Serena Candiani, la giardiniera di Central Park: “Qui ognuno può trovare il suo piccolo angolo di verde”

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C’è un fiore che non può mai mancare a Central Park, il geranio. Ce ne sono di selvatici nelle aree più interne e altri che vengono piantati ogni anno in primavera per tappezzare di colori i 340 ettari di questo bosco orizzontale nel cuore di New York. Il geranio è la pianta più amata da Serena Candiani, milanese trapiantata nella grande Mela che da circa tre anni coordina gli oltre quattrocento volontari che fanno la manutenzione del verde. Perché il terreno del parco è di proprietà della città ma la cura dell’area, comprese le opere edilizie e i servizi, è affidata per intero da quasi quarant’anni all’organizzazione no profit Central Park Conservancy. “Questo fiore mi ricorda la Grecia e Mykonos, un’isola dove ho vissuto per diciassette anni prima di trasferirmi negli Stati Uniti”.

In occasione dell’8 marzo Serena rivelerà i dietro le quinte del parco più filmato del mondo durante la conferenza digitale “Creatrici per natura” organizzata dalla Fondazione Radicepura. Ma la si può incontrare quasi ogni mattina per strade e sentieri del parco. Un rito quotidiano per selezionare le zone dove è necessario un intervento e il numero di persone da dedicare all’attività. Central Park è sempre aperto e, in media, costa circa un milione e mezzo di dollari a settimana che sono raccolti attraverso donazioni di privati, aziende e semplici cittadini.

L’iniziativa

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Tutta l’area è divisa in 49 zone di manutenzione. “Ai volontari, soprattutto quelli alle prime armi, sono richiesti lavori stagionali più semplici come la rimozione delle foglie che cadono in autunno dai quasi ventimila alberi e che vengono poi compostate per produrre terriccio mentre nella stagioni più calde si concentrano sulle sradicamento delle piante infestanti che arrivano dall’Europa e dall’Asia”.

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Uno degli ossi più duri tra le invasive di Central Park è il poligono del Giappone, una specie utilizzata in passato per stabilizzare alcuni versanti ma che oggi ha colonizzato in modo preoccupante i prati. Ma ai volontari più esperti può essere chiesto anche di affiancare i giardinieri della Conservancy. “In questo periodo, per esempio iniziano le piantumazioni di annuali come le lantane o i Carex che garantiscono un coreografia multicromatica tale che ogni cittadino di New York, e i suoi visitatori, abbia il suo piccolo giardino privato all’interno del parco” continua Serena. “Si tratta di forme e colori che durano solo dalla primavera a settembre, poi vengono sostituiti con i crisantemi che fioriscono in inverno”.

Quest’anno, a causa della pandemia, ci saranno un po’ meno piante nuove. “Abbiamo registrato un calo delle donazioni ma il parco è stato utilizzato dai cittadini dieci volte di più rispetto al passato perché assicura una boccata d’ossigeno dall’isolamento sociale e dal cemento”. Più impegno e meno risorse. Solo nel 2019 ci sono state 50 mila ore di lavoro gratuito tra i volontari della Conservancy e i cosiddetti gruppi aziendali che dedicano un giorno all’anno alla cura del parco. “I prossimi progetti  – aggiunge Serena – saranno orientati ad avvicinare soprattutto gli adolescenti, le famiglie oltre che le scuole, cioè a quel genere di persone che magari hanno scoperto di recente il valore della natura e di questo parco pubblico”.   

Lo studio

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Central Park è un ecosistema indipendente con 483 specie di piante di cui la metà endemiche e 210 di uccelli tra migratori e stanziali. “Anche se bisogna sempre ricordarsi che questa area pubblica è stata costruita da zero a metà Ottocento importando, se così possiamo dire, svariate tonnellate di terra dal vicino stato del New Jersey”, spiega la Volunteer Coordinator. “Ci sono alcuni alberi che erano preesistenti alla realizzazione del parco ma a parte questo anche le cascate sono artificiali, le regoliamo noi con un rubinetto”.

E dire che Serena è arrivata nel tempio dei parchi pubblici partendo come autodidatta: ha imparato a destreggiarsi nelle arti del giardinaggio nell’orto della sua casa in campagna a Somma Lombardo, in provincia di Varese. Laurea in lettere, qualche anno da insegnante poi la carriera svolta nell’ambito delle pubbliche relazioni. “A un certo punto mi sono stufata e ho fatto il classico salto nel buio trasferendomi sull’isola di Mykonos in Grecia dove a quell’epoca mancava un giardiniere professionale. Ho iniziato così a lavorare nelle ville private, alla fine avevamo diciassette dipendenti. Poi, per amore mi sono spostata a New York dove ho iniziato a lavorare, come volontario, alla Central Park Conservancy”.

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Intervengono: Ilaria Borletti Buitoni, vice presidente Fondo Ambiente Italiano (FAI), Serena Candiani, Central Park Conservancy; Francesca Colombo, direttore generale culturale Biblioteca degli Alberi Milano; Sarah Eberle, membro onorario della Royal Horticultural Society e madrina Radicepura Garden Festival; Laura Gatti, docente all’Università degli Studi di Milano; Luisa Mainardi, curatore di Villa Tasca a Palermo; Ilaria Tabarani, paesaggista e vincitrice II edizione Radicepura Garden Festival. Modera Emanuela Rosa-Clot, direttore di Gardenia.

8 MARZO

Clima, donne in prima linea

Per informazioni: 095 964154 – [email protected]
Per partecipare è necessario registrarsi al sito Fondazioneradicepura.com
Link diretto alla registrazione

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