Spid, oltre 32 milioni di italiani “connessi”. Ma c’è il rischio spegnimento

Pubblicità
Pubblicità

Gli italiani si sono rapidamente dotati di un sistema di identità digitale. Alla fine di settembre ben 32,2 milioni di cittadini erano in possesso dello Spid, un numero in aumento del 30% rispetto a dodici mesi prima, e 31,3 milioni avevano una carta di identità elettronica (+29%). Sono queste le principali evidenze che emergono dall’osservatorio Digital identity della School of Management del Politecnico di Milano, che rileva come gli obiettivi stabiliti dal Pnrr per il 2024 in questo campo siano già stati raggiunti con due anni di anticipo.

Il sistema pubblico di identità digitale (Spid) è oggi nelle mani del 63% della popolazione maggiorenne e la sua adozione è in costante crescita. La distribuzione non è però omogenea né per fasce d’età né per area geografica. Quasi tutti i ragazzi della fascia 18-24 anni possiedono lo Spid, mentre solo un over 75 su quattro ne ha fatto richiesta. A livello regionale le differenze vanno dal 74% di adozione nel Lazio al 52% del Molise. Fra le regioni più “digitali” ci sono Lombardia (70%) ed Emilia-Romagna, Campania e Piemonte (62%), mentre fra quelle con la minore diffusione dello Spid troviamo anche Calabria (54%) e Marche (53%).

A livello europeo, i sistemi di identità digitale, che negli scorsi anni stavano attraversando una fase di rapido sviluppo, hanno continuato il percorso di consolidamento e diffusione tra utenti e aziende, anche se il ritmo di crescita sta progressivamente rallentando. Analizzando i sistemi digitali non basati su smart card, si passa dal 95% della popolazione raggiunto in Olanda con il sistema DigiD, seguito dal 79% in Norvegia e il 78% in Svezia con BankID, fino al 9% raggiunto in Repubblica Ceca con MojeID. L’Italia, con Spid (54% del totale della popolazione), raggiunge buoni risultati di diffusione, con tassi di crescita paragonabili a quelli del sistema francese FranceConnect (59%) e del belga itsme (56%).

“L’ecosistema di riferimento della digital identity, a livello mondiale, sta attraversando una forte evoluzione verso sistemi di identità digitale sempre più interoperabili e transnazionali – spiega Giorgia Dragoni, direttore dell’osservatorio Digital identity – Nella direzione di un wallet digitale si stanno muovendo sia soggetti tradizionali, sia le big tech. Queste ultime iniziano a scorgere maggiori opportunità di business nell’identità sicura e certificata, si propongono come partner tecnologici degli enti istituzionali nei vari Paesi, mettendo a disposizione competenze su interoperabilità e fruibilità dei loro applicativi, oltre al vastissimo bacino di utenti che attualmente già utilizza le soluzioni da loro erogate”.

Si tratta di sviluppi favoriti anche dalle normative europee. A giugno 2021, la bozza di revisione del regolamento eIDAS ha delineato la creazione di un European Digital Identity (Eudi) Wallet. “La Commissione europea sembra voler spingere l’allargamento dell’arena competitiva, introducendo un nuovo ruolo, quello di wallet provider, che potrebbe potenzialmente essere ricoperto tanto da attori tradizionali quanto da nuovi soggetti – si legge nello studio dell’ateneo milanese – Per sperimentare questo nuovo paradigma sono state incentivate iniziative di collaborazione tra i diversi Paesi per lo sviluppo di wallet, utilizzabili in diversi casi d’uso in ambito pubblico e privato”. Nella prospettiva della transnazionalità, a febbraio 2022 è stato lanciato un bando da 37 milioni di euro per lo sviluppo di progetti pilota.

“Siamo davanti a un bivio che potrebbe portare ad una rivoluzione del settore – conclude il direttore dell’osservatorio Digital identity – Se il wallet sarà considerato solo come un nuovo contenitore per identità digitali e credenziali esistenti, senza modificare la configurazione attuale del mercato e dell’offerta all’utente, sarà semplicemente un ritocco di quanto siamo già abituati a utilizzare. Se invece davvero si riuscirà a raggiungere l’interoperabilità, abilitando sinergie tra servizi digitali in Stati diversi, allora si assisterà davvero alla rivoluzione dell’identità digitale”.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source