Serena Williams, la grande prima notte degli Us Open: una vittoria apre l’ultimo torneo

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New York – Il cantante afroamericano di strada vestito in tuxedo bianco, mentre la gente lascia Flushing Meadows per avviarsi ai treni, intona “What a wonderful world” con la base musicale registrata. Per un’altra notte è ancora un mondo meraviglioso quello degli Us Open: a quasi 41 anni Serena Williams vince la prima partita del suo ultimo torneo, supera Danka Kovinic, numero 80 del ranking, con un doppio 6-3, e diventa la quarta giocatrice di sempre, nell’era degli Open, ad aver vinto almeno una partita da minorenne, nella decade dei venti, trenta e quaranta. Prima di lei c’erano riuscite solo la sorella Venus, Martina Navratilova e la giapponese Kimiko Date.

Serena vince la sua partita inaugurale degli Open per la ventunesima volta su ventuno tentativi, anche questo un record, lo fa giocando un tennis ancora brillante in attacco e attento in difesa, a tratti inesorabile, con il servizio potente che l’ha accompagnata per tutta la carriera, nove aces, 43 servizi validi di prima su 66, in un’ora e trentanove minuti di gioco. Vince in una serata da grande evento, con un clima da stadio, l’Arthur Ashe strapieno nonostante biglietti da cinquecento dollari minimo, capace di trasmettere l’energia per spingere la campionessa all’ennesima vittoria. Black is ancora the colour del tennis grazie a questa leggenda dello sport vincitrice di ventitré tornei del Grande Slam, amata da tutti come mai nessun’altra.

Tra il pubblico c’erano l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, l’attore Hugh Jackman, il regista Spike Lee, il pugile Mike Tyson e il sindaco di New York Eric Adams. In tribuna i cartelli con scritto “Benvenuti al Serena Show” e “Serena, ti amiamo”. Un messaggio che, nel caso Serena non l’avesse capito prima del match, o durante la partita segnata dal boato a ogni suo punto vincente, le è stato ribadito alla fine dell’incontro, quando l’avversaria aveva già salutato per rientrare negli spogliatoi. Serena, con addosso il completino nero di tulle e strass inzuppato di sudore, non si aspettava quello che l’organizzazione degli Us Open le aveva preparato: una post celebrazione, con il saluto di Billie Jean King, che ha ringraziato Williams per il suo “tennis straordinario” e per “aver rappresentato un modello di inclusione”, come “leader” per le donne afroamericane. “Hai giocato sempre senza paura – ha aggiunto – e hai sognato in grande, e sai una cosa? Sei solo all’inizio”.

Sul maxischermo hanno proiettato un video con la voce narrante di Oprah Winfrey che ha ripercorso tutta la sua carriera. “Grazie per averci mostrato – è stato il messaggio – cosa significa tornare senza mai fare un passo indietro”. Il pubblico ha composto una coreografia con la grande scritta in bianco, rosso e blu, “We Love Serena”, con la parola ‘love’ rappresentata da un cuore rosso. Qualcuno dalla tribuna le ha urlato di non smettere. Lei, commossa e un po’ stordita, ha spiegato la decisione di chiudere: “Amo questo sport, è stata una scelta difficile, ma a un certo punto pensi anche che c’è la famiglia”. A poca distanza, il marito Alexis Ohanian e la figlia di cinque anni, Alexis Olympia, vestita come la madre, e desiderosa di una sorellina. “Diciamo – ha aggiunto la campionessa – che è più dura smettere che continuare, per questo è una decisione che fa al caso mio. Ora comincia la Serena due punto zero”.

Prima c’è un’altra partita da giocare, forse l’ultima davvero. Il sogno sarebbe chiudere come Pete Sampras, che nel 2002 si ritirò vincendo gli Us Open, ma l’obiettivo sembra difficile. Tra Serena e l’addio al tennis ci sarà domani, mercoledì, un’avversaria molto forte: Anett Kontaveit, numero due del ranking mondiale, estone, nata nel dicembre ’95, due mesi dopo l’esordio tra i professionisti di una ragazzina afroamericana di 14 anni che voleva diventare la più grande di tutti in uno sport dominato dai bianchi. Diciamo che Serena è stata di parola.

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