Suez e Covid mandano in tilt il traffico merci. Mancano legno e pvc, chip spariti, allarme carta igienica

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MILANO – I vaccini non sono l’unico bene di prima necessità che manca oggi all’Europa. La pandemia ha mandato in tilt il traffico merci mondiale. Il blocco del Canale di Suez, fermato da una portacontainer da 400 metri arenata all’imboccatura sud, ha complicato la situazione. E l’elenco delle materie prime introvabili (e carissime) nel Vecchio continente è sempre più lungo: non ci sono polimeri per fare la plastica. I chip per far funzionare auto e telefonini sono più rari dei leopardi delle nevi. L’Ance, l’associazione dei costruttori edili italiani, minaccia di fermare i cantieri per carenza di pvc, acciaio e rame. Manca il legno per fare i pallet, i produttori di divani pugliesi sono a corto di materiale per le imbottiture. La carta da macero per fare tazzine per il caffè da asporto è introvabile e cara come il fuoco. E l’ultimo inquietante allarme arriva dal Sud America: non ci sono più container disponibili per la spedizione di carta igienica verso l’Europa, con il rischio che il vecchio continente debba arrangiarsi altrimenti.

IL GIALLO DEI CONTAINER

Il caos delle merci mondiali, ovviamente, è figlio diretto della pandemia. Lo spazio nelle stive degli aerei, con il taglio dei voli commerciali, è pochissimo. Le quarantene hanno bloccato per mesi le navi, costrette a lasciare container in modo casuale in giro per tutti i porti del mondo. La ripresa rapidissima della Cina ha complicato ancor di più le cose. Pechino sta facendo incetta di materie prime per le sue industrie. Molte navi si sono spostate a lavorare nel Pacifico. Diversi porti americani – causa protocolli sanitari – non hanno personale per scaricare le merci, con le barche costrette a lunghe attese in baia. Risultato: il prezzo di un container tra l’Europa e la Cina è salito dai 1.200 dollari di qualche mese fa ai 7.900 attuali, le disponibilità di sono ridotte, i prezzi di merci e materie prime sono alle stelle. Con il rischio di far decollare l’inflazione e di bloccare la lavorazione di interi settori.

A RISCHIO AUTO E SMARTPHONE

L’industria dell’auto è quella che ad oggi ha pagato il prezzo più salato al caos del commercio globale. Mancano i semiconduttori (ogni vettura ne ha tra 50 e 150) che arrivano quasi tutti dal Far East. Ford, Gm, Stellantis e Vw hanno già denunciato conseguenze sulla produzione. Honda chiuderà quasi tutti gli impianti in Nord America per qualche periodo. Un problema che si somma alla carenza d’acciaio, come denuncia Anfia l’associazione dei costruttori italiani, con i prezzi saliti del 130% a novembre. La carenza di chip sta tracimando ora anche sul mondo degli smartphone: Samsung che ha denunciato un “forte squilibrio tra domanda e offerta” che potrebbe impattare il settore.

I POLIMERI SPARITI

Alle stelle sono schizzati pure i prezzi delle plastiche, penalizzati anche dall’ondata di gelo in Texas che ha fermato i produttori di polimeri. Il pet per fare le bottiglie di plastica è balzato del 40% da novembre, il polietilene del 70%. Molte aziende di trasformazione italiane stanno esaurendo le scorte e temono di dover rallentare gli impianti proprio ora che la domanda è i ripartita. L’80% delle aziende italiane del settore “è stato costretto a ridurre attività e produzione”, spiega Luca Iazzolino, presidente di Unionplast, la Confindustria del comparto. E la “tempesta perfetta” – come la chiama lui – rischia di innescare forti rialzi dei prezzi per la spesa degli italiani e di mettere a rischio anche filiere delicate “come quella dei camici, dei dispositivi sanitari e del packaging per i farmaci”.

I RINCARI DEI PALLET

Nei guai sono anche le aziende del distretto del mobile imbottito lucane: “Abbiamo tantissimi ordini ma ci mancano polimeri e legno per la costruzione”, spiega Confapi di Matera. Per lo stesso motivo è schizzato al rialzo del 20% il prezzo del pallet, un’impennata destinata a durare perché, come denuncia Assoimballaggi, i prezzi del legname (comprato a mani basse dai cinesi) continuano a volare. Lo stesso vale per la carta, con quella da maceroche ha visto decuplicare i prezzi in un anno, con le materie prime per inchiostri, vernici e scotch. Una bomba ad orologeria che rischia di far deragliare la ripresa e salire l’inflazione, specie se il Canale di Suez rimarrà chiuso ancora a lungo.

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