Storia di una leggenda: fatiche, gioie e paure di Giovanni Atzeni, il fantino dei record

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È il fantino del momento, uno dei più grandi di sempre, reduce da quattro vittorie di fila al Palio di Siena, come non succedeva dal lontano ‘800. Questa è la storia di Giovanni Atzeni, detto Tittia. Lo abbiamo seguito dietro le quinte del Palio di Asti, tra la preparazione, il lavoro meticoloso, l’adrenalina condivisa con il Borgo Don Bosco del rettore Marco Scassa, per il quale è sceso in pista. Ha lottato, ha sbaragliato la sua batteria, in finale non ha vinto (lo ha fatto il rivale Zedde per San Lazzaro), “ma il Palio è così, non sempre riesce”. Allo steccato, tra un allenamento e l’altro, racconta la sua storia: l’infanzia in Germania, dove il padre era emigrato dalla Sardegna. “Ed essere di madrelingua tedesca è il motivo della mia timidezza, con l’italiano ho sempre paura di non trovare le parole giuste”, racconta. L’arrivo a Siena a 17 anni come ragazzo di scuderia dell’allora re del Palio Luigi Bruschelli, Trecciolino, ‘con la borsa della Coop con i vestiti e zero lire in tasca’, e con il sogno di diventare uno dei grandi. Nel mondo del Palio, le corse “a pelo” ovvero senza sella, ‘un mondo magico, dove conta la corsa ma contano soprattutto i popoli che ci stanno dietro, contrade e rioni: corriamo non per noi, ma per loro”, spiega Tittia con il sua sguardo tagliente. La prima vittoria? Proprio ad Asti, nel 2003, ad appena 18 anni, per il rione Santa Caterina. Poi tante altre, 9 solo a Siena. Nel futuro? Le corse, il suo allevamento, “il sogno di aprire un maneggio”, e poi il figlio che ha 14 anni a in sella promette bene: “Giusto che anche lui abbia i suoi sogni, ma da babbo avrei paura perché è un mestiere pericoloso, se prende un’altra strada sono più contento”, scherza.

di Giulia Destefanis

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