Sonia Peronaci: “Nel mondo del cibo ancora tanto maschilismo, ma cambieremo le cose”

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Una donna, una Signora, che in un altro tempo e in un mondo migliaia di anni distante dal nostro è stata protagonista di una storia entusiasmante e di un’ascesa al potere che ricordiamo ancora oggi. Livia Drusilla, terza moglie di Cesare Augusto, è tornata dall’Antica Roma ai giorni nostri approdando sugli schermi con una serie dedicata alla sua vita, in un momento in cui raccontare storie al femminile assume una determinante importanza. Una vicenda anomala per quei tempi, la sua, e forse anche nei nostri, a cui si è ispirata Sky per istituire un Award dedicato alle donne. DOMINA vuole, ispirandosi a una donna che travolse i canoni di una società patriarcale, celebrare le imprese delle donne di oggi, impegnate a scontrarsi con un altro tipo di patriarcato, ma con un mondo egualmente incardinato, impostato, rigido a modo suo. Tra le premiate Sonia Peronaci, “cuoca, scrittrice, conduttrice televisiva e blogger italiana”, si legge nella motivazione, premiata anche per aver aperto per prima la strada al food blogging. Per aver, insomma, scavalcato un limite e aver creato lì dove c’era un muro un’opportunità. 

Sonia Peronaci e il premio Domina (foto courtesy: Sky)   Oggi, madre di tre figlie e imprenditrice con una notevole esperienza alle spalle, si ritrova “spesso a dare consigli a chi inizia” e ha uno sguardo lucido e oggettivo sulla problematica femminile oggi. Espresso senza eccessi e con pragmaticità. 

Innanzitutto complimenti per il premio. La sua motivazione è al centro di tutti i più sentiti dibattiti contemporanei. Su cosa si deve basare oggi la forza delle donne? 
“Sono molto onorata di questo premio, mi sono ritrovata profondamente nelle parole della motivazione, per un semplice motivo: empowerment femminile nel mio pensiero è il risultato di un duro lavoro quotidiano. Almeno per me, che ho insegnato alle mie figlie sempre a lavorare duro, anche con dei no che hanno avuto dei costi, aprendo loro soprattutto gli occhi sul mondo che avevano attorno. Non ho avuto mai grandi colpi di fortuna, ho lavorato con tenacia, giorno dopo giorno, per ottenere quello che ho oggi. Mi sono scontrata con molte difficoltà e ho provato a essere un esempio per le mie ragazze. Loro oggi mi riconoscono di essere una tosta, io vedo in loro delle giovani donne con la testa sulle spalle ed è un grande orgoglio. Forse da me si aspettavano da me una madre più tenera, ma ho provato a metterle davanti a una realtà il più vera possibile, non edulcorata dalle mura domestiche. Loro troveranno tantissime difficoltà nel mondo del lavoro in quanto donne e quella è la strada per prepararle ad affrontarlo”. 

Il suo lavoro ha creato uno spartiacque nel modo di comunicare il cibo e anche l’imprenditoria femminile di questo settore. Quanti intoppi, quali difficoltà, lungo il percorso? 
Molti, fin da subito, fin dagli albori di Giallo Zafferano (blog di cucina di cui è stata tra i fondatori, ndr), anche perché ho avuto a che fare da subito con moltissimi uomini, e il leit motiv era quasi sempre quello: la loro opinione contava più di quella della donna e si potevano avere idee anche geniali, ma venivano cestinate perché non provenivano dalla compagine maschile. Gli stessi uomini che bocciavano un’idea, salvo poi appropriarsene magari un anno dopo, in un’altra riunione, come se fosse stata loro. Cose del genere sono successe spessissimo: dava e dà fastidio che una donna sia più creativa, più innotiva rispetto a un uomo che ha magari una posizione di comando”. 

Dinamiche ancora presenti oggi nel mondo food? 
“Costantemente. Possiamo vederlo nel nostro settore ogni giorno: gli uomini, gli chef e non solo, vengono presi in considerazione molto di più delle controparti femminili, è un settore ancora un po’ così, con queste dinamiche, anche se adesso fortunatamente si stanno aprendo nuove strade, nuove possibilità. Anche grazie alla grande informazione che si fa sul tema, al tanto parlarne. Ci vorranno molti anni probabilmente per il raggiungimento di una condizione ottimale, è scandaloso pensare che nel 2021, dall’altra parte del mondo, ci siano donne che nella loro vita quotidiana non contino assolutamente niente, colmare questo gap non sarà facile. Ma si sta iniziando, da qualche parte si doveva pur partire, e sono ottimista. 

“Ho fatto una lunga gavetta, commesso degli errori e superato molti ostacoli. Oggi è una soddisfazione, nel mio piccolo, poter condividere l’esperienza con chi chiede un consiglio”  
Ci sono grandi polemiche sui “premi al femminile”, anche nel mondo enogastronomico. Cosa ne pensa?
“Secondo me è giusto dare più importanza alle donne in questo momento, proprio perché il mondo culinario è eccessivamente focalizzato sulla sua metà maschile e questa parità che si avrebbe cancellando certi riconoscimenti, nel mondo reale di fatto non esiste. Bisogna esaltare la donna perché possa un domani avere le stesse opportunità”. 

Quanto è profonda, questa discriminazione e fin dove arriva nei suoi risvolti pratici?
“Lontano. Basti pensare che ho scoperto che in alcuni Paesi ci sono aziende che non assumono donne in cucina perché, in parte inconsapevolmente, plagiati e plasmati da quest’idea mediatica che le maggiori responsabilità e capacità ai fornelli riguardino l’uomo. L’uomo nel settore enogastronomico, forse più che in altri, la fa ancora da padrone. Una dicotomia che a livello lavorativo incide moltissimo, che continuerà finché gli uomini verranno messi in vetrina in percentuale maggiore, lasciando che vengano percepiti come simboli di forza e di carattere in cucina e nel lavoro, a discapito delle colleghe donne”. 

Se dovesse scegliere una collega, una donna dell’enogastronomia che per lei è un esempio, chi sceglierebbe? 
“Ammiro molte donne, ma un esempio per me assoluto è Viviana Varese, che ho avuto modo di conoscere anche personalmente. Oltre a essere notevolmente talentuosa è una donna pratica, che parla poco e fa molto. Anche lei, come ogni donna, ha trovato degli intoppi in questo mestiere ma è riuscita ad arrivare lontano, oggi ha una brigata con un’altissima presenza femminile. È pragmatica, come piace a me, e umile. Ecco, l’umiltà trovo che sia una caratteristica comune delle donne che lavorano in cucina. É un loro tratto distintivo, dato secondo me anche dalla consapevolezza delle difficoltà che hanno dovuto affrontare e di quanto valgono, proprio per questo, gli obiettivi che hanno raggiunto”. 

Umiltà, voglia di fare, pragmaticità caratterizzano le donne lavorative. Ma nelle cronache, e sui social, contro di loro leggiamo sempre di tanta violenza. Dov’è il bug, secondo lei? 
“Nell’educazione. I ragazzi sono delle spugne, assorbono gli esempi che gli vengono dati e osservando come si comporta un genitore, si può facilmente capire dove arriverà un figlio nelle sue azioni, nella maggior parte delle volte. Bisogna insegnarli a discernere il buono dal cattivo, la realtà, a sciogliersi dall’ossessione moderna di apparire, invece che di essere. Basti pensare a uno degli ultimi fatti di cronaca, dove un padre famoso nelle sue esternazioni non solo secondo me non si è reso conto di quello che ha detto, ma ha reso anche molto chiaro l’iter educativo che deve aver vissuto il ragazzo. Oggi purtroppo c’è sempre meno voglia di impegnarsi e mettersi in gioco nell’educazione”. 

“L’umiltà trovo che sia una caratteristica comune delle donne che lavorano in cucina. É un loro tratto distintivo, dato secondo me anche dalla consapevolezza delle difficoltà che hanno dovuto affrontare e di quanto valgono”. (foto: Matteo Carassale) 

Se oggi dovesse insegnare a un figlio maschio, a un ragazzo, a capire il mondo femminile, a rapportarsi con l’altra parte del mondo, cosa gli direbbe?
“Di coltivare sentimenti come la sensibilità, la tenerezza, il rispetto. Gli insegnerei a non vergogarsi di essere emozionati e sensibili. Non si è uomini picchiando e vessando le donne, il carattere va cacciato in altre situazioni, non con la prevaricazione”. 

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