Terremoto all’Aquila, un’altra sentenza assolse le vittime del crollo: “Non potevano sapere di una scossa più potente”

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Lo stesso edificio crollato e un verdetto opposto. A pochi giorni dalla sentenza shock del Tribunale civile dell’Aquila che ha ritenuto responsabili al 30 per cento alcune delle vittime morte sotto le macerie dell’edificio in via Campo di Fossa sbriciolatosi nel sisma del 6 aprile del 2009 a L’Aquila, esce fuori una sentenza dello stesso Tribunale civile che però ha un esito completamente diverso. Lo riporta Il Messaggero che cita la decisione del giudice Emanuele Petronio risalente all’aprile 2021 che, diversamente da quanto stabilito ora dalla collega Monica Croci, ha assolto dal concorso di causa nella loro morte due studentesse universitare, Maria Urbano e Carmen Romano, che come gli altri non abbandonarono la loro casa quella notte dopo le prime due scosse e le rassicurazioni ricevute nei giorni precedenti.

Nessuna conoscenza tecnico-scientifica

“Mancando di conoscenze tecnico-specialistiche, la popolazione non aveva alcun elemento per poter ritenere che a una prima scossa ne sarebbe potuta seguire una successiva più potente a così breve distanza temporale”, si legge nella sentenza su cui pende ancora il giudizio in sede di Appello. Un precedente che riguarda lo stesso identico condominio della sentenza shock, in via Campo di Fossa 6b. Da lì uscirono senza vita 27 delle 309 vittime totali di quel tragico terremoto. Tra loro c’erano anche Maria Urbano e Carmen Romano, amiche inseparabili, originarie della Campania. I familiari delle due ragazze avevano chiesto un risarcimento per la loro perdita citando condominio e locataria dell’appartamento che a loro volta avevano chiamato in causa il ministero degli Interni e quello delle Infrastrutture. Il giudice aveva scartato l’ipotesi del concorso di colpa delle ragazze come “condotta che non può ritenersi violativa di alcuna precisa regola cautelare”.

“Condotta incauta”. La rabbia per una sentenza assurda

Come aveva spiegato a Repubblica l’avvocata Wania Della Vigna, che segue i processi per i crolli dell’Aquila, di Amatrice e dell’hotel Rigopiano, “in nessuna sentenza è stato mai evocato il concorso di colpa”. E lo conferma anche Maria Grazia Piccinini, legale e mamma di Ilaria Rambaldi, uccisa dal cedimento dello stesso palazzo di via Campo di Fossa: “Non è una novità, tutte le sentenza sono così ed escludono il concorso di colpa, tranne l’ultima”.

Quella di pochi giorni fa che ha tagliato il risarcimento ai parenti di alcune vittime, tra cui proprio Rambaldi, del 30 per cento perché i ragazzi non uscirono in tempo dalle loro case ma rimasero a dormire per una “condotta incauta”. Una sentenza, quest’ultima, che ha provocato la rabbia, l’indignazione e l’incredulità dei familiari e di tanti cittadini aquilani radunatisi in sit-in per gridare “vergogna” dietro lo striscione “la condotta incauta è quella delle istituzioni”.

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