Sottosegretari, il leghista Molteni all’Interno spodesta il Pd: malumori e proteste fra i dem

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ROMA – Le proteste dem sui social sono cominciate subito dopo avere letto l’elenco dei sottosegretari. Contestazioni che approdano anche nella direzione del partito di oggi, convocata per discutere di donne e di parità di genere. Però centrale diventa la questione dell’immigrazione e dei diritti. Come è stato possibile che il Pd abbia “spresidiato” il Viminale, senza neppure un sottosegretario là dove si decide dei dossier su immigrati, sicurezza e accoglienza e dove ci sono regolamenti da ultimare sulle regolarizzazioni dei lavoratori stranieri? Come è stato possibile che il leghista Molteni, tornato all’Interno come sottosegretario dopo essere stato braccio destro di Salvini, rivendichi la bontà dei decreti sicurezza che proprio il Pd con l’ex vice ministro Matteo Mauri aveva archiviato? 

La squadra al completo

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Gianni Cuperlo su Facebook denuncia: “La Lega dei decreti sicurezza torna al Viminale. Il Pd che quei decreti sicurezza ha contribuito a cambiare, esce dal Viminale”. Aggiunge che è una amara considerazione. Esorta: “Rimbocchiamoci le maniche perché la sinistra vive soprattutto nella coscienza di chi crede che i principi non seguono l’andamento delle stagioni”. Conclude, Cuperlo: “Forse è tempo di parlare meno e di fare di più”. 

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Sulle barricate per avere abbandonato ai leghisti il campo, è Monica Cirinnà, la responsabile dei diritti del Pd, che attacca: “Il ritorno di  Molteni al Viminale ovviamente non mi entusiasma. Anzi, direi che mi preoccupa, per l’impatto che questa nomina rischia di avere sui dossier che per me restano fondamentali: dalla gestione dell’immigrazione dell’accoglienza a scelte che ritengo strategiche come la riforma della cittadinanza, senza dimenticare la tutela anagrafica delle famiglie omogenitoriali e, più in generale, della stessa gestione della sicurezza pubblica in vista di un periodo che non sarà semplice dal punto di vista della tenuta sociale”. 

Ma strettamente legato alle questioni concrete è per Cirinnà il versante dell’identità del Pd: “Più ancora mi preoccupa però, l’assenza del Pd da questo nodo strategico, così come dal ministero della Giustizia. È stata fatta una scelta forse privilegiando un aspetto della nostra identità e azione politica – lavoro e giustizia sociale, economia e Europa – rispetto ad altri”. Però invita a riflettere  perché “non possiamo e non dobbiamo dimenticare che l’identità del Pd si fonda anche sulla promozione dei diritti, dell’uguaglianza, dell’inclusione e che sono questi i temi su cui la nostra base si appassiona ed è pronta a lottare”. Se al governo è andata così – scandisce – “mi auguro che non manchi il sostegno del partito alla nostra azione parlamentare”. Dove annuncia battaglia. 

Le dichiarazioni del leghista Molteni appena insediato (“Rivendico i decreti sicurezza, all’80% sono ancora in vigore”), sono benzina sul fuoco dem. C’è voluto oltre un anno di governo giallo-rosso prima che si riuscisse a cambiare i decreti Salvini. Il vice ministro del Pd, Mauri ne ha ripercorso le tappe in un post di saluto ai collaboratori su Facebook. Misurato. Senza impennate polemiche, però scrive: “Ho qualche perplessità sul fatto che all’Interno non sia stato indicato nemmeno un esponente del Pd, a prescindere da me, visto il ritorno in grande spolvero della Lega…”. Rincara nel merito: “Decreto immigrazione e regolarizzazione dei migranti sono due cose che dovremo tenere sempre alte nella nostra bandiera”. 

Non sono esempi scelti a caso. A una estensione delle regolarizzazioni dei lavoratori stranieri in nero stava infatti lavorando Mauri da vice ministro. Il timore del Pd è che ora ci possa essere una battuta d’arresto o una marcia indietro. E se i decreti Salvini – rivendicati con orgoglio da Molteni, – sono stati ormai modificati sostanzialmente e non esistono più nella vecchia formulazione, ci sono sempre regolamenti e aggiornamenti in cantiere in  fatto di migranti. Perciò la tensione nel Pd è altissima. 

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