Stefano Mancuso: “La politica non considera il costo sociale della crisi climatica”

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In poche ore la petizione online ha raggiunto oltre 7mila firme e ieri in serata il conto saliva rapidamente. Sotto i nomi degli scienziati Carlo Barbante, Carlo Carraro, Antonio Navarra, Antonello Pasini, Antonio Navarra e Riccardo Valentini e di molti altri esponenti autorevoli della ricerca sul clima, si sono aggiunti semplici cittadini e personalità.
Tra coloro che condividono le richieste della lettera c’è l’accademico e divulgatore Stefano Mancuso.

L’appello

Lettera aperta degli scienziati del clima alla politica italiana

Professore, gli scienziati alzano la voce perché la politica non ascolta?
«Succede da almeno 50 anni, è un dato di fatto che accompagna tutta la storia della lotta al riscaldamento globale. Il problema è che ormai c’è un doppio binario: la politica ne parla molto, ma poi fa pochissimo».

E quando ne parla, come lo fa agli occhi di uno scienziato?
«In maniera vuota. Il dato incontrovertibile è che dobbiamo ridurre le emissioni per arginare il riscaldamento globale. Facciamo un paragone con la pandemia di Covid: la politica sapeva che doveva ridurre i contagi e i morti e prendeva decisioni in conseguenza dei numeri giornalieri. Qui abbiamo più valori che dobbiamo far scendere, come i gradi di temperatura e le emissioni, ma di fronte a numeri in continuo aumento non vengono prese misure di contrasto».

Nell’appello gli scienziati sottolineano come, benché il problema sia globale, in Italia subiremo conseguenze maggiori dalla crisi climatica.
«Fanno benissimo a ribadire che il nostro Paese, al centro del Mediterraneo, è un hotspot nel quale le conseguenze del riscaldamento globale si moltiplicano. Il problema è appunto globale, ma la politica nazionale può fare molto per indicare la via da seguire, invece si limita a usare il tema dell’ambiente in maniera vuota senza esplicitare i progetti e le misure per la mitigazione dei rischi».

L’intervista

Giorgio Parisi: “Perché è necessario che la lotta alla crisi climatica entri nell’agenda politica”

Un altro aspetto rimarcato nell’appello riguarda i costi sociali che derivano dalla crisi climatica.
«Questo è un punto che mi sta particolarmente a cuore, perché quando le ondate di caldo aumentano, come stiamo sentendo e come vedremo sempre più, sono i poveri, i fragili e i deboli a soffrire di più e a morire. Il dato non è ancora certo, ma sento da diverse città italiane che, come accadde nell’estate calda del 2003, la mortalità nello scorso luglio è aumentata moltissimo. La questione sociale e della giustizia sociale connessa al riscaldamento globale è ampiamente taciuta da tutti i leader mondiali, l’unico che ne parla è Papa Francesco».

Possibile che la politica sia così sorda a questioni tanto vitali?
«Noto una differenza tra la politica nazionale e quella locale. Tra i sindaci e tra gli amministratori dei comuni l’argomento è fondamentale, perché sono testimoni di quanto sta già accadendo nei loro territori. Vedono i campi devastati dalla siccità, il dissesto idrogeologico,i ghiacciai che si sciolgono e sono preoccupati, a qualsiasi schieramento politico appartengano. Nel loro piccolo molti rivedono la mobilità, poiché i trasporti sono tra le principali fonti di emissioni, chiedono pareri agli esperti per elaborare soluzioni mirate nelle loro città. La politica nazionale, invece, vede il problema da lontano, lo giudica ininfluente e si limita così a citare in maniera frenetica la parola ambiente. ».
 

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