“Siamo rovinati”, il lockdown piega l’Olanda ribelle

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NIJMEGEN (PAESI BASSI) – È rimasto aperto soltanto un negozietto che vende patatine fritte, un bene evidentemente considerato “essenziale” dagli esperti del ministero della Sanità olandese che due giorni fa hanno convinto il premier Mark Rutte a imporre un nuovo, durissimo confinamento.

Nell’ultima domenica prima di Natale, a Nijmegen sono tutti sconsolatamente chiusi gli altri esercizi, bar e ristoranti della Stikke Hezelstraat, la più antica strada commerciale d’Olanda. “Sono devastato da questi provvedimenti sanitari, tanto più che in nessun altro Paese d’Europa c’è un regime rigido come da noi”, dice Peter Bos, 43 anni, proprietario di una boutique di abbigliamento per donna nel centro di questa città celebre per la sua università, per la splendida cattedrale di Santo Stefano e per il virtuoso comportamento dei suoi abitanti che negli ultimi anni l’ha resa più volte “capitale verde” d’Europa. “Capisco che sia urgente fare qualcosa, ma poi dovrà essere altrettanto importante che il governo compia un grande gesto finanziario nei nostri confronti rimborsandoci i guadagni perduti, altrimenti saremo in molti a non riaprire i battenti”.

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È alle sette di sabato sera che al termine di una riunione con i suoi ministri, scuro in volto, Rutte è stato costretto ad annunciare le drastiche misure anti-Covid entrate in vigore ieri e che rimarranno tali al meno fino al 14 gennaio. Fino a quel momento, il piccolo centro di Nijmegen era invaso da una folla di persone alla spasmodica ricerca dei regali natalizi, tutti con la mascherina dentro i negozi, per poi strapparsela dal viso una volta usciti all’aria aperta nonostante il fitto assembramento. Il che non stupisce in un Paese dove, lo scorso novembre, dopo l’annuncio di varie misure restrittive, quali l’abolizione dei fuochi d’artificio la notte di San Silvestro, gridando “libertà” centinaia di persone avevano dato fuoco alle auto parcheggiate in una piazza di Rotterdam e aggredito la polizia, costringendo gli agenti a sparare.

Fatto sta che sabato scorso erano già tutti consapevoli della scure che con il nuovo lockdown stava per abbattersi sull’intera Olanda. Infatti, le cifre dell’ultima settimana avevano preparato al peggio un Paese che sta dimostrandosi uno dei ventri molli dell’Europa aggredita dalla variante Omicron. Basti dire che nell’ultima settimana, con l’85% degli olandesi vaccinati, ma solo il 9% con la terza dose, sono stati registrati in media oltre 15mila casi e 53 morti al giorno. Tanti per una popolazione che conta 17,44 milioni di abitanti.

Nel tentativo di arginare la quinta ondata, il governo dell’Aia ha dunque deciso di intervenire tempestivamente e in modo energico: tutti i negozi non “essenziali”, oltre a ristoranti, bar, musei, cinema, sale di concerto e teatri non riapriranno fino a metà gennaio, mentre le scuole, che avevano già anticipato la chiusura di una settimana prima delle vacanze di Natale, rimarranno chiuse fino al 9 gennaio. Inoltre, salvo per il giorno di Natale, il numero di invitati nelle case, compresi i parenti, sarà ridotto da quattro a due persone. “Funerali e matrimoni potranno essere celebrati solo se si rispettano alcune regole”, ha anche detto Rutte.

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Intanto, il numero dei contagi continua a superare i picchi registrati nel corso delle precedenti ondate e gli ospedali sono costretti a rimandare le operazioni non urgenti per accogliere i sempre più numerosi malati di Covid. “Siamo sotto pressione e non sappiamo dove mettere i nuovo pazienti perché non abbiamo più letti disponibili”, dice Jan Hendricks, medico del Radboud Medical Center, il principale ospedale della città. “C’è ancora molta incertezza sulla pericolosità di Omicron, ma gli scenari più nefasti fanno davvero paura. Per questo, sia pure con un certo ritardo, è stata lanciata una campagna per spingere tutti gli olandesi a vaccinarsi”.

Ma i più arrabbiati sono i commercianti. Secondo Jan Meerman, direttore di INretail, l’associazione di categoria che li rappresenta, chiedono un risarcimento del 100% dell’ammanco di guadagni provocato dal lockdown. “Nelle ultime ore mi hanno chiamato decine di negozianti e sono disperati perché al momento il governo impedisce anche lo shopping su appuntamento, che era uno stratagemma già adoperato durante gli altri periodi di confinamento. La maggior parte è preoccupata per gli ordini natalizi che rimarranno invenduti e per le scorte che non potranno essere smaltite”.

Quanto alle palestre, vorrebbero riaprire facendosi riconoscere anche loro come “attività essenziali”. Ma c’è grande frustrazione anche tra i ristoratori, che stanno cercando di mantenere il personale a bordo nonostante la chiusura, e tra i

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parrucchieri che chiedono un generoso sussidio.

Dice Lucas de Jong, 32 anni, gestore di un pub davanti al Valkhof, il piccolo parco della città che ospita un’elegante cappella di epoca carolingia: “È un colpo durissimo per noi, perché se durante l’anno lavoriamo soprattutto il fine settimana, sotto le feste facciamo il pienone tutti i giorni. Stavolta, invece, non vedremo un solo cliente. Temo soprattutto che il governo non dica tutta la verità. E cioè che resteremo confinati ben oltre la data stabilita. Il che sarebbe la giusta punizione per uno come Rutte che a lungo ha sottovalutato le conseguenze della pandemia. Ma se così fosse per il nostro Paese sarebbe un vero disastro”.

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