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Tennis, Us Open: il sogno di Berrettini dura un set. Djokovic batte l’italiano e vola in semifinale

Ha ragione Andy Roddick: Nole ti toglie prima le gambe e poi l’anima. Ma prima ti fa illudere, ti fa credere di essere diventato il padrone dello stadio, il re della serata, tra le mille luci di New York, e poi ti distrugge, a piccole dosi. Matteo Berrettini non compie il miracolo, e si arrende davanti al numero uno al mondo, Novak Djokovic, perdendo in quattro set, 7-5 2-6 2-6 3-6, prima dando spettacolo, come a Wimbledon, poi cedendo di schianto, come a Wimbledon. L’ultima volta che agli Us Open un italiano era riuscito a strappare due set al re del ranking era stato Adriano Panatta contro Jimmy Connors. Era il ’78. Il coach di Matteo, Vincenzo Santopadre, aveva 7 anni. Il tempo non è passato invano, perché il suo ragazzo ha dimostrato di avere forza, un grande servizio, risorse fisiche, ma con Djokovic non basta mai. Ogni punto serve il centodieci per cento, mentre al serbo sembra bastare l’ottanta. 

I primi due giochi avevano già dato un’indicazione di quanto entrambi avessero puntato sulla prima di servizio per dare una direzione al match: il serbo per attaccare sul rovescio di Berrettini, il tennista romano per costruire uno scambio breve che non andasse oltre i quattro-sei colpi. Così Djokovic ha subito fatto due doppi falli. E Berrettini uno. Rispetto all’ultima volta il romano non ha servito sul corpo del’avversario ma traiettorie in uscita. Il serbo ha variato sui lati. All’inizio la differenza l’ha fatta l’equilibrio mostruoso di Nole, accentuato dagli errori ripetuti sul dritto che hanno innervosito Berrettini. Ma ognuno ha mantenuto il servizio, come era nei piani. Il pubblico caciarone dell’Arthur Ashe, tra un cartone di pizza e sacchetti unti di patatine, tifava per l’evento: poteva essere la corsa verso il Grande Slam di Djokovic ma, in alternativa, l’affermazione di un ragazzo che piace molto ai newyorkesi. In prima fila Spike Lee con indosso il cappellino dei pompieri di New York, a ricordare l’appuntamento di sabato con i vent’anni dall’11 Settembre. Berrettini ha scelto di variare il suo gioco, spingendo il rovescio invece di rifugiarsi sullo slice.

Ma alla fine è stato sempre il servizio a guidare i momenti chiave del primo set, l’unico in cui c’è stata vera partita. E’ su un ace che il romano ha annullato un break point sul 2-3 e poi di nuovo, provocando l’errore dell’avversario, per andare sul 3-3. Sei game in 43 minuti. Ma il meglio doveva ancora venire. I due sono andati avanti fino al 5-5 quando Berrettini è diventato assoluto protagonista, giocando in modo formidabile l’undicesimo gioco, attaccando sul dritto del serbo e strappando il primo break della partita (6-5) con un passante da urlo. Il pubblico è andato in delirio. Il brano ”Handclap” sparato dagli altoparlanti al cambio di campo sembrava dedicato all’azzurro, sempre più nel cuore dei newyorkesi. Dopo aver bruciato tre palle set, Berrettini ha chiuso 7-5, mandando un segnale forte: 7 ace a 5, migliore percentuale nella prima di servizio (63 contro 56 per cento) e nei punti vincenti sulla seconda (64 contro il 61 per cento. In tutto, solo tre punti di vantaggio sul serbo, 55-52, ma un raccolto più importante, dopo una lunga semina, durata 1 ora e 17. Lì è cominciato il lento declino dell’azzurro. Nel secondo set Djokovic ha conquistato subito in break, andando sul  3-1, le percentuali al servizio di Berrettini si sono abbassate, quelle del suo avversario sono salite. Il set è andato via veloce. Il numero uno ha chiuso 6-2 in 42’. Il terzo, uguale: subito break per Nole, andato sul 3-0 in 14’.

Questo è stato il momento in cui Berrettini è parso sfiduciato davanti alla capacità del suo avversario di uccidere il ritmo. Sul 2-4, l’azzurro ha avuto la palla break per riaprire il match, ma Nole ha ripreso in mano la partita con due passanti, sull’ultimo dei quali ha chiesto l’applauso di tutto lo stadio. Il 6-2 è arrivato in modo inesorabile, dopo il martellamento del serbo sul rovescio di Matteo. Due set a uno in 2 ore e 46, con la gente che ha cominciato a lasciare lo stadio, mentre l’orologio segnava dieci minuti a mezzanotte e il tetto era stato chiuso da tempo per l’arrivo dell’ennesima allerta meteo. Il quarto set è scivolato via come gli altri due. Il serbo è andato subito sul 3-0, Matteo ha cominciato a scuotere la testa. Il semi-pubblico rimasto si è diviso tra coloro incantati dalla perfezione del serbo, a cui mancano sei set per diventare il terzo uomo a vincere i quattro Slam in una stagione, e chi sognava una rimonta dell’italiano. Illusi. Djokovic, davanti a un avversario ormai alla resa, ha infilato una serie di passanti spietati, scatenando un tifo da stadio, lanciando una serie di urla al pubblico per ribadire chi comandava anche qui. Intorno a mezzanotte e mezza, è arrivato il punto finale del serbo. Sulla seconda di servizio, Berrettini ha risposto di rovescio mandando la palla sulla rete. Fine dei giochi. Questa esperienza renderà più forte l’azzurro, e un po’ più immortale il serbo, adesso più vicino alla storia. 



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