Stato-mafia, verdetto ribaltato. In appello assolti l’ex senatore Dell’Utri e gli ex ufficiali Mori, De Donno e Subranni. Condannato il boss Bagarella

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La Corte d’assise d’appello di Palermo demolisce la sentenza di primo grado del processo “Trattativa Stato-mafia”. Arriva l’assoluzione per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, per gli ex generali del Ros Mario Mori e Antonio Subranni, in primo grado erano stati condannati a 12 anni. Assoluzione anche per l’ex colonnello Giuseppe De Donno, che aveva avuto 8 anni. Tutti erano imputati del reato di minaccia a un corpo politico, minaccia lanciata dai mafiosi con le bombe. La corte ha confermato invece la condanna per i boss Leoluca Bagarella, riducendola da 28 a 27 anni di carcere, e Antonio Cinà, 8 anni. Segno che la minaccia mafiosa ci fu, con le bombe del 1992 e del 1993, ma gli uomini delle istituzioni imputati non la trasmisero ai vertici governativi. E nessuno, nel palazzo del governo, raccolse il ricatto. L’accusa per Bagarella è stata riqualificata in tentata minaccia al governo Berlusconi.

Questa la decisione del collegio presieduto da Angelo Pellino (a latere Vittorio Anania) tre anni e mezzo dopo la sentenza di primo grado, che era stata emessa dalla corte d’assise presieduta da Alfredo Montalto, il 28 aprile 2018. Una decisione che respinge le richieste dei sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, che avevano sostenuto l’accusa in secondo grado.

Nel corso del dibattimento era stata già dichiarata prescritta la condanna di Massimo Ciancimino, il supertestimone del processo, che in primo grado aveva avuto 8 anni per aver calunniato l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. La sentenza conferma la prescrizione per il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca.

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