Superbonus: nuove pratiche ancora ferme ma salgono i costi per chi cede i crediti fiscali

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Mentre le banche continuano a tenere ferma l’acquisizione di nuovi crediti fiscali legati al Superbonus e agli altri bonus per l’edilizia, su questo mercato – che resta quindi congelato nonostante gli intenti del recente “decreto Aiuti” – cala anche la scure dei maggiori tassi di interesse. Gli istituti di credito stanno, infatti, modificando le condizioni delle detrazioni già prese in carico nei mesi scorsi rendendole così più onerose per i clienti. È proprio questa coda di “vecchi crediti”, ancora da smaltire, che continua a far crescere il contatore complessivo del Superbonus: stando ai dati dell’Enea, a maggio, gli investimenti ammessi a detrazione sono cresciuti a 30,6 miliardi di euro dai 27,4 di aprile, corrispondenti a crediti fiscali a carico dello Stato per 33,7 miliardi (+10% dal mese precedente). Questo significa che è già stato superato l’ammontare stanziato dal governo, pari a 33,3 miliardi fino al 2036.

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Intesa Sanpaolo, per esempio, sinora ha acquistato crediti fiscali per 6,1 miliardi (di cui circa 4 nel 2022), a fronte di richieste per 20 miliardi. La banca milanese, sul suo sito, da maggio ha aggiornato i fogli informativi. Premesso che le modifiche delle condizioni coinvolgono un po’ tutti i bonus, per quel che riguarda il Superbonus, vi si legge che, per i contratti perfezionati dal primo luglio, i crediti fiscali saranno acquistati dalle imprese che praticano lo sconto in fattura all’87,27% del valore nominale, ossia a 96 euro per ogni 110 euro trasferiti. Per privati e condomìni invece gli acquisti avverranno al 90%, corrispondenti a 99 euro su 110. Gli stessi fogli informativi segnalano che fino a giugno resteranno invece valide le condizioni applicate già dall’anno scorso: 100 e 102 euro per ogni 110 euro di crediti rilevati rispettivamente da imprese e privati. In pratica, da luglio, chi cede le detrazioni sulle ristrutturazioni non arriverà più a “guadagnarci” bensì contribuirà, sia pure in minima parte, alle spese sostenute. I clienti stanno già ricevendo le lettere della banca, inviate da Deloitte, con le nuove condizioni. “Considerando i rincari delle tariffe – racconta uno di loro – scendere da 102 a 99 euro su 110 è molto gravoso”.

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Interpellata, Intesa fa sapere che “in questa fase l’obiettivo è prima di tutto dar seguito alle richieste di cessione pervenute dalla propria clientela entro inizio aprile. La modifica dei prezzi dal mese di luglio è una scelta indipendente rispetto alle attuali criticità del mercato ed è esclusivamente collegata all’attuale scenario dei tassi in forte crescita, come evidente dall’aumento del tasso Irs a dieci anni. Va ricordato infatti che la cessione del credito è una operazione per la quale la banca deve prevedere una provvista, sulla base dei tassi tempo per tempo vigenti, fino a dieci anni nel caso dell’Ecobonus”. Quanto invece al tema della riapertura delle cessioni e della ripartenza di nuove pratiche, da Intesa ribadiscono che “sono in corso le valutazioni tecniche relative alle effettive applicazioni della norma prevista dal decreto Aiuti in termini di ampliamento della capacità fiscale”.

Anche Unicredit sta rivedendo i costi di acquisto delle detrazioni su cifre analoghe a quelle della banca principale concorrente (ma sul sito non sono disponibili i fogli informativi). “Al momento l’acquisto di crediti fiscali è ancora sospeso ma stiamo valutando delle soluzioni per riprendere l’attività, in linea con quanto previsto nel decreto Aiuti” fanno sapere da Unicredit.

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Analogamente, Banco Bpm limita l’operatività ai crediti fiscali già contrattualizzati e, come Intesa e Unicredit, sta variando i prezzi sulle nuove posizioni. “La banca milanese – spiegano dall’istituto di credito – tra acquisti già effettuati e impegni all’acquisto, ha sostanzialmente raggiunto l’obiettivo dei 4 miliardi di volumi totali. Avendo pressoché raggiunto la capienza massima del plafond disponibile, Banco Bpm continua l’acquisto di crediti fiscali già contrattualizzati con la clientela nel rispetto degli impegni assunti. L’avvio di nuove pratiche è condizionato al recupero di capienza fiscale. Non sono previste modifiche nei prezzi di acquisto per i contratti regolarmente formalizzati con la clientela e non ancora giunti a scadenza, mentre per le nuove pratiche, nei limiti sopra indicati, i prezzi sono stati leggermente rivisti in adeguamento alla situazione del mercato” concludono da Banco Bpm.

“C’è in atto – conferma Francesco Renne, commercialista dello Studio Associato Renne & Partners – una revisione delle condizioni relative agli acquisti di crediti fiscali legata a due principali fenomeni: il maggiore costo burocratico di adeguamento alle normative e l’aumento dei tassi di interesse. La revisione dei prezzi riguarda ovviamente non solo il Superbonus al 110% ma anche tutti gli altri bonus per l’edilizia e le altre forme di indebitamento. La sorpresa di molti dipende da un atteggiamento psicologico in base al quale si tendono a considerare le cessioni di crediti come cessioni di beni. In realtà, sono operazioni finanziarie, soggette a modifiche a seguito dell’aumento dei tassi proprio come i mutui e gli altri finanziamenti. Sul Superbonus, in particolare, il margine era così ampio che, finché i tassi erano bassi, molti non notavano lo scarto e non pensavano che fosse un’operazione finanziaria a tutti gli effetti”.

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