Las Vegas – I governi, a partire da quello italiano, devono capire che hanno un interesse diretto a sostenere le dimensioni del mercato dell’automobile, perché altrimenti i loro paesi ne soffriranno le conseguenze in termini di occupazione e crescita economica. L’ideale sarebbe se potessero aiutare il settore, con sussidi che vadano direttamente nelle tasche dei consumatori. Se però i bilanci non lo consentono, sarebbe quanto meno indispensabile che non rendessero difficili le attività con regole e limitazioni che riducono il mercato, perché ciò costringerebbe le compagnie a tagliare gli investimenti, rallentare la transizione ecologica e, probabilmente, perdere posti di lavoro. Se offriranno questi aiuti, sarà poi compito e responsabilità delle aziende contenere i costi in modo da mantenere i prezzi delle auto elettriche su livelli abbordabili per la classe media. Un obiettivo essenziale tanto per avere un impatto vero nella lotta contro i cambiamenti climatici, quanto per dare un futuro economico al settore. Sono le sollecitazioni venute dal ceo di Stellantis Carlos Tavares, a margine del suo intervento di ieri alla conferenza Ces di Las Vegas, dove la casa automobilistica ha presentato novità come il pickup truck Ram 1500 Revolution Battery Electric Vehicle (BEV) Concept e il Peugeot Inception Concept.
“Il caso del mercato italiano – ha spiegato Tavares – è molto interessante perché, come sapete, l’Italia ha il segmento B più grande sul mercato d’Europa. Ciò fa sì che la questione della convenienza e dell’accessibilità sia molto importante, in un momento in cui tutti stiamo cercando di ridurre i costi dell’elettrico. Rischiamo di non riuscire a presentare sul mercato veicoli elettrici ad un prezzo accessibile per la classe media e questo è esattamente quello che sto cercando di evitare”.
Secondo il ceo di Stellantis “questa situazione non è specifica dell’Italia. Vale per tutta l’Europa, e soprattutto per i paesi del sud Europa, come Francia, Spagna, Portogallo e Grecia. Vuol dire che dobbiamo accelerare la riduzione dei costi per la tecnologia dei veicoli elettrici, e proteggere l’accesso della classe media a questi veicoli tramite sussidi diretti ai consumatori”. Il problema è che “ciò ha un impatto sul bilancio e sul debito e il costo del debito è ora più alto per l’aumento dei tassi di interesse. Questa è la situazione che affrontiamo in Europa ed è più acuta in Italia”. La domanda chiave quindi diventa un’altra: “Il livello del debito in Europa è alto: come aiutare i consumatori? Noi possiamo fare il nostro lavoro per cercare di mitigare il costo, per aiutare i consumatori senza mettere la società a rischio. Dobbiamo proteggere allo stesso tempo la redditività e rendere le auto elettriche accessibili. Mi piacerebbe vedere i governi europei sostenere i consumatori finali con sussidi che vadano direttamente nelle loro tasche, sarebbe molto utile per il periodo di transizione che va da ora al 2030. Però sappiamo che i governi non sono in grado di sostenere sussidi significativi e questo è lo stallo”.
Perciò, secondo Tavares, bisogna essere pronti a prendere decisioni impopolari, perché “se si smette di lavorare sui costi, in questa industria si va da eroi a zero in tre anni”. In particolare per la transizione ecologica, che aumenta di circa il 40% i prezzi delle auto: “Non abbiamo altra scelta nell’industria automobilistica, se non quella di assorbire i costi della tecnologia”. Il rischio è perdere il grande pubblico e quindi non solo ridurre i ricavi delle aziende, ma anche l’impatto che l’adozione dei veicoli elettrici può avere sul clima del pianeta. In sostanza è un cane che si morde la coda, perché se non si riducono i costi, i prezzi diventano insostenibili per la classe media. Se il grande pubblico non compra più le auto, le compagnie sono costrette ad adeguarsi, tagliando la produzione, e quindi stabilimenti e posti di lavoro. “La scelta – spiega Tavares – la devono fare i cittadini. Se non vogliono più la mobilità attraverso le auto, ci adegueremo. Noi possiamo preservare la nostra fetta del mercato, non la dimensione del mercato. Alla dimensione devono pensarci i governi. Quando incontro i capi di stato e di governo e mi chiedono degli impianti di produzione, io rispondo sempre: dato il talento della mia squadra, ho fiducia nel fatto che possiamo difendere la nostra quota di mercato. I miei bisogni però dipendendo dalla dimensione del mercato nel suo complesso e ciò dipende dalle vostre decisioni”.
Il ceo di Stellantis ha parlato anche del crescente caos nel mondo, in particolare quello geopolitico, che ha avuto un impatto sulle decisioni relative alla strategia in Asia: “Non abbiamo necessariamente bisogno di produrre in Cina. Si possono sostenere i clienti senza avere un produttore locale. Resteremo in Cina, ma siamo consapevoli di quello che sta accadendo nella geopolitica: noi siamo una società più occidentale e non voglio che la mia compagnia sia esposta, nel caso in cui dovessero aumentare le tensioni geopolitiche”. Da qui la scelta sulla produzione locale: “In Cina una massiccia presenza di asset sarebbe una strategia rischiosa. Vogliamo essere leggeri dal punto di vista degli asset. Questo potrebbe significare una potenziale crescita minore, ma anche un potenziale di profitto maggiore”. Una delle joint venture infatti è finita, mentre “l’altra la stiamo ancora discutendo, per capire quali potrebbero essere le condizioni per continuarla. Le trattative però sono difficili”.
Stellantis ieri ha annunciato anche il lancio di Mobilsights, una business unit dedicata ai dati, che punta a collezionare le informazioni fornite dai 34 milioni di veicoli connessi alla casa automobilistica, per ispirare applicazioni e servizi innovativi capaci di migliorare la vita quotidiana degli utenti. L’amministratore delegato di Mobilsights Sanjiv Ghate ha spiegato che i dati “consentono di sviluppare un’ampia gamma di servizi e applicazioni dai vantaggi straordinari, che vanno da contratti assicurativi personalizzati in base all’uso del veicolo, all’individuazione dei pericoli della strada, alla gestione del traffico”. Il tutto però proteggendo la privacy: “Noi siamo qui per proteggere i dati, e i clienti hanno la possibilità di scegliere quali condividere e quali no. L’intera attività si basa sulla fiducia, sul nostro ruolo di custodi dei dati, e sul fatto che siamo qui per creare un mondo migliore”.
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