoste da una propaganda in crescita.

I presidi italiani sono nel cuore del contagio, e ancora una volta – sette ogni otto, almeno – dovranno farsi carico di tutto ciò che lo Stato continua a non dargli: sicurezza e risorse per costruire una buona didattica. Lo raccontano in una chat di servizio, che Repubblica ha letto. “Abbiamo sottoscritto un appello caduto nel vuoto”, scrive Valeria S., dirigente scolastico. Ricorda di essere una dei duemila presidi che avevano chiesto due settimane di ferma, inascoltati. “Verremo mandati come i soldati nella campagna di Russia… Ma io mi rifiuto categoricamente di lavorare un altro sabato e un’altra domenica. Iniziamo a riprendere in mano la nostra dignità di lavoratori. Non abbiamo anche noi il diritto alla disconnessione? Non abbiamo diritto a ferie e giorni di sacrosanto riposo? Con il 2022 utilizzerò la formula “Sorry, I am out of office…”. E adesso andiamo alla battaglia di lunedì”.

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Oggi, appunto. Ma quale battaglia? Molte famiglie hanno già scelto di disertare. La voce arriva dalla guida dell’Istituto Francesca Morvillo di Roma: “Diversi genitori degli alunni della scuola dell’infanzia stanno inviando email nelle quali comunicano che non manderanno i bimbi a scuola finché la situazione epidemiologica non migliorerà. Condivido la grande amarezza nel constatare che, nonostante la scuola riapra, riaprirà con le classi dimezzate, se non vuote, con metà alunni a casa in Dad perché positivi o contatti stretti”.

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In chat si dà la dimensione del rischio, e dei possibili vuoti: “Su 56 classi di scuola primaria e secondaria, al momento per 39 dovrò attivare la Didattica integrata. In 39 classi, sì, ho positivi e contatti stretti di positivi”.

Un collega: “Siamo esausti e, dal 10, senza fare il gufo della situazione, prevedo il caos totale a scuola fra malati, positivi, quarantenati. Studenti e personale”.

Ancora, in chat da venerdì: “Nelle scuole siamo al delirio. In una giornata ho lavorato almeno 100 (cento!) richieste di Didattica a distanza per alunni positivi. Oggi scuola chiusa, domani sarà peggio, domenica giorno di festa, ma mica posso dire ai genitori che non lavoro e non vedo le loro domande di Dad. È diventata una condizione di lavoro impossibile. Che senso ha questa riapertura? Era così difficile per il ministro capire la situazione? C’è modo di farlo ragionare e ripensarci? Tutte le altre attività scolastiche devono andare avanti, non esiste solo disporre le Dad. Come facciamo a mandare avanti la scuola? Le comunicazioni di positività di alunni e personale si incrementano di ora in ora. Oltre i contatti stretti che non verranno in classe. Ho in bilico addirittura la quarantena di tutta la segreteria. Questo non è rispettare la natura e il compito della scuola. L’istruzione non è una misura di supporto alla necessità lavorativa dei genitori che non sanno dove parcheggiare i figli. Noi da docenti, e ora da ds, lo abbiamo sempre sospettato, e adesso arriva anche l’imprimatur del governo che apre i baby parking alla faccia della sicurezza sbandierata. Abbiamo fatto tanto per la scuola in presenza, dentro l’istituto siamo responsabili e consapevoli, ma non possiamo farci carico di una tragedia annunciata. Non dite che non vi avevamo avvisato”.

Già, ma se non abbiamo i due metri di distanza per la mensa, “forse dovremmo far uscire gli alunni prima di pranzo?”.

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